Cultura e Spettacoli
Mercoledì 11 Agosto 2010
Cieli stellati cercansi:
arriva l'astro-archeologo
In attesa di intercettare, meteo permettendo, qualche stella cadente, dal mondo scientifico arriva una notizia deludente: i cieli di oggi non sono più quelli di una volta, né quelli degli Egizi, né tanto meno quelli di Pascoli. Colpa dell'inquinamento luminoso, ma non solo, come spiega un saggio appassionante e insieme molto dettagliato.
Nel periodo estivo, soprattutto nel mese di agosto, grazie al conosciuto fenomeno delle "stelle cadenti" - che in realtà sono uno sciame meteoritico, noto col nome di Perseidi - siamo certamente più propensi ad alzare gli occhi al cielo, ed ammirar le stelle. «E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!», concludeva così il Pascoli una delle sue più note poesie, il «X agosto»; sebbene, ormai, oggi il picco di visibilità delle Perseidi si sia spostato di qualche giorno (ad oggi, 12 agosto, condizioni meteo permettendo...). Gli scienziati che si occupano di astronomia, in realtà, tendono ad affermare che le timide luci degli astri sono state cancellate dalle nostre notti. Fra questi c'è Guido Cossard, presidente dell'Associazione di Ricerche e Studi di Archeoastronomia Valdostana, che ha recentemente pubblicato un libro sull'argomento, «Cieli perduti. Archeoastronomia: le stelle degli antichi» (Editrice Utet, Collana scientifica «Frontiere»). Cossard si pone la domanda - approfondendo poi molto la risposta, in modo chiaro e facilemte comprensibile anche ai non esperti del settore - di come gli antichi vedessero il cielo. Nella preistoria era tutto molto più spontaneo, non esistevano luci artificiali e gli astri ne erano i veri padroni; ma l'uomo, sin dal paleolitico, osserva e si interroga sulla ritmicità degli eventi. Grazie all'osservazione del susseguirsi dei cicli lunari - spiega Cossard - è stato possibile, nel tempo, stabilire i primi calendari. Nascono per questi motivi strutture che ancora oggi, in alcuni casi, si possono osservare e studiare, come i megaliti. In Europa occidentale i megaliti sono solitamente riconducibili al periodo neolitico o all'età del bronzo (4500 - 1500 a.C.) e il più noto è probabilmente quello di Stonehenge in Inghilterra, ma ve ne sono moltissimi altri anche nel nostro paese, come i Dolmen di Bisceglie o di Minervino di Lecce.
E ancora Cossard spiega l'importanza del cielo nell'agricoltura (la prima vera rivoluzione economica), nella nascita di miti e religioni e nell'evoluzione di molti popoli come gli Egizi o i Maya, fra gli altri. Viene spontanea una domanda: perché i cieli di oggi sono "perduti"? Cossard risponde così: «(il cielo) è perduto nelle luci artificiali, è perduto nei rumori delle città, è perduto nell'indifferenza, è perduto nella frenesia che non ci consente di fermarci e di alzare gli occhi al cielo». Questo libro, forse, può aiutarci a ritrovarlo, almeno in parte.
Guido Cossard, «Cieli perduti. Archeoastronomia: le stelle degli antichi» (Editrice Utet, pag. 281; 16 euro).
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