Cultura e Spettacoli
Venerdì 20 Agosto 2010
Lionnet, l'uomo di fuoco
che fece arrabbiare Volta
Uno storico dell'Università dell'Insubria sta ricostruendo la figura (quasi) leggendaria di Giuseppe Leoni da Parè, celebre all'inizio dell'Ottocento per i suoi spettacoli con il fuoco. Noto anche come l' "incombustibile", celeberrimo in Francia, a Como donò in beneficenza l'incasso di un suo spettacolo nel 1808. Volta lo considerava un "ciarlatano"...
Il secolo dei Lumi è anche il secolo dei Fuochi. E il secolo delle illusioni - la ragione arbitra e sovrana prima di tutte - e di conseguenza degli illusionisti. Prometeo, che ne ha rubato il segreto agli dèi, è il primo a rendersi conto che il fuoco è insieme risorsa e minaccia. E di Prometeo, nel secolo successivo, si innamorerà Carlo Marx, nientemeno. Ché siamo, qui, nel secolo del vapore e dell'elettricità, grazie anche a Volta, domata e asservita; mentre gli ultimi grandi incendi, che chiudono definitivamente la tarda età moderna, aperta da quello grandioso di Londra del 1666, fanno sorgere in ogni dove in Occidente il corpo dei pompieri. Le cui origini lontane sono francesi, ai tempi del Re Sole, ma la cui organizzazione moderna è napoleonica: i "Sapeurs-Pompiers", reclutati dalla Grande Armée, e sapientemente addestrati sul campo. D'altra parte la Parigi rivoluzionaria è attraversata da incendi, frequenti e improvvisi; la cosa si ripeterà in occasione di eventi politici disastrosi, se è vero che nel 1871 l'Opéra andrà in fumo.
Nella Francia napoleonica, tra roghi bellici e disastri naturali, uno dei maggiori illusionisti fu Giuseppe Leoni, nativo di Parè, ove nacque il 5 aprile 1778. Il suo nome d'arte, Lionnet, o Lionetto (a lungo confuso con uno spagnolo o un arabo, addirittura identificato con un "prete turco"). La sua specialità: essere incombustibile. Ovvero ingoiare piombo fuso, farsi scorrere sul corpo oggetti roventi, passare in cerchi di fuoco, camminare sui carboni ardenti. Insomma, scherzare con il fuoco. Di Leoni aveva parlato Giorgio Castiglioni in occasione del bicentenario del suo ritorno a Como nel 1808; e ora lo sta studiando la mia allieva all'Insubria Elisa Bianco. Castiglioni, bibliotecario di Parè, è grande esperto di umani incombustibili; ve ne furono prima, ma soprattutto dopo Leoni: il polacco Kolishski, presentato proprio da "Il Corriere del Lario" nel lontano 1856, erede naturale di Leoni, morto (combusto?) già da tempo.
Verrà ampiamente bollato di ciarlatano, o "ciurmatore", la nostra torcia umana parediense. Che forse non arrivò tanto lontano da ispirare la Torcia della Marvel; ma magari, chissà, il Mangiafuoco di Pinocchio forse sì. Se si domina il fuoco, quanto è facile tenere nel terrore burattini di legno! Leoni operò in Francia, principalmente. Ma quando venne a Como nel 1808 molti parlarono di lui, anche perché ebbe una straordinaria idea di marketing: donare in beneficenza ai propri concittadini gli incassi dello spettacolo.
In quest'estate 2010, in cui è morto un giornalista come Mino D'Amato, che molti ricordano per la passeggiata televisiva sui carboni ardenti, vorrei ricordare un altro giornalista scientifico del tempo, che per Leoni prese un grande interesse: Carlo Amoretti, nativo di Oneglia, ove aveva visto la luce nel 1741, e che a Como è legato tra l'altro da uno studio, fondamentale, sui tre laghi italiani. Pubblicato nel 1801. Naturalmente espressero la loro scettica opinione Volta e Giovio, ma anche vari autori napoletani, ché anche a Napoli Lionnet si esibì, con gran concorso di pubblico. D'altra parte, essere sotto la minaccia costante del Vesuvio invita a sognare, quantomeno, l'incombustibilità!
Eppure, è sempre sottile la linea tra scienza e magia. Ma soprattutto è sottilissima quella tra magia e scienza applicata, ovvero tecnologia. Se Leoni era in grado di sopportare temperature altissime, non era il caso forse di studiare le sue tecniche, i suoi trucchi, proprio nel momento in cui anche nell'Italia pre-risorgimentale e post-francese si cominciava ad avvertire la necessità di creare corpi di pompieri? Così sarà, mentre la scienza si domandava in che modo, con quali aspersioni, quali sfregamenti, rendere il corpo insensibile al fuoco, con modelli che poi la natura stessa forniva, mitologici come il drago, leggendari nella loro incombustibilità, come le salamandre. Siamo in un mondo di estremo fascino, in cui il positivismo deve ancora mettere il naso, per finire poi per bruciarselo. Siamo nel mondo che sancisce il definitivo trapasso dell'alchimia nella chimica, senza che la prima, con tutti i suoi addentellati magici, il suo fascino stregonesco, muoia mai davvero.
Leoni merita un bel libro. Mentre Lionetto si dava fuoco sul lago, tra centinaia di spettatori rapiti, e un Volta assai seccato - «questi ciarlatani attirano più di me e Davy con i nostri esperimenti seri» - nel 1808 il professor Seebeck a Jena esperimentava su carbonato d'ammoniaca e mercurio, mentre Berzelius e Pontin in Svezia si dilettavano con l'amalgama ammoniacale; insomma, a caccia di ignifughi chimici, scientificamente, sia pure. Ma nei nomi stessi non risuona l'allegra marcia dell'apprendista stregone di Disney? Da Parè a Parigi, Leoni brucia e sopravvive. O almeno ci prova. Dargli l'etichetta di «ciarlatano comasco» come ha fatto Piero Gambaccini in un libro del 2000 ("I mercanti della salute") poco giova alla storia, anche della scienza. Lionnet morì bruciato? Una traccia la dà Auguste Debay, medico divulgatore e appassionato di umane mostruosità, che in un libro del 1862 "Historie naturelle de l'homme et de la femme", parla di un incombustibile che si fa chiudere in un forno, non preparato da se stesso, e che ne viene tirato fuori semi mummificato. Ma sarà stato Leoni? Il mistero rimane. Nel 1840 all'Opéra Daniel Auber manda in scena "Zanetta, Ou Jouer avec le Feu". Ma già anni prima l'incombustibilità era entrata in letteratura: con una "parade" del 1828 di Nicholas Brazier. Difficile resistere all'ardore letterario. Che brucia anche assai meno.
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