Cultura e Spettacoli
Giovedì 26 Agosto 2010
Quando Malaparte
criticò piazza Cavour
Mentre a Milano è in corso la mostra "Malaparte. Arcitaliano nel mondo", alla biblioteca di via Senato (info: 02-76215323), in cui è proposto l'intero archivio dello scrittore de "La pelle", si scopre che il narratore aveva un debole per il Lario e la Brianza. E che, nel '55, prese posizione - sul "Tempo" - sul ridisegno di piazza Cavour e sulla ricostruzione dell'Hotel Barchetta.
Il mese scorso ha tenuto banco per diversi giorni sul nostro giornale e sulla stampa locale, il dibattito sul progetto vincitore del concorso internazionale di idee per il nuovo lungolago, compresa piazza Cavour, dell'architetto Cino Zucchi.
Dibattiti e soprattutto polemiche hanno sempre accompagnato qualsiasi intervento che riguardasse la zona a lago e piazza Cavour in particolare, il "salotto buono" di Como, perennemente in cerca di una adeguata fisionomia e di una stabile destinazione. Una volta la polemica ha assunto anche i toni del paradosso, quando a scendere in campo è stata una delle figure più personali e controverse della cultura del Novecento. Ci riferiamo allo scrittore e giornalista Curzio Malaparte, alias Kurt Erich Suckert, l'anticonformista e irriverente autore del "libro scandalo" "La pelle e di altri scritti".
Presso la Biblioteca di via del Senato a Milano è, tra l'altro, in mostra fino al 26 settembre l'Archivio Malaparte, costituito da circa 300 faldoni contenenti manoscritti e dattiloscritti originali dei suoi lavori editi e inediti, articoli di giornale, lettere e fotografie.
Nato a Prato nel 1898 da padre tedesco e madre lombarda, Malaparte viene definito da Giancarlo Vigorelli «brianzolo involontario e occasionale», in riferimento agli anni dell'adolescenza(dal 1911 al 1915) trascorsi a Carate Brianza di cui comunque Malaparte serbava «un ricordo felicissimo», fatto di giochi con i compagni e di lunghe gite in bicicletta: «Carate, Como, Menaggio, Porlezza, Carate, in un sol giorno». Nell'estate del 1955, nell'imminenza dei lavori per l'abbattimento dell'albergo Barchetta e la costruzione di un moderno edificio, anticipazione delle successive sistemazioni della piazza, egli interviene in difesa del vecchio albergo, che esisteva fin dai tempi del porto.
Nella rubrica "Battibecco", da lui curata per il rotocalco "Tempo", seguitissima dai lettori per il contenuto spregiudicato e le annotazioni polemiche, dedica alla nostra città un provocatorio articolo che con pungente ironia intitola: "Nipoti di Barbarossa", elevando un invito ai comaschi, quasi fosse un grido, a non distruggere piazza Cavour.
Già in apertura dichiara: «Fra i tanti progetti in corso per distruggere l'antica familiare, dignitosa, serena, poetica bellezza delle città italiane, v'è quello di fare della piazza Cavour di Como (…) uno di quei tanti banali, anonimi, e stupidi "centri cittadini", che rodono, come un cancro, il cuore delle più gloriose città d'Italia (…). Le vecchie case che fronteggiano il lago (e se non si possono dir bellissime si può almeno dire che han la bellezza della Lucia manzoniana, fatta di modestia, di pudore, di semplicità, di onestà: ecco la parola: onestà), tra le quali l'antico Albergo Barchetta, spariranno». E continua sostenendo: «Non discuto se i nuovi edifici in cemento armato (…) saranno belli o brutti: mi limito a dire che la manzoniana Lucia, senza la sua raggiera di spilloni, e vestita al modo cittadino, non sarebbe più quella che piaceva a Renzo. Ed io son come Renzo Tramaglino: per me Como ha da vestire alla comasca».
Conclude poi il pezzo con questa affermazione ad effetto: «Se conoscessi di persona il Sindaco di Como (…) gli domanderei quale sia la ragione segreta, o la segreta ambizione, che lo spinge ad agire come se fosse il nipote di Barbarossa. Egli mi potrebbe rispondere che il Barbarossa non ha distrutto Como, ma Milano. Lo so. Ma crede egli forse che i nipoti di Barbarossa siano soltanto a Milano? Ce ne sono in tutte le città d'Italia, e, purtroppo, anche a Como».
Una simile presa di posizione non passa inosservata. Sono i due giornali locali "La Provincia" e "Il Corriere della provincia" a inserirsi nella polemica, sostenendo le scelte dell'amministrazione.
Il nostro giornale, spesso critico nei confronti delle decisioni prese dalle autorità locali, non sposa la causa di Malaparte e, pur con una velo di malinconia, ribatte in un articolo: «S'è reso conto che forse quelle case che egli difende è stato il tempo, lo scorrere lento del tempo a renderle patetiche e oneste? Egli non pensa che tutto diventa bello (…) proprio perché è davanti a quello scenario incomparabile che è il lago?». Ferma e decisa è la difesa del Corriere della provincia, che pubblica integralmente il pezzo di Malaparte.
Nella replica viene asserito: «Se poeticamente valide sono le ragioni espresse da Malaparte (…) lo sono meno agli effetti pratici. Perché questa nostra onesta Como dovrebbe essere deturpata dal soffio innovatore? Ne soffrirebbe forse la bellezza del paesaggio? Non crediamo. Potremo dire addio al vecchio ristorante Barchetta(…) ma non potremo come comaschi e forse perché comaschi dolerci e dissentire che la città si rinnovi».
A novembre, quando hanno inizio i lavori per la demolizione dello stabile, La Provincia ne riassume la storia, dando all'albergo «un addio appena accennato, pur con contenuto rimpianto».
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