Cultura e Spettacoli
Domenica 22 Agosto 2010
Le follie di Mr. Kellog,
il profeta della salute
In un libro, le incredibili pratiche adottata nella clinica dell'inventore dei corn flakes.
Il suo nome, stampato su milioni di scatole di cereali per la prima colazione, è sinonimo di salute e dieta, in un'accezione virtuosa che nessuno di noi oserebbe disgiungere dal concetto di equilibrio e piacere di vivere. Invece John Harvey Kellogg, inventore dei celeberrimi fiocchi di mais - che però furono commercializzati dal fratello Will, e diedero origine a una feroce guerra per il controllo del marchio - e a cascata di tutta la progenie di prodotti analoghi, fu sì un medico salutista, riformatore dei costumi alimentari degli americani, ma fu pure un fanatico propugnatore di teorie e pratiche estremistiche - e ben poco scientifiche - che andavano dall'alimentazione vegetariata a oltranza all'attività fisica sottozero, dalla somministrazione di scariche elettriche a quella di torrentizi clisteri, dall'astinenza sessuale alle mutilazioni genitali. Un personaggio che si presta a ritratti sopra le righe, già raccontato con accenti farseschi dal regista Alan Parker nel 1994 in "Morti di salute (The road to wellville)", e al quale ora dedica un libro il filologo Silvestro Ferrara, che firma per la collana "I cattivi" dell'editore Bevivino "Mai dire mais", una biografia del dottor Kellogg tanto colorita quanto documentata.
Kellogg era una specie di santone della salute, che metteva nella divulgazione della sua dottrina lo zelo e l'intransigenza che gli venivano da una formazione più mistica che scientifica. Ellen White, profetessa della Chiesa avventista alla quale si erano convertiti i suoi genitori, era stata la sua protettrice e lo aveva avviato agli studi di medicina. Era stata anzi una visione di lei, una vera visione mistica, a indicare fra le missioni pastorali della Chiesa il risanamento dei costumi alimentari degli americani.
Che erano, in effetti, poco salubri. A metà dell'Ottocento - Kellogg venne al mondo nel 1852 - l'America era la terra dell'abbondanza. Il cibo - soprattutto la carne di maiale - abbondava in ogni casa, anche quelle più modeste. «In un miracolo di uguaglianza, per la prima volta nella storia anche i poveri potevano ruttare soddisfatti a fine pasto, diventare obesi, affaticare il cuore e trascorrere notti in preda agli incubi, proprio come i benestanti», scrive Ferrara. L'effetto sulla salute pubblica era devastante: «Molti perdevano completamente i denti prima dei trent'anni, e l'intera nazione era in preda alla dispepsia cronica». Avviato agli studi di medicina, Kellogg si mise sulle orme dei primi riformatori salutisti dell'epoca, fra cui Sylvester Graham, che bandirono alcool, tabacco, carne e grassi, tè e caffè dalla dieta dei loro accoliti, promuovendo un'alimentazione quasi esclusivamente a base di vegetali. Nel 1876, dopo un viaggio in Europa dove venne a contatto con le più fantasiose teorie salutiste, John Harvey Kellogg tornò a Battle Creek, capitale Usa degli Avventisti, per farsi carico della gestione di un centro di idroterapia (un'altra delle mode dell'epoca) che i White avevano avviato con scarso successo. Il giovane medico divenne così un fenomenale imprenditore della salute, capace di mettere in piedi un impero economico che ruotava attorno al suo Sanitarium, dove, forte dell'aura del guru, infliggeva le proprie terapie a migliaia di pazienti. «Alto sei piani, con un atrio scintillante ampio quanto mezzo campo da football, il Sanitarium era dotato di centinaia di camere attrezzate, decine di sale e palestre di ogni genere, laboratori, ascensori (...) L'edificio principale era un susseguirsi di vetrate lucenti, ariose verande, parchi, sentieri e fontane per oltre mezzo miglio» oltre a numerose piscine. Quello che succedeva lì dentro, per molti versi, si potrebbe archiviare sotto la voce sadismo: Kellogg era un estimatore della pratica igienica del clistere, che prescriveva per cinque volte al giorno - e con macchinari capaci di erogare fino a 56 litri di acqua e paraffina - ai suoi pazienti e ai quali a sua volta si sottoponeva con una solerzia che, osserva Ferrara, probabilmente celava un'inclinazione più tardi descritta dai sessuologi come clismafilia. Perché, per il resto, Kellogg era del tutto casto (non consumò nemmeno il suo matrimonio, durato 40 anni) e pretendeva dai suoi ospiti il medesimo stile di vita, ricorrendo persino a bisturi e suture per disincentivare gli appetiti sessuali dei propri adepti.
La deprivazione era la regola anche a tavola: i ricoverati al Sanitarium erano sottoposti a diete insensate con pretese disintossicanti. Per le prime due settimane di degenza si poteva mangiare solo psillio, «un seme idrofilo dalla consistenza gommosa e incredibilmente amaro che, giunto nello stomaco si espandeva a dismisura», oltre a un'alga giapponese che fungeva da spazzino della viscere e a yogurt. Seguivano una dieta a base di latte e una a base d'uva. «Concluso il trattamento, la possibilità di cominciare a ordinare, come gli altri, consommè di piselli o frittelle di prugne secche, veniva accolta come una liberazione».
Ma il repertorio delle sevizie del dottor Kellogg includeva esercizi fisici e pennichelle al gelo, l'uso della poltrona fisiologica, che costrigeva i malcapitati a atroci contorsioni, spossanti sedute di vibroterapia con l'ausilio di macchinari elettrici, bagni sinusoidali - con le sedie fisiologiche collegate alla corrente elettrica e gambe e braccia immerse nell'acqua - e persino l'elettroshock. «Anche se ormai è impossibile accertarlo - scrive Ferrara - pare che al Reparto elettrico si siano verificati degli incidenti mortali». Sedotto dai progressi della scienza, dopo aver conosciuto i Curie a Parigi l'ineffabile Kellogg aveva persino introdotto le inalazioni di radio a scopo terapeutico...
La sua fortuna ebbe battute d'arresto, soprattutto quando un incendio distrusse il Sanitarium. Ormai in rotta con la Chiesa avventista e con Ellen White, Kellogg strascorse i suoi ultimi anni contendendo al fratello e ad altri concorrenti i diritti per la fabbricazione e la vendita dei fiocchi di mais che ancora oggi portano tutti i giorni il suo nome sulle tavole di tutto il mondo.
Silvestro Ferrara, «John Harvey Kellogg. Mai dire mais», Bevivino, 123 pag., 9 euro.
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