Cultura e Spettacoli
Giovedì 13 Maggio 2010
La moda italiana
è nata sul Lario
Un'indagine condotta dalla ricercatrice Elena D'Ambrosio rivela il ruolo di primo piano giocato dai tessutai comaschi. A quasi 60 anni dalla nascita della "moda pronta", ecco un viaggio alle radici delle nostre radici imprenditoriali, da proseguire alla mostra "L'età dell'eleganza", dedicata alle Filande e Tessiture Costa, a Villa del Grumello.
La moda italiana nasce ufficialmente nel 1951 - ormai ci avviamo a celebrare il sessantesimo anniversario - con le prime sfilate collettive di Alta Moda promosse dal nobile Giovan Battista Giorgini che successivamente, nella stupenda cornice di Palazzo Pitti, diventeranno un appuntamento fisso per le più rinomate sartorie italiane, concentrate a Roma, Milano e Firenze e, naturalmente, per i compratori.
La cadenza è semestrale, a gennaio e luglio, pochi giorni prima della presentazione a Parigi dei modelli delle grandi firme francesi, che continuano a detenere una certa supremazia nel campo dell'Alta Moda. Del resto sono i francesi a lanciare le sete stampate prodotte dalla industrie comasche - sempre all'avanguardia - destinate ad un grande avvenire, ma che all'inizio subiscono «un inspiegabile ostracismo» da parte dei sarti italiani, come si legge in un articolo pubblicato sulla rivista "L'illustrazione italiana" nel maggio del 1952.
La moda italiana fa, però, passi da gigante e conquista presto un "posto al sole", assumendo una propria connotazione. Il suo successo, visibile dalla folla di compratori americani e dei diversi paesi europei che accalcano le passerelle fiorentine e che aumenta di anno in anno, è legato strettamente ai tessuti - sempre di altissimo livello sia sotto l'aspetto qualitativo che per l'originalità delle creazioni - forniti dalle seterie comasche che allo stesso tempo continuano a rifornire di "materia prima" anche le grandi case di moda francesi. Accanto alle sete, nelle diverse versioni, iniziano a prender piede le fibre artificiali, come il rayon, il lilion e il rhodianzino, quest'ultimo parecchio pubblicizzato sulle riviste.
Sfogliando proprio alcuni noti rotocalchi degli anni Cinquanta (Epoca, Tempo, L'illustrazione italiana, L'Europeo, Oggi), negli articoli dedicati alla moda italiana, sono i tessuti prodotti dalle ditte comasche, Costa in testa, ad essere spesso citati come fiore all'occhiello delle grandi firme italiane dell'epoca, in un rapporto che diventa sempre più stretto e che porta ogni ditta comasca a scegliere uno o più nomi nel panorama della moda italiana con cui collaborare attivamente, soprattutto in vista delle passerelle fiorentine.
Ad esempio, in un servizio che la rivista "Tempo" dedica, nel febbraio 1953, al tradizionale appuntamento con l' Alta Moda a Firenze per la presentazione della collezione primaverile-estiva, vengono messi in risalto gli abiti di Antonelli, i cui tessuti sono stati prodotti da uno dei "maestri comaschi", Edoardo Stucchi, di Lurate Caccivio: stampati in seta pura su fondi sfumati, e un "Surah-doppione", pesante e cadente.
L'occhio del cronista viene anche catturato dai modelli di Carosa, un'altra firma italiana che punta a valorizzare la produzione comasca di Costa: una sposa in abito bianco di georgette "Lario", accompagnata dallo sposo in tight, con un panciotto di seta operata grigio perla uguale alla cravatta. Alle vivaci creazioni di Germana Marucelli sono, invece, serviti i tessuti di seta della ditta Tondani.
L'estate è soprattutto la stagione in cui sulle spiagge si possono sfoggiare costumi in tessuto elastico con arricciature ai bordi, creati da «una ditta di Como», e la sera fastosi abiti Carosa in broccato bianco delle seterie Cugnasca. Scorrendo questi rotocalchi abbiamo notato come viene quasi sorvolata la pure importante collaborazione delle seterie comasche con le case parigine. Un'eccezione in questo senso è rappresentata da un servizio pubblicato su "Epoca" nel luglio 1950 - ma la moda italiana era solo agli inizi - dove viene seguito tutto il processo di creazione di un abito Dior che doveva inaugurare una sfilata della rinomata casa di moda parigina, un modello denominato "Zenobie" (abito e mantello), il cui tessuto di seta, comasco al cento per cento, è prodotto dalla ditta Edoardo Stucchi.
La stella di Como brilla veramente alta nel firmamento della moda italiana (le stesse celebri Sorelle Fontana «hanno i loro segreti a Como») e il suo nome viene definitivamente consacrato nel gennaio 1954, nell'ottava Manifestazione fiorentina di Alta Moda, dove le industrie comasche partecipano compatte, raccolte nel «Gruppo Italiano Fabbriche di Tessuti Serici Alta Moda di Como».
Collegati alle grandi sartorie nazionali Marucelli, Guidi, Veneziani, Antonelli, Carosa e Wanna, sfilano i tessuti serici di molte ditte comasche, fra cui: Ambrosini, Bedetti e Pedraglio, Camozzi e Bertolotti, Clerici Tessuto, Filande e Tessiture Costa, Enrico Rosasco, Giuseppe Scacchi, Seterie Cugnasca, Terragni e C., Tessilstampa, Tessiture Seriche Bernasconi, Tessiture Edoardo Stucchi, Tondani e altre. Lo stesso organizzatore, il nobile Giorgini, giunge ad affermare che l'industria serica comasca ha dato alla manifestazione un "carattere di eccezionale importanza", sottolineato con orgoglio dal quotidiano "La Provincia", nel numero del 5 febbraio: « Si può dire che le industrie comasche seguono e anticipano le evoluzioni della moda, si adeguano al gusto, si impongono coll'eccellenza della produzione».
L'ultima giornata è dedicata alla "moda boutique", che nel corso degli anni si impone anche nelle manifestazioni fiorentine, grazie ai disegni molto allegri e vivaci - legati soprattutto all'inizio alla moda mare e allo sport - e alla maggiore accessibilità in termini "pecuniari". I modelli di Emilio Pucci (semplicemente Emilio) anch'esso legato ai produttori comaschi, fanno il botto. La "moda boutique", con Pucci, Bertoli e Avolio, la farà da padrone nel maggio del 1955 nel grandioso Festival della Moda d'Estate organizzato proprio a Como, negli splendidi scenari di Villa Olmo e Villa d'Este, con un'appendice a Bellagio a Villa Serbelloni, e a Campione d'Italia.
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