Cultura e Spettacoli
Mercoledì 31 Marzo 2010
Nella scrittura al buio
brilla Claudia Consonni
Laurea in Psicologia, cinquant'anni, un lavoro come insegnante a Meda: è una storia straordinaria quella della scrittrice di Mariano Comense, non vedente dall'età di 22 anni.
«Chi non vede non vive al buio, chi è cieco non vede nulla e basta». Comincia così, con questa precisazione, la nostra chiacchierata con Claudia Consonni nella sua casa a Mariano Comense, dove è nata e ora vive con i suoi figli. Claudia è laureata in Psicologia, insegna - come consulente - alla scuola «Don Milani» di Meda e da anni lavora come guida alla mostra "Dialogo nel buio", allestita presso l'Istituto dei ciechi di Milano. Inoltre tiene incontri sulla disabilità visiva, lei che sin dalle elementari, bambina ipovedente, ha imparato a leggere e scrivere con il Codice Braille.
È una donna «come tante», lo ripete spesso nella nostra conversazione, con le preoccupazioni, le aspirazioni e i doveri di una qualunque mamma cinquantenne. Certo, con delle difficoltà in più, a causa della perdita totale a 22 anni del senso della vista, che però ha imparato a compensare utilizzando al meglio gli altri sensi. Ama leggere, soprattutto le poesie di Maria Luisa Spaziani, «che fanno risuonare dentro di me la musica della sua poesia», dice. Inoltre ha una passione sfrenata per l'acqua e infatti una volta alla settimana va in piscina e poi adora il cinema, un certo tipo di cinema. Ma manca ancora una passione per descrivere Claudia, quella per la scrittura, che l' ha portata a pubblicare a sue spese il libro "Milano città d'acquario", che in questi mesi sta presentando con dei reading al buio in alcune biblioteche della nostra zona. Esperienza che proporrà il prossimo 8 aprile anche agli alunni dell'Istituto Santa Marta di Vighizzolo.
«Questo libro è nato un po' di anni fa - racconta - quando ho iniziato a scrivere e a mettere nel cassetto dei racconti che mi hanno permesso di rielaborare certi passaggi critici della mia vita». Alla fine Claudia ne ha raccolti sette, non sono propriamente autobiografici, perché non scrive mai in prima persona. «È un tipo di scrittura cinematografica, per immagini, anche se poi ci sono tanti vissuti extravisivi - ci tiene a precisare - con un regista e degli attori ogni volta diversi». Leggendoli, però, si capisce che la protagonista è sempre lei: una ragazza, una signora, una mamma non vedente che affronta diverse situazioni della vita, nelle quali qualunque donna potrebbe riconoscersi. «"Il lettore", racconto che ho messo all'inizio, l'ho scritto nel 2001 - ci spiega -. Parlo dell'incontro tra un signore e una signora in biblioteca. Qui è evidente la mia passione per la lettura e il piacere che provo a toccare, sfogliare e scegliere libri, che poi magari altri poi mi leggono». Ne "La capretta campanellina" parla di una mamma che sta crescendo i suoi bambini e che in certi momenti si sente prigioniera in casa. Ne "La perfetta linea del pube", racconto sofferto e intricato, ci sono sentimenti ed emozioni forti, che tutte le ragazze che stanno per diventare donne ad un certo punto della loro vita provano e che nel racconto hanno bisogno di essere sciolti in un "liquido acquoreo" prodotto dall'anima, capace di cucire le sofferenze.
In "Racconto a tre voci", ma soprattutto in "Vela mon amour", traspare invece la passione di Claudia per l'acqua, che l' ha portata, non senza difficoltà, ad imparare a nuotare e addirittura a togliersi la soddisfazione di portare una barca. «Ho imparato sul lago di Garda - ci spiega - ma tante lezioni le ho prese al circolo velico di Como. Per me è stata un'esperienza unica, emozionante!».
"Puntini sulla neve" è forse la storia più autobiografica in cui, celandosi dietro la protagonista, racconta il pomeriggio in cui per la prima volta ha insegnato ai suoi figli il codice Braille. L'ultimo racconto, invece, è quello che dà il titolo all'intero libro, "Milano città d'acquario". È la storia di un brutto incidente che l'autrice ha vissuto tre anni fa, andando a prendere la metropolitana a Milano, città caotica e frenetica, che dall'atrio della stazione Cadorna è descritta come una cupola d'acquario in cui tutti «siamo un branco di pesci che viaggia sul filo della corrente». Sette brevi racconti al femminile, che Claudia ha deciso di pubblicare in proprio (ora sta cercando un editore), solo quando lei se ne è distaccata emotivamente. Descrivono il mondo con gli occhi di una donna non vedente, che poi è il nostro mondo, con le difficoltà, le gioie e le paure quotidiane in cui per molte non sarà difficile riconoscersi e magari trarne qualche insegnamento.
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