Cultura e Spettacoli
Sabato 24 Luglio 2010
"Quell'organo ci riporta
dentro la musica di Bossi"
Andrea Macinanti sta incidendo l'opera omnia del grande maestro, alcuni brani sono stati incisi all'organo Mascioni, all'Istituto Carducci, voluto dallo stesso musicista e l'ultimo esistente fra i molti da lui suonati
Commendatore della Corona d'Italia, maestro d'organo della Regina Margherita nella residenza estiva di Gressoney, membro onorario d'innumerevoli Accademie internazionali, progettista e collaudatore di importanti organi costruiti in Italia e all'estero, concertista (il primo in Italia a varcare le frontiere per esibirsi in tutto il mondo occidentale ed in America), compositore famoso, Bossi fu docente di organo al Conservatorio di Napoli (1890-95) e poi direttore e docente di alta composizione di quelli di Venezia (1895-1901), di Bologna (1902-1911) e di Roma (1916-1923).
Incoraggiando la costruzione in Italia di grandi strumenti nelle sale da concerto, egli contribuì a conferire all'organo una dimensione concertistica svincolata da connotati meramente chiesastici, sviluppandone le risorse timbriche e facendone il solista di vaste opere orchestrali. Centinaia sono le testimonianze di musicisti e di critici dello stupore che destò l'arte di Bossi. Fra tutte, riportiamo quelle di Franco Michele Napolitano (1887-1960, compositore, organista, insegnante d'organo e direttore del Conservatorio di Napoli):
«Dovrei ora parlare del virtuoso che fu sommo al pari del compositore, ma la più dettagliata analisi delle sue eccezionali qualità esecutive non riuscirebbe mai a dare la nozione esatta di quanto Egli sapeva e poteva dare. Chi scrive queste righe serba ancora fre le più intense e durature impressioni artistiche della sua vita la data del luglio 1907, quando, da pochi giorni diplomato in organo, ebbe la gioia e la rivelazione di sentirlo suonare per la prima volta all'inaugurazione del grande organo della Basilica del Carmine maggiore [a Napoli]. Egli era l'interprete ideale e perfetto: padrone di un tecnicismo formidabile che gli permetteva di superare serenamente qualsiasi difficoltà, dotato al più alto grado di un intuito profondo e di una sensibilità pronta ed ardente, disciplinato da una vasta cultura e da una rara competenza della tecnica organaria. Bach e Franck rifulgevano per Lui in tutta la loro austera e profonda bellezza, vivificati da un soffio di umana e commossa poesia. Nessuno mai credo abbia raggiunto l'efficacia coloristica delle sue originali e personalissime registrazioni, attraverso le quali anche la musica meno significativa acquistava vita ed interesse».
Non serve aggiungere altro per comprendere la rilevanza della figura di Bossi nel panorama musicale italiano ed internazionale del suo tempo. Dopo anni di oblio, la sua opera organistica viene oggi riscoperta grazie ad una monumentale edizione critica stampata da Carrara di Bergamo e registrata da chi scrive per la casa discografica Tactus, mentre si moltiplicano i programmi concertistici che accolgono le sue musiche.
Per quanto però possa sembrare paradossale, delle centinaia di organi suonati dal Maestro in tutto il mondo, ne è giunto solo uno in perfetto stato di conservazione: quello dell'Istituto Carducci di Como, edificato nel 1913 dal grande organaro Vincenzo Mascioni, in quel momento stimato da Bossi come il più grande organaro italiano.
Inutile dire quale sia stata la straordinaria importanza del recupero di questo gioiello fortissimamente voluto dalla signora Carla Porta Musa: grazie a questo recupero, magistralmente realizzato dall'organaro Ilic Colzani, abbiamo oggi a disposizione un efficacissimo mezzo con cui riprodurre l'intimo mondo della creatività organistica di Bossi.
Si tratta di uno strumento di dimensioni contenute (14 registri su tre tastiere), evidentemente destinato alla formazione di giovani organisti e a mezzo di divulgazione musicale in sede concertistica, in perfetta sintonia con gli alti ideali educativi su cui si fonda l'esistenza del Carducci. Sono persuaso che lo strumento fu concepito per essere destinato proprio alla sala dell'Istituto: lo confermano le sue proporzioni, la sua composizione fonica e la straordinaria bellezza dell'ebanisteria. Credo si possa sfatare una volta per tutte l'ipotesi che Bossi lo avesse dapprima voluto per la sala della musica della sua casa di Breccia, spazio troppo piccolo per ospitare uno strumento come quello del Carducci ed un artigiano del valore di Vincenzo Mascioni non avrebbe mai sbagliato grossolanamente le misure! Il Maestro, che già nel suo soggiorno bolognese possedeva un organo da studio dello stesso organaro (1907, due tastiere), doterà il suo studio di Breccia di un organo, sempre di Mascioni, solo nel 1922 (oggi nel Conservatorio di Firenze).
Allo strumento del Carducci, abbiamo registrato alcune deliziose pagine (alcune provenienti da monoscritti della Biblioteca di Como), destinate alla didattica che saranno accolte nel quinto CD dell'opera omnia per organo edita dalla Tactus: studi sì, ma composti alla maniera di Bossi, ove il tecnicismo si stempera in poesia pura e l'offerta all'apprendista si arrichisce delle iridescenze che solo il Genio sa donare. Fra questi brani, due fanno esplicito riferimento a Bach ed uno (Marcia funebre op. 105) è destinato al pedale solo, autentiche primizie nel mondo organistico italiano del tempo di cui Bossi fu pionere e profeta. Non possiamo infine, noi umili messaggeri della sua musica, tacere della nobile accoglienza e disponibilità offerta dal comitato direttivo e dal personale dell'Istituto, dalla dottoressa Livia Porta e dall'organaro Colzani in occasione della registrazione. Per un paio di giorni, abbiamo avuto la percezione che la volgarità di questo nostro tempo avesse smesso di battere il suo osceno tamburo e si fosse ritornati a quell'armonia giusta e perfetta di cui Bossi e i fondatori del Carducci furono artefici.
Andrea Macinanti
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