Uno sguardo inedito nelle profondità dell’Universo: Giorgio, giovane cosmologo comasco, ci spiega le immagini della NASA

Spazio Giorgio Mentasti, classe 1997, di Como, si occupa di buchi neri all’Imperial College di Londra: le immagini ricevute ieri dalla NASA sono anche per lui materiale innovativo che arricchirà i suoi studi.

In certi casi si tratta di una minuscola porzione dello Spazio profondo, ma dopo aver visto queste immagini l’idea che ciascuno di noi ha dell’Universo e di sé stesso in questo immenso mondo cambia per sempre. A raccontarci il significato e l’impatto che gli scatti del James Webb Telescope hanno sugli studi di astrofisica e cosmologia nonché sulla nostra conoscenza di ciò che a tratti sembra inconoscibile è Giorgio Mentasti. Giovane studioso comasco, oggi vive a Londra dove si occupa di cosmologia presso l’Imperial College.

«L’immagine più famosa tra quelle presentate ieri dalla NASA (che gestisce il JWST in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea e quella canadese, ndr) raffigura in realtà una porzione di cielo che possiamo descrivere così - spiega Mentasti- immaginate di stendere la mano davanti a voi e di osservare sul palmo un granellino di sabbia. Ecco, questo scatto rappresenta una parte dell’Universo pari a un granellino di sabbia».

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L’universo in un granello di sabbia

Eppure, quel granello di sabbia contiene talmente tanto da risultare difficile persino da razionalizzare: innumerevoli stelle, galassie e pianeti. Una foto come quella che vedete qui sopra permette agli studiosi delle Scienze dell’universo teoriche di studiare proprietà astrofisiche e cosmologiche dello Spazio profondo, dal numero di galassie esistenti fino ad arrivare alle domande su quanto è successo in miliardi e miliardi di storia dello spazio, tornando indietro fino al Big Bang.

«Questo telescopio è estremamente utile sotto tanti punti di vista: ad esempio ci ha permesso di scoprire che esiste un esopianeta nella cui atmosfera sono state trovate tracce di acqua. Scoperte di questo tipo ci aiutano a rispondere a domande fondamentali, come quella sulla possibilità di trovare altre forme di vita nell’Universo» continua il giovane cosmologo comasco.

Ma il telescopio che ha viaggiato per milioni di chilometri nello spazio profondo non offre solo risposte, anzi, con i suoi scatti inediti solleva nuovi e visionari quesiti. «I dati che ne possiamo ricavare potrebbero diventare cataloghi di pianeti: ne esistono tantissimi tipi e per noi cosmologi riuscire a conoscerne quanti più possibile è di fondamentale importanza. Funziona un po’ come per la zoologia, dove si va per cataloghi di specie, in un certo senso. È importante avere cataloghi di questo tipo anche in cosmologia per conoscere le proprietà degli esopianeti e poi capire quante galassie ci sono, che massa hanno e numerose altre informazioni». Poi, aggiunge, si potrà anche capire cos’è successo prima, molto prima della formazione delle galassie stesse.

Un fiore di specchi: ecco come funziona il James Webb Telescope

Il merito di quanto oggi possiamo comodamente ammirare sui nostri schermi è di un telescopio che stupisce i non addetti ai lavori per la sua forma, quasi un fiore di specchi. «Nei telescopi che siamo abituati a vedere in realtà il tubo serve solo a eliminare la luce residuale, evitare che il vento interferisca e così via: di fatto i componenti principali di tutti i telescopi sono gli specchi».

Mentasti racconta come persino i colori che vediamo in questi scatti non corrispondano affatto a quanto è visibile a occhio nudo: il telescopio ha a bordo strumenti ad altissima tecnologia capaci di “catturare” bande di emissione luminosa non visibili all’occhio umano. «Il principio - spiega Mentasti - è lo stesso della videocamera a infrarossi: le galassie emettono anche infrarossi e con gli strumenti adatti è possibile vederli».

Insomma, anche se qualcuno si trovasse esattamente nel punto in cui è ora situato il James Webb (a 1,5 milioni di chilometri da noi, in un’area gelida, a -225 gradi) non sarebbe possibile ammirare quanto queste fotografie ci mostrano. Il merito, quindi, ancora una volta è dell’high tech del telescopio. E se anche il mito romantico dello scienziato che si perde a osservare le meraviglie dell’Universo attraverso uno strumento tubolare è andato un po’ perduto, lo stupore di fronte a questi scatti resta immutato.

Attese e speranze per il futuro

E adesso? Gli scienziati si occuperanno non tanto delle immagini, quanto piuttosto dei preziosissimi dati che da esse emergono. «Ci aspettiamo di scoprire cose interessanti soprattutto a partire dallo studio dei pianeti e delle galassie visibili in questi scatti. Bisognerà però aspettare di poter vedere il collage di tutte le immagini scattate dal telescopio, che devono ancora essere scansionate» spiega Mentasti, che nello specifico come cosmologo si occupa di buchi neri.

«I cataloghi di galassie e pianeti di cui parlavo prima, e che saranno realizzabili grazie al James Webb, saranno fondamentali per capire anche come sono organizzati i buchi neri, che nascono da stelle morte», spiega infatti. Stelle morte e onde gravitazionali insomma, al centro degli studi del giovane comasco, ma nell’Universo tutto è correlato e la strada ancora da percorrere per chi come lui se ne occupa si perde oltre i limiti della nostra immaginazione, in mondi lontanissimi, ma forse, a partire da queste immagini, oggi un po’ più vicini.

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