Cultura e Spettacoli
Giovedì 14 Gennaio 2010
L'Isola del Razionalismo
Un sogno che può rinascere
La Casa del Fascio e il palazzo dell'Uli dovevano formare un nucleo unitario
Alla Villa del Grumello la mostra sul progetto originario dell'edificio Asl
Erano stati progettatati come edifici vicini e complementari, perfetti per formare un nucleo unitario a sé stante rispetto alle altre opere razionaliste presenti a Como. Ma mentre la Casa del Fascio di Giuseppe Terragni, vero “capolavoro del razionalismo italiano” secondo la definizione del grande architetto e storico Bruno Zevi, è diventata un edificio icona, celebrato e invidiato nel mondo, il palazzo dell’Uli - Unione Lavoratori dell’Industria, sede odierna della Asl, è poco noto negli ambienti culturali italiani e internazionali. In parte perché il progetto originale realizzato, tra il 1938 e il 1943, dagli architetti Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri e Luigi Origoni è stato più volte modificato nel corso degli anni per esser terminato solo nel 1966 dopo lunghi lavori di modifica strutturale. E come spesso purtroppo accade, il palazzo, mai inaugurato, cade nel dimenticatoio, e viene trascurato da molta critica. Colma la lacuna la mostra <+G_CORSIVO>Un progetto per l’isola del razionalismo<+G_TONDO> che inaugura oggi, a Villa del Grumello, a Como. La rassegna, curata da Paolo Brambilla, Renato Conti e Corrado Tagliabue, è parte integrante di un attento e approfondito studio dei tre architetti (supportato dall’Associazione Margherita Ripamonti, attiva nel campo della valorizzazione del patrimonio architettonico), sulla trasformazione del palazzo dalla sua costruzione al completo rifacimento nel 1966. La mostra propone il recupero architettonico e funzionale dell’edificio di via Pessina e rilegge un rapporto dialettico fra i due palazzi sorti su lotti confinanti tanto da definire in maniera appropriata quest’area della città come “isola del razionalismo”. Nel catalogo che accompagna l’esposizione, l’architetto Nicoletta Ossanna Cavadini racconta la storia dell’edificio: «… l’Uli è sorto, dopo lunghe vicende concorsuali, fra il 1938 e il 1943 come sede direttiva, legale, amministrativa e di rappresentanza dell’Unione dei Lavoratori dell’Industria delle varie corporazioni della Provincia di Como (gruppo tessili, gruppo edili, gruppo metallurgici, gruppo spettacolo, gruppo arredamento, ecc.). Un edificio, o meglio sarebbe a dire, un complesso architettonico posto in stretta relazione con la Casa del Fascio, e capace - pur nel suo difficile rapporto contestuale - di testimoniare la complessa ricerca dei valori di Modernità sviluppata in quegli anni dal movimento razionalista comasco». L’edificio infatti possiede tutte le caratteristiche fondamentali del razionalismo: i tre architetti hanno creato un reticolo in cemento, segno distintivo dei due corpi principali dell’edificio, progettati su quattro piani più un interrato, con portici sugli angoli del secondo piano, legati da una corpo centrale, più basso. Le modifiche degli anni Sessanta hanno portato alla realizzazione di sopralzi, all’aggiunta di un nuovo fabbricato, ad alcuni cambiamenti strutturali all’interno del palazzo.
Per i curatori la rassegna dovrebbe essere punto di partenza per una riflessione generale - e sarebbe importante coinvolgere anche i visitatori e i comaschi - sulla possibilità di riconvertire l’Uli e riconsegnarlo rinnovato alla città. Loro intanto hanno ripensato il luogo, immaginandovi la creazione di un polo artistico e culturale. «In questa “isola del razionalismo” - spiega ancora Nicoletta Osanna Cavadini - sono possibili spazi espositivi per l’arte e l’architettura contemporanea, auditorium, luoghi di riunione e conferenze oltre che per il dibattito e la ricerca; un centro studi con emeroteca e biblioteca di settore, un bookshop e vari luoghi d’incontro e di ristoro pensati soprattutto per i giovani. Anche sul piano della procedura d’intervento gli architetti Brambilla, Conti e Tagliabue offrono una soluzione precisa per il sistema di riuso creando all’interno dell’Uli cellule bioclimatiche modulari, capaci di ridare uso pulsando come magneti e mantenere nel contempo delle forme “perfette” riferite all’archetipo che le ha originate. Uno spunto di riflessione interessantissimo e operativo che ci auguriamo non rimanga solo nel puro campo delle ipotesi». Una riscoperta di grande valore, quindi, che potrà permettere di recuperare la concezione iniziale di unità tra le due opere razionaliste, indissolubilmente legate fin dalla loro origine.
Emma Gravagnuolo
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