Cultura e Spettacoli
Lunedì 01 Febbraio 2010
Un premio nazionale
al poeta di Gera Lario
Con "Canti d'acqua e terra" Antonio De Marchi Gherini ha vinto il riconoscimento "Nuove Lettere" dell'Istituto italiano di cultura di Napoli, uno dei premi più prestigiosi del settore.
Tra "pensieri" che «si leveranno in volo» (Battuta di caccia) e un «pensiero di vento» che «si disperde / sulle siepi di bosso» (Resta a guardare), tra un’attitudine di attesa e una presa d’atto di un’essenziale devitalizzazione e disillusione, ai margini dell’"ombra": è questa la scena in cui si svolge l’esemplare «romanzo di formazione» inscritto nella raccolta poetica «Canti d’acqua e terra», con cui Antonio De Marchi Gherini di Gera Lario viene insignito di un riconoscimento di prestigio, il Premio di Poesia «Nuove Lettere», indetto dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Una raccolta importante, questa, dopo quelle già notevoli degli anni ’80: consacra un ventennio di poesia di un autore chiuso e assorto nel suo incantato eden lacustre, nella meravigliosa inattualità della sua etica di uomo e di scrittore, quale emerge da questi testi, sintetizzata in un verso di Notturno, «non è tanto il vivere che conta / quanto l’essere seme sempre in germoglio». Un acquisto di sapere, dunque, che vede il poeta concentrarsi in un "altrove" di pensieri e sentimenti, un mondo di minime cose e presenze quotidiane, facendo giustizia di ogni superfluo per mirare a un’essenziale misura, esistenziale ed espressiva. Lasciandosi alle spalle "la canea" di ambizioni e vanità ma senza intristirsi al «monotono sciabordare / delle onde» (Bolle d’aria): è questo che dice in testi di grande dignità e nitore, dove lo specchio del lago, paesaggio emotivo rarefatto e a tratti sublime, diventa occasione di una necessaria illuminazione, metafora di una scelta consapevole di vita, orazianamente adattata al poco o molto conseguito e con lo sguardo proteso «in faccia al sole», oltre ogni «vaniloquire» e trascorrere di eventi, nell’apparente calma e immutabilità delle stagioni, dove io e lettore si ritrovano con la «strana sensazione / d’esserci da sempre» (Missiva).
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