Cultura e Spettacoli
Mercoledì 21 Aprile 2010
"Io, emigrata in Svizzera
per insegnare l'italiano..."
La più autorevole italianista, autrice di edizioni critiche su Foscolo e Gadda, pluripremiata e citata ai convegni, è comasca: Maria Antonietta Terzoli, per la prima volta, racconta la sua esperienza di "cervello" in fuga da un'accademia italiana che non permette né di far carriera, né di pubblicare. A meno che non contribuiscano le università...
«Ho studiato a Pavia con alcuni dei più grandi maestri della nostra disciplina e poi mi sono trasferita a Ginevra. In Italia non c'erano grandi possibilità per chi volesse fare carriera, anche a livello di insegnamento». Non è un'accusa, ma nemmeno un complimento quello lanciato alla realtà accademica italiana da una delle maggiori studiose di letteratura italiana, la comasca Maria Antonietta Terzoli, una studiosa a trecentosessantagradi, dal momento che la sua ricerca ha toccato epoche e autori disparati, da Piccolomini a Foscolo a Gadda. La studiosa si è occupata in particolar modo di carteggi e edizioni critiche (fra cui quella delle "Ultime lettere" a Jacopo Ortis, Einaudi, 1995) e dall'anno scorso dirige un progetto del Fondo nazionale svizzero per un commento al "Pasticciaccio" di Gadda. Con un saggio critico sulle «Ultime lettere», poi, Maria Antonietta Terzoli ha vinto il premio Marino Moretti per la filogia italiana. Ma per poter mettere a frutto il suo talento critico, ha dovuto spiccare il volo verso la Confederazione, prima a Ginevra e poi a Basilea, che non ha più lasciato dal 1991, anno in cui vinse la cattedra in letteratura.
Professoressa Terzoli, una giovane studiosa di letteratura italiana va all'estero: all'inizio non dev'esser stato facile...
Basilea è ormai la mia città. Ma all'inizio non è stato semplice. Ci sono codici di comportamento diversi, bisogna inserirsi. Grazie a quest'esperienza, però, ho ricevuto un arricchimento culturale.
Ma insegnare all'estero è la stessa cosa che insegnare in Italia?
No. In Italia insegnare la propria letteratura è qualcosa di naturale. Qui invece occorre continuamente dimostrare che ne valga la pena, sei obbligato a porti il problema del perché insegnare questa materia, chiederti quale sia il suo valore e passarlo agli studenti.
E come stanno messi gli studi in letteratura italiana in Italia?
Io credo che nel nostro Paese ci sia una grande attività di critica, ma le condizioni delle università sono proibitive. Questo non può non incidere in maniera diretta sullo studio della disciplina, anche per quanto riguarda le pubblicazioni. Detto in poche parole, un editore non pubblica i libri senza essere sostenuto economicamente dall'università.
Lei ha studiato con alcuni dei più grandi maestri della letteratura italiana: Cesare Segre, Dante Isella, Maria Corti. Ma ora che quella generazione così illustre di studiosi è tramontata, non crede che si sia creato un vuoto nella critica letteraria italiana?
No, per esempio Guglielmo Gorni, mio insegnante a Ginevra e ora Professore alla Sapienza di Roma, è un grande studioso. Certo, queste informazioni arrivano lentamente, quelli che già oggi sono i grandi nomi verranno fuori fra qualche anno. C'è sicuramente un certo fervore e il livello è medio-alto.
Ma come mai il nostro Paese si cura poco dello studio delle belle lettere?
Questo è un problema che non è solo italiano o svizzero, è una tendenza generale. C'è l'idea che le discipline umanistiche siano una specie di ornamento in un momento in cui ci sono problemi più gravi. Ma le discipline in ambito umanistico vanno difese. L'Italia non può permettersi di dimenticare la sua cultura, la sua arte. La nostra tradizione artistica e musicale si è persa, ed è peccato. Fino a fine Ottocento gli italiani erano noti nelle corti di tutto il mondo per le loro canzoni e i loro testi.
Invece che dire dell'italianistica in Svizzera?
È una bella italianistica, con una tradizione illustre. Pensiamo solo a Gianfranco Contini a Friborgo, oppure a Guglielmo Gorni, che prima di essere richiamato in Italia ha insegnato per tantissimi anni a Ginevra. Io ho fiducia che questa tradizione continuerà.
E la letteratura contemporanea in lingua italiana in Svizzera?
Trovo che sia eccellente. Penso a Giovanni Orelli e tanti altri...
Quando è maturato il suo amore per la letteratura?
Già a partire dai dieci anni. Son sempre stata una gran lettrice. Mio padre poi era professore di letteratura italiana. Ma la passione è venuta fuori soprattutto durante gli anni liceali (al classico Volta di Como, ndr), grazie ad alcuni professori, come Federico Roncoroni (collaboratore de "La Provincia", ndr), che ha avuto un ruolo fondamentale nella scelta dell'Università, visto che anche lui si è laureato a Pavia.
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