Cultura e Spettacoli
Martedì 26 Gennaio 2010
Quanta arte in ospedale
Il Pirellone diventa galleria
In mostra a Milano una scelta di dipinti dal Rinascimento al Barocco
Il "Pirellone" presenta anche un inedito ritratto di Giovane, opera della maturità di Fra’ Galgario, a lui riconosciuto fin dal 1993 da Valerio Terraroli nell’inventariazione della collezione degli Spedali Civili di Brescia.
Per valorizzare le opere d’arte occorre infatti prima conoscerle e l’indagine storica è fondamentale. Ecco perchè gli studiosi che hanno realizzato la mostra, coordinati da Mina Gregori, ribadiscono l’importanza di una raccolta parallela: quella dei documenti degli Ospedali. Istituiti a partire dal Quattrocento nelle principali città, gli ospedali maggiori hanno riunito ed assorbito nei centri urbani con finalità di cura e assistenza gli ospedaletti medievali periferici sorti per accogliere pellegrini e poveri. L’Ospedale Maggiore di Milano detto Ca’ Granda, di età sforzesca, capolavoro del fiorentino Filarete, rappresenta il modello più alto e compiuto della tipologia architettonica ospedaliera impostata sulle corsie dei letti dei degenti: solo il vocabolo - fortunatamente per la privacy e il comfort - è rimasto nell’uso. Sorti sotto il convergente impulso dell’attività caritativa promossa in genere dai frati francescani e della volontà delle signorie di attuare politiche sanitarie più moderne, rafforzando insieme il consenso a proprio vantaggio, gli ospedali maggiori furono centro d’attenzione della beneficenza privata. Raramente un cittadino benestante trascurava di nominare l’ospedale della sua città fra gli eredi testamentari. Le istituzioni ospedaliere, rette in genere dai maggiorenti delle città, come atto di riconoscenza ed incentivo per nuovi lasciti, commissionavano i ritratti dei benefattori. La imponente Quadreria dell’Ospedale di Milano con i suoi ritratti prevalentemente a figura intera fu un modello insuperato.
Non meno importanti sono gli archivi degli Ospedali, senza ricorrere ai quali è impossibile valutare il relativo patrimonio artistico. «Del resto - leggiamo da un saggio nel catalogo della mostra - accanto ad archivi storici almeno in parte studiati (in primis è giusto ricordare quelli dell’Ospedale Maggiore di Milano, ma anche parte di quelli del Sant’Anna di Como, depositati presso il locale Archivio di Stato) altri ve ne sono che attendono un approccio di ricerca sistematico: basti ricordare i fondi del Fatebenefratelli di Milano o quelli (forse soprattutto cartografici) del San Matteo di Pavia; mentre un affondo significativo è stato tentato per l’ospedale di Mantova». Si riconosce che «la storia delle collezioni artistiche degli enti sanitari si intreccia a doppio filo con la storia sociale ed economica dei territori lombardi». Come sempre, infatti, interrogarsi sull’arte non è chiudersi nel mondo delle forme, ma aprirsi alla comprensione del mondo che le ha volute.
Insieme ai ritratti gli Ospedali hanno acquisito per eredità o per accorpamento da altri enti anche altre opere d’arte, come il "San Carlo elargisce l’elemosina ai poveri" (1675 circa) del ticinese Francesco Innocenzo Torriani recentemente studiata dal comasco Paolo Vanoli, quadro dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, ma in deposito al Museo Civico del Castello di Masnago (Varese). All’Ospedale S. Anna di Como per lascito testamentario della contessa Giulia Celesia pervenne nel 1954 (oggi conservato dall’ASL di Como) il "Ritratto della famiglia del pittore Nuvolone", replica di bottega, con poche varianti, di un quadro di Brera di Carlo Francesco Nuvolone.
Alberto Rovi
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