Cultura e Spettacoli
Lunedì 17 Maggio 2010
Felici solo se connessi:
la tirannia delle e-mail
Per gentile concessione di Codice Edizioni, pubblichiamo, un estratto dell'inchiesta dell'americano John Freeman, presentata al Salone del Libro di Torino.
di John Freeman
Oggi che i vari dispositivi palmari permettono un accesso costante alla posta elettronica, ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette e praticamente in ogni luogo nel mondo, non esiste a quanto sembra circostanza nella quale la gente non dedichi un momento per controllarla. Ci colleghiamo in auto mentre andiamo al lavoro, scarichiamo messaggi mentre il treno ci riporta a casa, diamo un'occhiata quando siamo in bagno, persino in chiesa durante la predica. Il 62% degli americani controlla la posta e risponde a mail di lavoro mentre si trova in vacanza, in un momento in cui normalmente ci si dovrebbe rilassare. Secondo il dizionario,“vacanza” significa «periodo di riposo» o «sospensione temporanea dell'attività negli uffici, nelle scuole e nelle assemblee per ragioni di riposo». Nella vacanza on line del XXI secolo, invece, niente si interrompe. Ogni qualvolta si verifichi un momentaneo silenzio, un intermezzo fra situazioni diverse, sistematicamente si insinua un'e-mail. «Sai quelle pause produttive che si fanno in ascensore? È il momento ideale per tirare fuori il Black- Berry e smaltire un po' di lavoro» dice Raul Fernandez, amministratore delegato di "Dimension Data North America".
Non c'è più un solo momento di stacco, nemmeno quando si è a letto. Il 67% delle quattromila persone dai tredici anni in su intervistate per un sondaggio sulla dipendenza da e-mail condotto da aol nel 2008 ha ammesso di aver controllato la posta elettronica mentre era sotto le lenzuola (...)
Sono molte le ragioni che stanno alla base di questa dilagante ossessione. (...) Oggi che l'e-mail è diventata sia la cassetta di posta sia la nostra soglia di casa, è inevitabile provare lo stesso complesso mix di trepidazione e timore quando controlliamo la posta elettronica. L'unica differenza è che non dobbiamo più aspettare. Il BlackBerry fu introdotto nel mercato nel 1999; nel 2004 aveva un milione di utenti, numero che dieci mesi dopo era già raddoppiato. Nel giugno del 2009 era salito a quota 28,5 milioni nel mondo, senza contare chi usa telefoni cellulari abilitati all'e-mail. Sono milioni e milioni in tutto il mondo le persone che oggi accedono in continuazione alla propria posta elettronica. Gli psicologi hanno riscontrato in questo tipo di comportamento forti analogie con lo stare seduti davanti a una "slot machine".
I neurologi sono ora in grado di spiegare perché queste lunghe permanenze nei casinò diano assuefazione: agiscono su un principio chiamato programma di rinforzo a intervalli variabili.Tom Stafford, docente presso il dipartimento di psicologia della University of Sheffield, spiega come tale schema definisca secondo gli scienziati le modalità con cui si consolidano in noi le abitudini più tenaci. «Questo significa che un'azione, anziché essere ricompensata tutte le volte che viene eseguita, lo è soltanto in alcuni casi, per giunta in maniera non prevedibile. Con l'e-mail è la stessa cosa: in genere quando la controllo non c'è niente di interessante, ma di tanto in tanto mi può capitare di trovarci qualcosa di fantastico: un invito, o magari un pettegolezzo succoso».
(...) Come per qualunque altro vizio, un distacco dall'e-mail è avvertito come un disastro, anche se soltanto per qualche ora. Quando nel 2007 i servizi di rete del BlackBerry subirono un'interruzione di parecchie ore che si protrasse dalla notte fino alla giornata successiva, otto milioni di persone non poterono accedere all'e-mail dal proprio palmare. Molti di loro andarono nel panico. «Mi si è gelato il sangue nelle vene» disse un consulente immobiliare, in viaggio per affari.
«Ero scollegato». Nell'estate del 2008 il popolare servizio di posta elettronica di Google, Gmail, restò fuori uso solo per poche ore, ma la società fu inondata di proteste. «Soffriamo insieme a voi e ci scusiamo per il disagio» scrisse la società sul proprio blog. Essere off line genera quantità immani di stress nelle aziende, soprattutto nelle più piccole. Secondo uno studio condotto in Inghilterra, «il 77% degli impiegati e dei titolari di società è d'accordo nel ritenere che i periodi di caduta della linea, in cui non è possibile consultare l'e-mail, sono la maggiore causa di stress sul posto di lavoro». Il 40% dei soggetti dell'indagine reagiva con un compulsivo cliccare sul mouse; il 10% arrivava ad assalire fisicamente il proprio computer. Le cartoline postali saranno anche state una mania, ma è niente in confronto a tali livelli di attaccamento. Le caratteristiche fisiologiche della dipendenza da e-mail, se già non provengono da una dimensione psicologica, possono ben presto acquisirne una, come nel caso dell'assuefazione da sostanze chimiche. «Se non avessi sentito il “beep-beep”ogni volta che accendevo il computer » disse un pensionato che iniziò a utilizzare l'e-mail nel 1994, «sarei morto». La posta elettronica, in un mondo sovraccarico di connessioni, è diventata un modo per ricordarci che esistiamo, che qualcuno ha bisogno di noi. Grazie a Internet abbiamo costruito un nuovo contesto comunicativo che ci consente di nutrire quel bisogno, di sentirci “inseriti”, circondati da collegamenti a tutti i nostri amici e colleghi.
(© John Freeman, «La tirannia dell'e-mail», Codice Edizioni, 184 pag., 17 euro)
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