Cultura e Spettacoli
Venerdì 11 Giugno 2010
In convento per forza,
da Manzoni a Morazzoni
La scrittrice varesina ha scritto, ne "La nota segreta", una storia che ricorda quella della Monaca di Monza dei "Promessi Sposi", ma con un finale molto diverso e lieto. Quello della frustrazione delle donne nel Seicento lombardo è un tema che torna anche alla ribalta, come prova la versione musicale del capolavoro manzoniano, a Milano. In allegato l'intervista a Lola Ponce, che sulla scena si prepara a dare il volto a Marianna de Leyva e la recensione della mostra dedicata, nei mesi scorsi a Milano, al mito della celebre figura manzoniana.
Per una volta Manzoni si rivolterebbe nella tomba ma... di gaudio, se leggesse «La nota segreta». In Marta Morazzoni riconoscerebbe una degna erede, per la perizia con cui ha affrontato il genere del romanzo storico richiamandosi esplicitamente a lui, sia nei contenuti sia nell'eloquio, poiché «possiede il dono naturale di una narratrice storica» (Pietro Citati). Già nota per «La ragazza col turbante», successo editoriale tradotto in nove lingue, Marta Morazzoni, scrittrice e insegnante, ha vinto il premio Campiello 1997 per «Il caso Currier».
Milano, 1736: contro la sua volontà la giovane Paola Pietra, tredicenne, viene rinchiusa nel monastero di Santa Radegonda. È «un grumo ombroso e scontento», una ragazzina che mal sopporta la clausura, ma con una voce come il suo nome: solida e definitiva. A scoprirne le qualità canore è suor Rosalba Guenzani, donna dal volto umano contrapposta all'arcigna badessa. Eppure attraverso lo Stabat Mater di Pergolesi il diavolo penetra fra le mura del convento... olfattivamente - non sveleremo come!
Paola Pietra, ora diciassettenne, e sir John Durant Breval si innamorano, e con l'aiuto mai confessato della Guenzani riescono a fuggire insieme. A questo punto al lettore parrà di sentire una storia già nota, fatta di monacazioni forzate e amori nascosti; per non dire del seguito, che dice di fughe avventurose per mari, di pirati, di travestimenti, di conflitti con la chiesa ufficiale, sino al lieto fine risolutorio. Fantasie d'amore con sfondo giallo? No, i volti tratteggiati con grande maestria di scrittura sono veramente esistiti, sepolti nelle cronache milanesi del '700. Seguendo il criterio della verosimiglianza del sommo lombardo, l'autrice milanese ha romanzato la verità attinta da un saggio storico («Per vim et metum», di Paola Vismara) e dal romanzo «Cento anni» di Giuseppe Rovani, facendo muovere i suoi personaggi sulla scena come un burattinaio sapiente, narratore onnisciente che pare trascrivere gli eventi da un antico manoscritto. Frequenti infatti sono gli interventi di regia, gli inframezzi riflessivi, che pausano l'avvincente narrazione e invitano a soffermarsi su un'espressione, un rigo. Soprattutto quando le vicende assumono una valenza metaforica: il viaggiare continuo di Paola va inteso anche come esplorazione di sé, un temporaneo perdersi per ritrovarsi in un approdo interiore più sicuro.
Oggi il monastero di Santa Radegonda non c'è più. Al suo posto sorge La Rinascente. Ma se si tende l'orecchio si sentirà ancora la meravigliosa ugola da soprano di Rosalba Guenzani che, a differenza della consorella Paola, monaca rimase per sempre.
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