Cultura e Spettacoli
Sabato 09 Gennaio 2010
Quasimodo-Aleramo
Una passione lariana
La scrittrice femminista aveva 59 anni, il poeta 34: si frequentarono tra il lago di Como, Lecco, Sondrio e Milano. Una storia complicata, non solo dalla differenza d'età, che finì dopo quasi un anno: la ricostruisce Gianfranco Colombo, attingendo agli epistolari dei due protagonisti della letteratura italiana.
La scrittrice Sibilla Aleramo moriva a Roma il 13 gennaio 1960, esattamente mezzo secolo fa. Donna dalle grandi passioni, non fece mai alcuna cosa senza esser trasportata da una sorta di “furore” che ne caratterizzava le scelte. A questo non sfuggì certo la sfera sentimentale della sua esistenza, che fu segnata da incontri tumultuosi ed appassionati. Basterebbe citare a questo proposito le relazioni sentimentali con Giovanni Cena, Vincenzo Cardarelli, Scipio Slataper, Giovanni Papini e Dino Campana, per comprendere che il palmares di Sibilla Aleramo era una specie di antologia della letteratura italiana. Evidentemente erano pochi quelli che sfuggivano al suo fascino volitivo e molto, molto letterario. Tra gli amori di Sibilla Aleramo ha una valenza lariana quello con Salvatore Quasimodo: durò praticamente un solo anno, il 1935, e si svolse tra Milano, Lecco e la Valtellina. I motivi di questa insolita geografia della passione dei due letterati è da ricercarsi negli impegni di lavoro di Quasimodo. Ma andiamo con ordine. Si trattò, come si diceva, di un amore breve ma intenso, che non aveva nulla da invidiare ai gossip contemporanei. Tanto per cominciare, in quel 1935 la Aleramo aveva 59 anni, mentre Quasimodo ne aveva 34; una differenza d’età che oggi forse non creerebbe alcun problema, ma che in quegli anni necessitava per forza di cose di mille cautele. L’Aleramo era una scrittrice affermata ed un’intellettuale ben nota. Aveva già pubblicato un romanzo autobiografico di successo come "Una donna" (1906) ed altri tra cui "Il passaggio" ed "Amo dunque sono", per non parlare delle opere poetiche e delle raccolte di prosa. Dal canto suo Quasimodo, invece, aveva pubblicato solo due raccolte poetiche, "Acque e terre" e "Oboe sommerso", anche se la sua poesia stava facendosi largo all’interno dell’ermetismo. Inoltre, il nostro poeta aveva una vita sentimentale piuttosto movimentata. Sposatosi, nel 1926, con Bice Donetti, ebbe poi una relazione con Amelia Spezialetti, una donna già sposata e di due anni più anziana di lui. Dalla loro relazione, nel 1935, nacque Orietta Quasimodo. Si dà il caso che proprio il 1935 fosse l’anno della passione per Sibilla Aleramo. Un bel guazzabuglio, insomma, degno di quei rotocalchi che in quegli anni non esistevano.
Concentriamoci allora sull’amore lariano di Sibilla e Salvatore, una passione che ebbe proprio Lecco come uno dei suoi luoghi privilegiati. Quasimodo lavorava in quel tempo al Genio Civile di Milano, ma per uno screzio con uno dei suoi capi fu mandato, praticamente in esilio, a Sondrio, «un borgo silenzioso e squallido con campi immensi di ghiaccio». Nonostante questo, la passione scoccata tra i due qualche mese prima, ebbe il suo culmine proprio tra le montagne della Valtellina ed il nostro lago.
«Al prossimo segno del Leone – scrive Sibilla - avrò sessant’anni. Ebbene? Io porto la mia fatalità con fierezza. E l’ orgoglio non c’ entra, se io so che questi ultimi due anni sono più belli di qualsiasi giovinezza (compresa la mia stessa, lontana) e più adorabili, infinitamente... Qualunque cosa tu voglia farmi accettare dalla tua vita, io l’ accetterò...»
Quasimodo, che la Aleramo ribattezza Virgilio, pare altrettanto “perso” in questa passione senza mezzi termini. Scrive da Sondrio il 16 marzo 1935: «Adorata, pensavo, stanotte, a questo nostro martirio; io esiliato, ai confini della terra, tu nel cuore della Patria; io solo, tu più sola tra le piccole creature vili. Ci vedremo, dunque, presto Sibilla? Vorrei sempre le mie vene aperte dentro le tue vene. Ti rivedo: sei ancora piccola, hai paura che ti assonni gli occhi per il troppo amore. Ma i tuoi occhi sono limpidi: in essi bevo come un prigioniero...».
E ancora pochi giorni dopo: «Sono a Milano dal pomeriggio di ieri. Volevo scriverti subito, ma sono venute ore nere, di pena, di disperazione. Poi ho visto gli amici. Alfonso Gatto mi fece leggere la tua lettera. Ritrovavo la tua presenza, necessaria presenza. Gatto era felice, e un po’ della sua contentezza mi si comunicava inconsciamente. Poi la serata triste ancora; e tutto il mattino di oggi trascorso in cerca di qualche aiuto, anche esiguo. Ora è sera; sto in un caffè della periferia. Ripenso all’ultima gioia che mi hai dato: ancora è il nostro tempo. Ho il tuo corpo e il tuo cuore con me. I numi non ci toglieranno nulla di quello che ci daremo nei giorni che verranno».
Sembra proprio una passione senza freni, che Quasimodo vive intensamente. «Ricordo il tuo pianto – scrive il poeta il 26 aprile 1935 - nella notte di Lecco: che cosa volevi di più donarmi in quell’ora? So. Certo aspettavi il miracolo, tu Sibilla, della trasfigurazione. Hai pregato e tremato per la tua carne. La Dea era con noi. Udivo in te correre il suo giovane sangue. Batteva fertile per ogni minuta costellazione di cellule. Tu eri come sempre, adolescente e mitica».
In un’altra lettera è sempre lui che propone a Sibilla un incontro in quel di Lecco: «T’attendo qui. Alla stazione chiederai dell’Albergo Stazione. Io dalla mia stanza ch’è il n. 33 del terzo piano scenderò verso le 22.30 in cerca di te. È meglio che si appaia estranei. Tu verso quell’ora (non saprò il numero della tua stanza) aspettami vicino alla porta socchiusa del tuo alloggio».
Il Quasimodo innamorato era purtroppo lacerato da mille contraddizioni esistenziali; la sua latente disperazione, alimentata dalla passione, condurrà questo amore clandestino in un tunnel senza uscita. Lo suggellano le parole che lascerà scritte proprio Sibilla Aleramo: «Mi trovavo a Lecco e ivi attendevo la visita che due o tre sere per settimana mi faceva l’uomo che allora amavo, che chiamavo Virgilio, e dal quale due mesi dopo fui lasciata brutalmente, dopo soli otto mesi d’amore straziato».
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