Cultura e Spettacoli
Domenica 03 Ottobre 2010
Un giorno di felicità
narrato da Caramel
Il critico d'arte comasco, insignito del "Premio Sulmona 2010", è curatore della mostra "Miniartextil", ispirata al racconto di Isaac Bashevis Singer. Ecco l'intensa analisi di quel testo intriso di gioia e di sconforto.
In corso a Como, all'ex chiesa di san Francesco (largo Spallino) e in altre sedi, "Miniartextil" prosegue fino al 21 novembre (orari: mar-dom.; 11-18. Chiuso: lunedì. Infoline: 031.30.56.21)..
Un giorno di felicità<+G_TONDO>. Il titolo/tema di questa nuova edizione di "Miniartextil", la ventesima, è mutuato da quello di un libro del 1963 di Isaac Bashevis Singer, nel quale lo scrittore polacco, Premio Nobel nel 1978 per la letteratura rievoca episodi svoltisi nei primi quattordici anni della sua vita, quando viveva, povero, in un quartiere poverissimo del ghetto di Varsavia, dove nel 1908, quando aveva tre anni, si era trasferito con la famiglia e dove il padre, ebreo chasidim tradizionalista osservante, rigoroso e severo nel praticare la sua fede, studioso dei libri sacri e dei testi del chasidismo, svolgeva la sua missione di rabbino.
Il tono del libro, come di tutti gli altri di questo grande e singolare autore, è sereno e come rassegnato, non gioioso e pessimista. Illuminante la risposta a Romano Giachetti che lo interrogava per "Epoca" all'indomani dell'assegnazione del Premio Nobel: «Passano gli anni, vengono e vanno i giorni, noi siamo qui, puntini meravigliati di essere vivi. Nemmeno un premio modifica la natura. E non ce la fa nemmeno un premio Nobel, specialmente se del tutto immeritato come il mio...». «Che mondo meraviglioso -, ha scritto da par suo Henry Miller nell'introduzione alla versione di un altro libro dello scrittore, "Gimpel l'idiota", edita da Longanesi, che cito dalla premessa di Francesca Boesch all'edizione, con la sua traduzione, nei Tascabili Bompiani - un mondo terribile e splendido quello di Isaac Bashevis Singer. Dio lo benedica! Non si sa bene da dove cominciare, non si sa se cantare, danzare o gridare».
«Sia ch'egli scriva di una prostituta, di un ladro, di un assassino, di un apostata,o di chiunque altro, Singer immerge il suo personaggio in un'aura di santità (...). Persino i logori e familiari oggetti della casa e dell'officina, o della bottega, sono immersi in questa luce calda di religiosità e di rispetto. Il tempo qui non ha alcun peso. Questi personsaggi emergono vivi dall'eternità dell'ebreo».
Su siffatto registro è il terzo capitolo, che dà al libro il titolo "Un giorno di felicità". Narra di un girovagare senza direzione, motivato solo dal girovagare stesso che Isaac compie un certo giorno in cui, per un piccolo lavoro, con "gioia" si trova «in possesso di un rublo intero», e cioè di cento kopechi tutti in una volta, quando invece abitualmente aveva dai genitori un solo kopeco per anadre alla scuola ebraica. "Tesoro" che dilapida per prendere una carrozza senza sapere dove andare, per acquistare dolciumi, che distribuì anche, in piccola parte, a dei bambini, sentendosi «come un ricco e nobile signore che elargisce beni a chi non ne ha». Per tornare poi a casa a piedi, senza un soldo, amareggiato per avere, «quel giorno commesso molti peccati»: «non avevo recitato nessuna preghiera prima di mangiare le caramelle, non avevo dato nemmeno un centesimo di tutti i miei soldi a un povero... ero stato ingordo e avevo goduto solo io».
Non diverso il tenore di un altro capitolo, il sesto, suggestivo e carico di fantasia, fin dal titolo "Alla ricerca delle mucche selvagge".Delle quali parlava a Isaac l'amico Boruch-Dovid, incuriosendolo, fino a fargli desiderare di vedere davvero, come gli aveva promesso. Ma che esistono solo nell'immaginazione di Boruch-Dovid, come Isaac è alla fine costretto a constatare. Non però senza essere rimasto stupito e attratto dalla natura, gli animali, i prati, i fiori, le montagne, il fiume, il cielo «vasto, esteso come l'oceano, che scendeva fino alla terra come una tenda protettiva», che mai aveva visto. «Non avevo ancora visto una mucca selvaggia», ricorda e scrive Singer, «tuttavia avevo ho già visto molte cose meravigliose e strane». «Il mondo è veramente pieno di cose meravigliose», esclama sorpreso ed estasiato. Poi viene il momento del ritorno e Isaac, quando scorge «che si accendono della luce rossa e oro del tramonto le fine della Cittadella», di cui aveva «sentito parlare» come del «luogo dove erano stati imprigionati quelli che avevano tentato di detronizzare lo zar di Russia» e che aveva notato lungo il cammino con «un senso di grave timore», «pare di vedere i loro occhi», per cui, è la conclusione del racconto, «di colpo ogni cosa avviene avvolta dalla tristezza e dal senso di paura superstizioso della vigilia del Sabato, quando scende la sera...». Dove, in filigrana, traspaiono memorie per Singer non troppo remote, non rimosse né rimovibili. Come afferma Henry Miller nel testo succitato, Singer «scrive negli Stati Uniti a partire dal 1935, ma trae ispirazione e materiale dalla Polonia. Anche quando scrive di Miami o di Brownsville, nei suoi racconti v'è il sapore dello shtetl» - il «villaggio o piccolo paese abitato esclusivamente o prevalentemente da ebrei in Lituania, Polonia e Ucraina», come ricorda il "Glossario" pubblicato in appendice all'edizione citata di "Un giorno di felicità" - che «costituisce lo sfondo della maggior parte della letteratura in jiddish (l'antica lingua, formatasi nei primi secoli del secondo millennio, di milioni di ebrei tedeschi aschkenaziti, come appunto anche Singer, tra gli ultimi a usarla, prima della totale sua sostituzione da parte dell'ebraico) dell'Ottocento e del primo Novecento, un mondo distrutto dai nazisti». La "felicità" del titolo - non a caso suggerito dall'artista Giuseppe Coco, amico e collaboratore di "Miniartextil", il cui carattere pensoso, di chi la vita conosce e sa affrontare nonostante tutto senza radicali pessimismi, ma anche senza ingiustificati ottimismi - va quindi inteso con un'elasticità non totalizzante.
(© Luciano Caramel e «Miniartextil 2010»)
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