Cultura e Spettacoli
Venerdì 19 Febbraio 2010
Zweig contro la guerra
tradotto da Mantovani
Il germanista comasco Mattia Mantovani, collaboratore delle pagine culturali de "La Provincia", ha curato e tradotto "Sull'orlo dell'abisso" del narratore S. Zweig, edito da Dadò (288 pag., 13,49 euro).
Mantenere intatta la propria capacità di giudizio mentre tanti altri l'hanno persa. Denunciare gli orrori proprio mentre conflitti, sommosse e rivoluzioni insanguinano l'Europa. E soprattutto sottrarsi alla macchina della propaganda e alle insidie del conformismo culturale. Tutti questi temi, e molti altri, sono racchiusi nei diari scritti in Svizzera da Stefan Zweig (1881-1942) e pubblicati integralmente insieme a una scelta del carteggio dell'epoca a cura di Mattia Mantovani nel volume intitolato significativamente «Sull'orlo dell'abisso».
Zweig, giunto in Svizzera nel 1917 grazie a un permesso concessogli dall'archivio di guerra di Vienna, dove era impiegato, prolungò il proprio soggiorno nella Confederazione fino al marzo 1919: i diari testimoniano in presa diretta la profonda convinzione pacifista dell'autore, che matura di pari passo con l'approfondirsi dell'amicizia con Romain Rolland. Un soggiorno fatto di continui confronti con i rari intellettuali pronti a non inchinarsi alla macchina della propaganda e di critiche serrate verso chi svendeva gli ideali della repubblica delle lettere al nazionalismo, al militarismo, all'irrazionalismo rivoluzionario. Si ritrovano anche scorci insoliti della Svizzera: è in questi momenti che affiora un'ironia tagliente, che spicca pure in certi ritratti abbozzati di personalità quali quella di James Joyce o del rivoluzionario Karl Liebknecht. Così come trovano posto osservazioni sul costume e su quel fenomeno allora in via di definizione che era il turismo di massa. Ma è comunque la tempesta della violenza a dominare e Zweig ha avuto il "privilegio" di trovarsi nell'unica isola neutrale nel cuore dell'Europa. E il soggiorno elvetico è tutt'altro che idilliaco: la Confederazione è sottoposta a tensioni inaudite, le minacce di invasione non mancano ma quello che pesa di più è il clima generale, con le riunioni praticamente clandestine dei pochi intellettuali pacifisti. La macchina della propaganda e delle assurde fedeltà di bandiera accomuna democrazie e imperi centrali: chi solleva l'unico vessillo degno, ovvero quello dell'antimilitarismo, sa benissimo di finire nel tritacarne delle accuse di disfattismo e di tradimento. Zweig, giorno dopo giorno, mostra quanto sia difficile avere dialoghi franchi e sereni senza preoccuparsi di censure, accuse, delazioni. Anche le lettere rappresentano una risorsa importante. Rivolgendosi ad Hermann Hesse, Zweig scrive: «Tra il nuovo mondo e noi non sarà assolutamente più possibile raggiungere un autentico equilibrio. Noi tutti diventeremo persone retrograde, dolorosamente chinate su un passato migliore». Frasi scritte il 25 maggio 1918 e che dimostrano la sfiducia in un futuro radioso di pace. Zweig infatti capì benissimo che la fine del primo conflitto mondiale non avrebbe seppellito la tendenza all'orrore e all'autodistruzione che cova inesorabile sotto la civiltà.
«Sull'orlo dell'abisso» quindi è un libro importante: non solo come testimonianza ma anche perché parla ancora al nostro tempo, dove la propaganda sommerge l'informazione e dove chi si sottrae al "mainstream" viene additato come traditore. Tra i lasciti più importanti di Zweig c'è anche l'invito a non illudersi troppo sulla "bontà" dell'Occidente e l'esortazione a mantenere sempre uno spirito critico sulle versioni di comodo e le facili autoassoluzioni che caratterizzano la nostra "civiltà". Anche per questo aspetto dobbiamo essere grati all'opera di recupero di questi scritti fatta da Mantovani.
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