Cultura e Spettacoli
Sabato 14 Agosto 2010
Il piacere di leggere:
tre autori per Ferragosto
Laurana Berra, gran signora dell'editoria italiana, rievoca la prima visita di Hemingway alla Mondadori, tallonato da Nanda Pivano. Valeria Palumbo, storica delle donne, fa il punto sulle suocere celebri del passato (come Matidia, protagonista del suo ultimo libro) e del presente (si pensi a Marisa Bruni Tedeschi, madre di Carla Bruni Sarkozy, a Marian Robinson, suocera di Obama). Mario Schiani, scrittore e giornalista, ricorda le lezioni di stile, sul tema della scrittura, che impartitegli da Sergio Ferrero. Ecco come iniziano le tre pagine di grande lettura pubblicate su "La Provincia" del 15 agosto.
Un incontro speciale
Hemingway a Milano
di Laurana Berra
Negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale di Hemingway avevamo letto tutto, ma proprio tutto, quello che era stato tradotto e pubblicato in Italia di lui e su di lui. Per i giovani dell'epoca fu una vera infatuazione, quasi un'ubriacatura. Si parlava alla Hemingway (ok, baby, what do you mean?) si scrivevano bozzetti hemingwaiani, ci si immaginava di viaggiare in Africa godendo di quegli immensi spazi a confronto con le dimensioni minime, dalle mura di Porta Torre al lago, in cui eravamo inesorabilmente iscritti.
Fin dal primo istante lo scrittore riempì di sè tutta la Casa editrice. Era il più emozionante tra gli autori americani (tanti, in verità) che in quegli anni approdavano ai nostri uffici. Sempre vestito in stile coloniale di colori chiari, passava per i corridoi scricchiolando sulle scarpe di morbido camoscio che avevano in punta una lunetta di metallo, all'uso inglese, il che dava un ritmo lievemente jazzistico al suo incedere. I redattori inchiodati alla scrivania da tanti compiti ripetitivi e noiosi al suo passaggio sospiravano, sognando la savana e gli elefanti. Era davvero amato. Ricordo ancora lo smarrimento, lo sconforto e il sincero dolore quando si diffuse la notizia che era morto in un incidente aereo in Africa. Per fortuna non era vero, lui era vivo, vivissimo e più che mai mitico, sicché i necrologi rientrarono nei cassetti pronti per un prossimo uso. (...)
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Matidia e le altre,
suocere alla riscossa
di Valeria Palumbo
Se è riuscita a far abbassare Monsieur Le Président al livello delle fogne e soprattutto a farlo partecipare a una riunione di condominio dev'essere davvero potente. Marisa Bruni-Tedeschi non ha fatto una piega, nel settembre del 2008, davanti al pandemonio scatenato in Francia alla notizia che Nicolas Sarkozy si stava occupando dell'annoso (e sacrosanto, va detto) problema dell'inesistenza delle fogne nel magnifico angolo di Costa Azzurra dove ha casa: «È venuto all'assemblea condominiale per il solo motivo che è mio genero. Ci andavo sempre con mio figlio, oggi è scomparso», ha tagliato corto. E la spiegazione dice tutto: essere "genero" conta più di essere presidente della Francia. Se la suocera ordina, si obbedisce.
Non è un caso isolato. Gli statunitensi, da qualche tempo, storcono il naso davanti a Marian Robinson, madre di Michelle Obama e suocera del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Lei sì che è la suocera più potente del mondo. I media l'hanno ribattezzata «First Granny», «la prima nonnina»; in Italia abbiamo scelto un più acido «first suocera». Certo è che il controllo che forse esercita sul presidente e la Casa bianca non piace. Da noi il motivo è chiaro: l'unica, vera padrona è la mamma. Nei Paesi mediterranei, e in Italia in particolare, è quasi un sistema politico. Fu lo scrittore calabrese Corrado Alvaro, ne "Il nostro tempo e la speranza" del 1952, a parlare di "mammismo" e a indicarlo come la causa di tutti i nostri mali nazionali. In parte esagerava. In parte sottovalutava il ruolo delle suocere. (...)
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Esercizi di stile
secondo Ferrero
di Mario Schiani
Il difficile è incominciare. Ecco perché merita di essere soccorso chiunque - per buona sorte, abilità e costanza, oppure per plagio, intrallazzo e sventura - incappi in un inizio decente: ha agganciato un pesce raro, e c'è il caso che se lo faccia scappare. È questa la prima lezione che ho imparato da Sergio Ferrero. Oggi, a due anni dalla sua morte, lo comprendo con chiarezza.
Chi incomincia qualcosa merita l'occasione di finirla: se la incomincia bene, anche di più. Non è solo un premio individuale: si tratta di cosmologia. Nell'universo, troppo grande è il disavanzo tra le cose che si incominciano e quelle che vengono portate a compimento perché si possa assistere inerti al triste spettacolo di una bilancia sempre più inclinata verso il fallimento.
"Agosto alle quattro strade", un racconto a puntate uscito ne "La Provincia" durante il mese di agosto del 2005, aveva un buon inizio. Le prime pagine scorrevano "felici", avrebbero detto i critici letterari se si fossero presi la briga di dirlo. Come ero riuscito a scriverle così, non lo sapevo allora e non lo so adesso. Immagino che una serie di circostanze, forse di casualità, si fossero alleate per permetterlo. Anche qui entra in ballo la cosmologia: non escludo che ci possa essere stato, in quel periodo, un particolare e fecondo allineamento dei pianeti.
Poco importa: Sergio Ferrero, narratore, lesse quell'inizio e riconobbe che era buono. (...)
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