Cultura e Spettacoli
Sabato 22 Maggio 2010
Sambruni, vita in silenzio
rotta solo dalla pittura
Protagonista dell'arte del Novecento, per aver esposto alla Biennale e alla Quadriennale, il pittore vive e lavora a Cernobbio, quasi da eremita. A 92 anni si prepara a "debuttare" a Milano. Lo abbiamo incontrato...
di Barbara Faverio
Il silenzio è il suo voto, il suo habitat, il suo nume artistico. Eppure Ugo Sambruni a 92 anni sa essere un fiume di parole e di ricordi che si rincorrono e si accavallano, in un continuo evocarsi a vicenda. Nell'appartamento di Cernobbio dove l'anziano pittore vive da solo, circondato dai suoi lavori - l'ultimo quadro srotolato sul tavolo, ci sta lavorando perché ha capito come far emergere linee altrimenti invisibili, e il bozzetto della scultura di un cavallo che vorrebbe sul Bisbino, in sasso e gigantesca - gli occhi chiarissimi e sorridenti smentiscono la fama di uomo chiuso in se stesso.
Il suo racconto è come la sua pittura, dinamismo e scomposizione, più che ascoltarlo devi vederlo mentre butta giù a parole lo schizzo di un passato ricco di storie. Come la faccenda un po' favolosa della sua macchina per la stampa, un prodigio della tecnica in grado di stampare con un solo getto diversi colori, che negli anni Cinquanta - e questa è storia - suscitò anche l'interesse di Christian Dior.
Come le venne quest'idea? gli chiedi. Lui evoca la figura di Don Gnocchi e della sua comunità Mamma Irma. L'idea gli venne lì. Poi prende dalla parete un quadretto di murrine veneziane, e ti racconta di quella volta che portò i bambini alla fiera del bestiame e lì la sua attenzione fu catturata da un ambulante che fabbricava il torrone. «Questo, più quello - indica andando con lo sguardo dal quadretto alla mano che idealmente tiene stretta quella visione antica - Questo più quello, ed è nata la macchina».
Lui la chiamava «la macchina dell'appetito», perché l'idea gli era stata stimolata dalla fame, quando dopo la guerra raggiunse Cernobbio dalla natìa Mariano Comense, in bici, con l'idea di venire a vedere come campavano gli artisti in quella città che allora pulsava di ingegni, da Radice a Rho a Galli.
Il silenzio, si diceva. Promise di praticarlo - rinunciando a reclamare alcunché dal destino - quando riuscì a tornare salvo (non sano, è claudicante per una ferita di guerra) dal fronte. E soprattutto quando gli riuscì di tornare senza vite umane sulla coscienza. «Non ho ucciso nessuno», ripete, commuovendosi ogni volta. Ed è tanto radicato questo rispetto della vita che quando sul fronte albanese salvò un commilitone caduto in un crepaccio con il mulo - carico degli alcolici che davano ai soldati prima degli assalti - e fu proposto per la medaglia d'oro, rifiutò l'onorificenza. Fu dopo aver portato quell'uomo in salvo, a valle, che fu ricoverato in un ospedale da campo, fra la Grecia e l'Albania, e gli trovarono nascosti nella divisa i disegni che aveva realizzato in montagna, fra una marcia e un combattimento. Da lì nacque la sua prima mostra, a Tirana.
Il suo credo nella sacralità della vita, racconta, lo ha spiattellato in faccia anche a Benito Mussolini, quando lo incontrò alla Quadriennale di Roma, dove fu ospite con altri artisti in armi: «Ci passarono in rassegna il re e Mussolini, il duce mi chiese quante bombe avevo lanciato mentre ero al fronte. Avevo altre mansioni, gli ho risposto, non volevo ammazzare nessuno. Non sono un combattente, solo le mie mani combattono».
A disegnare Sambruni aveva cominciato a 4 anni, quando morì uno zio che portava il suo stesso nome e lui ne fece il ritratto di getto, dopo aver visto una foto: «Non sapevo nemmeno cosa fosse una matita, ed è capitato che ho rifatto quest'uomo. Non era la sua fisionomia, eppure veniva fuori anche la sua fisionomia: dentro di me c'erano dei gesti fatti con la mente che erano già disegni. Gesti che solo adesso, in questi anni qua, sono riuscito a rifare. La purezza di una costruzione è fatta di tanti gesti a cui non diamo ascolto».
La consegna del silenzio e la ritrosia a cercare il mondo gli ha negato una visibilità di cui ora, a 92 anni, viene in parte risarcito. Ma gli ha anche dato una regola, in senso monastico, una prescrizione di vita senza la quale, forse, la sua arte non sarebbe stata la stessa. «Il silenzio più che altro è l'espressione della solitudine, io ho amato la solitudine da bambino e in guerra, e la amo anche adesso. Se non c'è la solitudine non riesco a fare niente, questo mi ha tenuto in piedi, mi ha fatto fare qualche cosa. Se non c'è dentro di me il silenzio - il silenzio degli altri e specialmente quello della natura - restano solo le parole. Parole e basta».
Il grande artista lariano Ugo Sambruni a 92 anni debutta a Milano. Alla galleria Chie Art Gallery, in viale Premuda 27, ideata e promossa da Bice Bugatti Club, il 27 maggio alle 18 verrà inaugurata la mostra voluta anche grazie alla galleria comasca «Il Tramite», e curata da Alessia Barzaghi. Alla mostra della Bice Bugatti Club Gallery sono proposte, fino al 5 giugno, opere della serie «Bianco e grigio». Orari: lunedì-sabato 11-13.30 e 16-19, chiuso la domenica, ingresso libero: infotel.: 02/36601429
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