Cultura e Spettacoli
Martedì 28 Settembre 2010
Perfetto giorno d'illusioni
nell'Olimpo degli scrittori
Tra gli eletti del Perfect Day della scuola Holden di Baricco, a Torino, c'era anche l'erbese Filippo Pozzoli. Il giovane scrittore narra con ironia, curiosità e molto disincanto, le lezioni di Paolo Giordano & Co.
>Dacché la perfezione, saggezza orientale, non esiste, una sedicente cosa perfetta deve quantomeno aver qualcosa di straordinario. E un giorno perfetto, anzi, un Perfect Day inizia per l'appunto otto giorni prima, con l'email: «La Scuola Holden e Müller sono lieti di comunicarti che sei stato selezionato per partecipare alla seconda edizione del Perfect Day che si terrà alla Scuola Holden di Torino sabato 25 settembre 2010. Ti chiediamo di presentarti alle ore 8.30 per la registrazione, si raccomanda la puntualità».
Alle 8.47 dell'ultimo sabato mattina, mentre abbandono il pittoresco casello di Chivasso maledicendo il Menù Mattina degli Autogrill e l'inconscia coercizione ad una colazione completa quando hai l'intenzione di un caffè da un minuto, mi domando se per un'alcova di scrittori il noto quarto d'ora accademico si spalmi alla mezz'ora o se la mia levataccia sarà paga di trecentotrenta chilometri a vuoto.
Con mia buona pace sono tra i primi, sicché ho modo di acclimatarmi e, soprattutto, di capire cosa ci son venuto a fare fin qui. Dicasi Perfect Day un giorno intero alla Scuola Holden di corso Dante, l'accademia di scrittura fondata (e sempiternamente retta) dal monumentale Alessandro Baricco nel 1994 e attraccata negli anni dalla più parte dei premi Strega, Campiello e altre blasonerie di prestigio da tutta la penisola nelle vesti di precettori ai corsisti, solitamente – et voilà me medesmo – scrittorucoli dai grandi sogni ed eterne promesse della letteratura. Nel giorno imputato, i guru scritturati rispondono ai cognomi dello stesso Baricco, De Cataldo, Giordano, Piccolo, Agus, Fois, Lucarelli, Scurati. A chi scrive la sorte affida i primi tre.
Andiamo con ordine.
Ore 9.55 il fascinoso preside si presenta a noi astanti nello Spazione (la più ampia delle quattro aule della scuola, cui si aggiunge una biblioteca che non lo diresti mai, ma delude: quella della mia Scuola Media «Aldo Moro» la doppia) e con il brio di chi comanda e introduce il suo intervento: Faulkner e la complessità del raccontare. Sviscerandone paragrafo a paragrafo "L'orso" (nella raccolta "Go Down, Moses"), Baricco isola la voce scomoda dell'autore, come un cozzare di sassi che non trascina il lettore morbidamente nel rivolo degli eventi ma lo tiene sulle spine, mescolando finemente "Hemingway e l'ecclesiaste", con non celati tributi ad un'oralità tipica del Sud bianco e machista. Si scopre così l'effetto Faulkner, un superbo artificio di tecnica letteraria che impone al lettore la velocità di lettura nell'incalzare del tono, senza divagazioni né personalismi possibili. Un fascino aggiunto a quello del relatore, che saprebbe tenere il fiato sospeso ad un'intera platea anche declamando la sua lista della spesa. Come stupirsene, del resto, dall'uomo che ha scritto Novecento.
Segue la dissertazione l'intervento di Paolo Giordano, giovane fisico la cui opera prima ha saputo scuotere alle radici critica, pubblico e salotti buoni. Pragmatico e guascone, l'autore torinese sbobina "Tutto il bene possibile", breve racconto nell'antologia "Undici solitudini" di Richard Yates (proprio quello di "Revolutionary Road"), impostandone la lettura non sulle indubbie godibilità e modernità ma sulla ricerca degli artifici che ne determinano l'efficacia. Cominciando dal titolo, fondamentale dal distico alla saga familiare, in questo caso un richiamo sinistro al perbenismo di facciata del mondo della circostanza verso gli intimi turbamenti che precedono uno sposalizio (leggere per intendere, ché non fa male, i riferimenti li trovate sopra). Si passa poi all'incipit, che, ci insegna, deve essere arioso e carico di tensione, come una molla che spinga il lettore verso le pagine a seguire, schifando blande descrizioni o azioni statiche. Finezza, poi, è l'utilizzo di riferimenti concreti a luoghi fisici a dare solidità e spessore alla vicenda tutta – dogma di cui ho fatto biecamente tesoro citando Chivasso e l'Aldo Moro, e già sento il dantesco alloro dorarmi la fronte.
Pausa pranzo in sede con una variegata miscellanea di sapori che volano tra il verace vernacolo e i profondi misteri d'Oriente (piatto forte una sorta di couscous alla livornese, o giù di lì) e gran finale di dolci made in Müller. Mi accattono un paio di mignon chantilly e mirtillo (per la merenda, si sa mai…) e si riparte.
In balia del classico abbiocco mediterraneo (e per questo, prontamente, in ultima fila esterno destro, come al Politecnico) mi accingo a seguire la lezione di Giancarlo De Cataldo, autore di "Romanzo Criminale"- nello stupore generale dei più, che mai avrebbero creduto ci fosse un vero romanzo a monte della placidiana pellicola. Tema, manco a dirlo, è il Romanzo stesso, dalla genesi alla trasposizione in fiction. Definito dal padre stesso un quasi – romanzo di formazione (l'epilogo, per i più attenti, è un tributo all'"Education Sentimentale" di Gustave Flaubert), nasce dall'idea di tratteggiare attraverso gesta di criminali e dal loro innovativo punto di vista uno spaccato dell'Italia dalle bombe a piazza Fontana ad oggi. Caratteristica peculiare è l'ossessione verso i personaggi, che rendono il mestiere dello scrittore impiegatizio e di fatica. Laconica la conclusione, a citare William Somerset Maughan: «Ci sono tre elementi che assicurano il successo ad un'opera letteraria». Pausa. Orecchie tese, penne pronte. «Sfortunatamente, nessuno li ha ancora scoperti». Il Perfect Day si conclude con un dinner party noblesse oblige al Club Scherma, zona Parco del Valentino. Qui, mestamente diviso tra l'altezzoso atteggiarmi e l'evidente sostanza di pesce fuor d'acqua, stringo amicizia con Giordano, il quale, interpellato come un oracolo sul mio futuro, risponde che lui ora scrive, ha smesso di pensare alla fisica, molta più gente lo ferma per strada e gli sono pure ricresciuti i capelli. Perla di saggezza per il mio viaggio di ritorno, chissà, ab tam tenui initio...
(* Studente del Politecnico, 21 anni, di Erba. Scrittore, ha vinto il Premio Chiara Giovani nel 2008)
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