Cultura e Spettacoli
Venerdì 28 Maggio 2010
La stampa nella Rete,
nel giorno dell'IPad
I giornali cartacei? Hanno un futuro certo solo quelli che puntano alla qualità. Lo sostiene Roberto Luna, direttore di "Wired", il mensile della cultura digitale, che mette in copertina Fiorello, mentre nei negozi di tutta Italia scatta la corsa al nuovo supporto tecnologico.
"Wired" è il punto di incontro di chi vuole scoprire i nuovi mondi della rete. Ospite a Pistoia del primo festival di antropologia: "Dialoghi sull'uomo", il direttore Riccardo Luna spiega il successo dell'edizione italiana: «Sono storie e persone che cambiano il mondo usando la tecnologia per il bene. Mai tanta tecnologia è stata a disposizione delle persone. Internet è una grande leva per cambiare nel male e nel bene. Non vogliamo raccontare i problemi del mondo ma chi cerca le soluzioni».
Quando ha iniziato a scrivere?
A otto anni mio papà mi portò a una partita, Roma Juventus. Tornato a casa mi misi alla macchina da scrivere e scrissi un articolo. Al liceo mi inventai un giornalino su cui davo i voti ai professori. A vent'anni ho fondato a Campus, poi sono andato a La Repubblica.
«Wired» è arrivato in Italia nel 2009. Come hanno reagito i lettori?
Siamo andati in edicola quando era già iniziata la crisi editoriale mondiale. Mentre stavamo decidendo il lancio è esplosa la crisi finanziaria. Tutti ci dicevano siete pazzi a proporre oggi un prodotto così complicato. Abbiamo lanciato "Wired" solo sul social network, l'editore voleva arrivare almeno a cinquantamila copie al mese. Siamo partiti con novantamila abbonati. Ci hanno scelto su una promessa: il metodo. Siamo andati su un social media per partecipare alla conversazione sulle nuove tecnologie.
Come la rete sta cambiando, in Italia e nel mondo, l'informazione e il mestiere del giornalista?
In meglio perché ci ricorda che al centro di tutto ci devono essere solo i lettori. Da anni l'avevamo dimenticato sia noi giornalisti che gli editori. La rete ci ha fatto scendere dal piedistallo e ci ha costretto ad ascoltare gli altri. Quando ventisette anni fa ho iniziato a fare questo mestiere le lettere dei lettori arrivavano in redazione dopo una settimana. Oggi appena scrivi qualcosa cosa ti arriva un messaggio. Se sbagli devi chiedere scusa immediatamente. Lavorare con la rete significa ascoltare le persone e costruire tante storie con loro. Questo non sostituirà il mestiere del giornalista. Ma dovremo essere sempre più bravi e solo collaborando e con la rete potremo diventarlo.
Come sta reagendo il nostro paese di fronte alla rivoluzione digitale?
Internet è nato una quarantina di anni fa, il web una ventina. In questo periodo abbiamo fatto finta che non esistessero. Gli editori hanno mascherato la perdita dei lettori riempiendo i giornali di allegati: vhs, libri, enciclopedie. Oggi tutto questo non funziona più, sempre più persone, soprattutto giovani si spostano su Internet. Il problema con la rete è culturale. Gli editori, i giornali vanno su internet dimenticandosi che da tempo ci sono tanti italiani che sanno già come si fa un sito. Si ha la pretesa di colonizzare internet senza capire che è una ricchezza e conviene usarla piuttosto che imporre regole. Ci vorrà ancora un periodo di assestamento per avere dei prodotti di business che funzionano bene sulla rete.
Che fine farà la carta stampata?
Sarà sempre più un prodotto di lusso. Ci sono giornali di carta hanno delle rese del quaranta, cinquanta per cento. Con l'Ipad costeranno pochissimo. In edicola resisteranno solo quelli che faranno un giornalismo di qualità. In questo momento servono grandi giornalisti ed editori che pensino solo al business editoriale. In Italia ci sono pochi editori puri, capaci di pensare solo a prodotti editoriali. I giornali non devono servire per condizionare il mondo politico ed economico, ma esseri letti dai lettori.
Ha lanciato l'iniziativa di candidare internet al Premio Nobel per la Pace 2010. Perché?
Non è una rete di computer ma di persone. È la prima arma di costruzione di massa, la prima piattaforma di comunicazione che consente a tutti noi in maniera democratica di costruire delle cose che migliorino la vita degli altri. Internet è stato costruito da tanti team. Ho candidato Larry Roberts, Vint Cerf e Tim Berners Lee che hanno guidato i tre team che hanno incrementato la rete. Internet diventa positivo se l'usiamo per il bene e se non lo facciamo non abbiamo alibi.
Eppure nella rete ci sono anche siti pericolosi…
Non dobbiamo attribuire a internet i problemi del mondo. Fa notizia quando su Facebook un gruppo inneggia alla mafia. Il problema non è internet ma l'esistenza della mafia. Facebook serve a tante persone per stare in contatto con altri. Mia mamma ha settant'anni e chattando ha ritrovato tutti i suoi compagni di scuola. Non potendoli vedere, non viaggia, è felice di comunicare con loro.
Ha lanciato anche «Rewired»: «non semplicemente un sito ma un nuovo modo di stare su internet». Come lo immagina?
Ci sono centocinquantamila siti ogni giorno. "Wired" deve stare su internet in un modo semplice veloce e utile. Quando è partita l'homepage di Google non c'era nulla. Era bianca ma il risultato arrivava in un secondo. Ci sono troppi siti complicati, bisogna imparare a muoversi con il linguaggio delle rete.
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