Cultura e Spettacoli
Mercoledì 11 Agosto 2010
Frisch, alla scoperta
del senso della vita
Pubblicati i diari '82-'83 dello scrittore svizzero, autore di "Homo Faber", morto nel 1991. Le sue spiazzanti analisi sono fortemente contemporanee, come spiega il germanista Mattia Mantovani.
Malgrado siano trascorsi quasi due decenni dalla sua morte, e malgrado sia in atto ormai da tempo un tentativo piuttosto subdolo di imbalsamare la sua opera nel mausoleo della classicità, il grande scrittore svizzero Max Frisch (nato a Zurigo nel 1911 e morto nel 1991) continua tuttora a rimanere quello che è stato quando era in vita: un autore spigoloso, spesso sgradevole, che costringe il lettore a riflettere a fondo sulla propria vita e sulla realtà circostante. E gli esiti di questa riflessione, allora come oggi, sono tutt'altro che rassicuranti.
«Chi sono io?»: la semplicissima ma nello stesso tempo vertiginosa domanda che Frisch non ha mai smesso di porre coi suoi romanzi, i suoi racconti e i suoi testi teatrali è ancora oggi - e forse oggi più che mai, in una fase di profonde e non meglio prevedibili trasformazioni sociali e perfino antropologiche - in attesa di plausibili risposte. È una domanda che Frisch continua a porre dalle pagine di romanzi come "Stiller" e "Homo Faber", da testi teatrali come il celeberrimo "Andorra" e soprattutto dai due diari pubblicati nell'immediato dopoguerra e all'inizio degli anni Settanta: il "Diario d'antepace" e il "Diario della coscienza".
La parola diario ha infatti sempre avuto per Frisch una valenza assolutamente particolare e molto lontana da quella derivata dalla tradizione. Più che una semplice raccolta di annotazioni quotidiane, il diario per Frisch è il risultato dell'unione di testi narrativi e saggistici che nel loro insieme vanno a costituire un insieme di temi, motivi ed elementi che tornano ad intervalli più o meno regolari e alla fine si rivolgono al potenziale lettore, al quale viene idealmente affidato il compito di integrarli e completarli. Un prodotto artistico, insomma, al pari del romanzo, del racconto e del testo teatrale, ma strutturalmente più aperto e passibile di interazione col lettore. Usando la terminologia oggi in voga, si potrebbe perfino parlare di una specie di "blog" ante-litteram.
Ecco perché è soprattutto nei diari che le grandi domande di Frisch sull'identità, sul senso della vita e anche sulle grandi questioni politiche si presentano con particolare immediatezza. Questa immediatezza fa da filo conduttore anche al terzo diario di Frisch, quello degli anni 1982/1983, che è stato pubblicato nelle scorse settimane dall'editore storico dello stesso Frisch, Suhrkamp di Francoforte, con un titolo che tradotto in italiano significa "Abbozzi di un terzo diario". Il diario, come detto, copre gli anni 1982/1983. Il cosmopolita Frisch viveva allora a New York insieme alla sua compagna di quel periodo, Alice Locke-Carey, la Lynn del racconto "Montauk". È a lei che è dedicato questo diario, e la fine del diario stesso coincide con la fine della relazione tra il 71enne Frisch e la 40enne americana. La relazione tra Frisch e Alice rappresenta la cornice all'interno della quale Frisch inserisce una serie di illuminanti e spesso folgoranti considerazioni sugli Stati Uniti e la Svizzera, sulle vicende politiche dell'epoca (in particolare la politica dell'amministrazione Reagan e la guerra delle Falkland), sul terrore del conflitto atomico, sull'odiamata Zurigo e soprattutto sulla vecchiaia e sulla morte.
Il Frisch di questo terzo diario continua infatti a chiedersi «chi sono io?», ma la consapevolezza della vecchiaia e del lento avvicinarsi della morte lo portano a conferire a questa domanda una dimensione metafisica che negli altri due diari era molto meno marcata. La domanda «chi sono io?» diventa quindi una domanda sulle cose ultime, come ad esempio in questa nota: «Il nostro turismo, le nostre televisioni, le nostre mode, l'alcolismo, la tossicodipendenza e il sessismo, la nostra brama di consumo sotto il fuoco tambureggiante della pubblicità sono tutti segni della gigantesca noia che domina la nostra società. Come si è verificato tutto questo? Per colpa di una società che produce morte come non mai, però una morte senza trascendenza, e senza trascendenza esiste solo il presente, o per meglio dire: il "qui ed ora" della nostra esistenza come vuotezza prima della morte e al cospetto della morte». L'agnostico e asistematico Frisch sa che la risposta può essere trovata solo nel racconto («Io dipendo dalle esperienze che faccio - scrive in una delle ultime note -, ma non riesco a risolverle in concetti e quindi ricorro alla narrazione»), ma quando la risposta stessa sembra a portata di mano il diario si interrompe bruscamente. Perché è finita la relazione con la giovane Alice? Oppure perché la risposta non esiste, e le esperienze non si risolvono né nei concetti, né nella narrazione? È l'ennesimo, grande interrogativo che Frisch ci ha lasciato in eredità.
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