Cultura e Spettacoli
Sabato 02 Gennaio 2010
Coppi, la solitudine
del Campionissimo
L'Italia bacchettona gli contestava l'amore con la Dama Bianca, lui vinceva e trionfava, ma aveva il cuore a pezzi. Il giornalista e scrittore Gabriele Moroni rievoca in un libro quel dramma interiore, a 50 anni dalla morte del grande ciclista, ucciso dalla malaria.
<+G_NERO>Il 2 gennaio 1960 poco prima delle 9 del mattino moriva all’ospedale di Tortona il più grande campione che la storia del ciclismo italiano abbia mai avuto: Fausto Coppi. Nell’occasione il giornalista Gabriele Moroni ha dato alle stampa il volume «Fausto Coppi. Solitudine di un campione».
<+G_CULTURAFIRMA>Pierluigi Comerio
<+G_SQUARE><+G_TONDO>«Solo nel suo calvario sportivo. Ancora più solo in un privato tormentato, reso aspro dalle disillusioni. E ancora solo perché una scelta d’amore l’aveva proiettato oltre i suoi tempi, oltre la sua epoca, oltre i confini di quel mondo ancora piccolo che non poteva ammettere che il campione più popolare sfasciasse una famiglia per ricrearne un’altra, infrangesse le regole, si ribellasse alle convenzioni. Solo, eppure uomo, vir. La dignità nella sofferenza, il silenzio nel dolore. Fausto Coppi è stato anche questo».
Così si legge in un passaggio delle prefazione del libro di Moroni. E così è stato davvero Fausto Coppi in tutti gli aspetti della sua vita - pubblica e privata - perché come tutti numeri uno dello sport anche lui ha avuto a fianco una moltitudine di persone, ma pochi amici veri. Anzi, dalle pagine del volume traspare, in modo neppure troppo velato, che il Campionissimo capace di far sognare e gioire milioni di persone, alla fine era ancora più solo degli altri. Un po’ per carattere, un po’ perché sotto i riflettori ci andava malvolentieri, un po’ per l’invidia che suscitava. Suo malgrado.
<+G_CORSIVO>Fausto Coppi - Solitudine di un campione<+G_TONDO> è una ricostruzione precisa, dettagliata, documentata, quasi addirittura ossessiva della vita di questo uomo che a 40 anni compiuti da pochi mesi ha cercato inutilmente di scalare l’ultima montagna, perdendo la sfida con il Padreterno. Attraverso le testimonianze degli amici rimasti fino all’ultimo vicini al Campionissimo, Moroni ha ripercorso gli ultimi anni di vita di Coppi riportando alla luce la solitudine di colui che fu il protagonista del primo scandalo di sport e gossip dell’Italia del Dopoguerra.
La sua relazione extra coniugale con Giulia Occhini, la Dama Bianca come venne ribattezzata dai giornali dell’epoca, con il conseguente processo per adulterio che li vide entrambi condannati (tre mesi di carcere alla Dama bianca, due mesi al campione), lo trascinò in una spirale negativa da cui non si sarebbe più ripreso: «Coppi aveva dei fan che consideravano il processo un sacrilegio», ha raccontato a Moroni Enrico Buzio, all’epoca magistrato di sorveglianza ad Alessandria. «Si erano creati due partiti: uno che sosteneva che Coppi aveva fatto bene e l’altro che diceva il contrario. Oggi sarebbe un processo inconcepibile. Ma allora c’era gente che per Coppi avrebbe fatto follie».
Dalle pagine del volume, poi, emerge un fedele spaccato di quei tempi: la Chiesa che faceva pressione su Coppi per tornare sulla retta via e ottenere così la benedizione di Papa Pio XII. Un intervento netto, quello del Vaticano, che non poteva tollerare di assistere impotente a uno scandalo di tali proporzioni provocato da un personaggio pubblico amato da milioni di persone. Uno scandalo che stava danneggiando non solo l’immagine di Coppi, ma anche quello della morale comune in un Paese in cui la laicità ancora non aveva avuto il sopravvento. Potenzialmente pericoloso per gli equilibri interni: cosa sarebbe successo se i suoi fans l’avessero seguito su quella strada? Moroni ricostruisce questo ambiente moralista, bacchettone, misogino anche. E dalle pagine emerge chiaramente che Coppi - così determinato e convinto nella sua scelta - alla fine vede vacillare tali convinzioni. È il colloquio che egli ha con don Piero Carnelli, uno degli ultimi amici a incontrarlo prima della morte, a instillare in lui il tarlo del dubbio. Ma tutto questo non è sufficiente a rivelare quali fossero davvero le sue intenzioni. Coppi partì per quel safari in Alto Volta (oggi Burkina Faso) con il cuore e la mente pieni di incertezze. E quasi sfidò la morte offrendo il petto nudo alle zanzare mentre altri - come Gemignani ad esempio - si ripararono adeguatamente. Non volle prendere il chinino perchè, diceva, gli faceva male allo stomaco. Così tornò da quell’ultimo viaggio con la malaria che lo stava divorando e trovò un’equipe di medici che lo curò in modo sbagliato. Sarebbero bastati due giorni di chinino per salvargli la vita.
La tragica fine dell’Airone ancora oggi lascia sgomenti gli sportivi, ma se le ragioni della sua morte sono apparse subito chiare, non altrettanto si può dire di quali fossero le sue intenzioni. E sul mito Coppi, ancora oggi, aleggia il dubbio: sarebbe rimasto con la Dama Bianca o l’avrebbe lasciata per sempre?
Gabriele Moroni, «Fausto Coppi. Solitudine di un campione», Mursia, 152, 14 euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA