Cultura e Spettacoli
Giovedì 07 Ottobre 2010
Il Nobel della letteratura
al peruviano Vargas Llosa
Lo scrittore, 74 anni, è stato premiato dall'Accademia svedese per aver saputo esprimere "la cartografia della struttura del potere e per le sue immagini affilate dalla resistenza dell'individuo, della sua rivolta, e del suo scacco". Una letteratura fortemente ideologica, di critica radicale appunto del potere ma senza alcuna rinuncia alle infinite sfaccettature delle persone e ad una grandissima capacità descrittiva. Nel 1993 ha assunto la cittadinanza spagnola dopo la fallita esperienza politica. In Italia - dove è pubblicato da Einaudi - ha avuto nel 2004 il Premio Grinzane Cavour. Guarda l'annuncio della premiazione e leggi l'intervista - inedita - fatta per La Provincia allo scrittore, alla fine dell'agosto scorso.
Alto, imponente, austero: così si presenta lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, ma subito la severità del suo aspetto accentuato dai folti capelli grigi accuratamente pettinati con la riga sulla sinistra che danno al suo volto un che di statuario, si stempera in un grande sorriso. Elegantissimo con i suoi settantaquattro anni carichi di fascino latino, gentilissimo di quella gentilezza che solo un vero signore sa esprimere con tanta classe, Mario Vargas Llosa, considerato uno degli scrittori più importanti del mondo, Premio Nobel per la letteratura 2010, a fine agosto ha ricevuto in Italia il Premio Viareggio Versilia 2010, che viene assegnato ogni anno "a una personalità di fama mondiale che abbia speso la vita per la cultura, l'intesa tra i popoli, il progresso sociale e la pace".
Scrittore, saggista, giornalista e politico quando il Perù sembrava declinare in oscuri travagli partitici, Mario Vargas Llosa è un romanziere che in una trentina di libri, da La città e i cani (1963) fino a le Avventure della ragazza cattiva (Einaudi 2006) transitando da Storia di Mayta, ha tracciato una mappa insolita e attenta del mondo sudamericano.
Giovane scrittore in cerca di esperienze nella Parigi degli anni Sessanta, amico ed estimatore di Sartre e di Garzia Marquez nonostante abbia sviluppato nel tempo nei confronti degli stessi una posizione critica, Vargas Llosa impersona il tipo di intellettuale puro che cerca nella letteratura l'anima delle cose. Ed è anche uno dei protagonisti della vita culturale e civile contemporanea impegnato su questi temi oltre che un difensore della cultura a tutto campo, perché dice “ Comunicare è indispensabile. Solo con lo scambio delle idee si raggiungono intese proficue “.
E' questo che l'ha portata a scrivere che una società in cui la letteratura è relegata ai margini della vita privata e sociale, è una società destinata a diventare spiritualmente barbara e a mettere in pericolo la propria stessa libertà?
La letteratura dissemina la fantasia, l'immaginazione e lo spirito critico della gente. Quando leggo un gran libro, una gran romanzo, una grande poesia, una bella commedia o tragedia teatrale, scopro che il mondo è malfatto, che è pieno di ingiustizie, di cose che non vanno bene, ed è povero in confronto al mondo che crea la letteratura e questo fa si che diventiamo critici del mondo reale. Questa è la ragione per cui tutte le dittature hanno creato sistemi per controllare gli scrittori e la letteratura come se fosse uno strumento pericoloso per il potere.
La letteratura può essere davvero pericolosa?
Si, può essere pericolosa perché la letteratura propaga idee rivoluzionarie, grandi ideali e fantasie. Il suo spirito critico è molto importante per mantenere viva la trasformazione costante di una società, e ne fa un organismo non manipolabile dal potere. La letteratura e la cultura in generale sono lo strumento fondamentale per mantenere viva la libertà e l'insoddisfazione umana, strumento indispensabile per le rivendicazioni popolari.
La letteratura sudamericana, in che cosa si differenzia dalla letteratura occidentale?
Credo che non ci sia una differenza sostanziale. La letteratura riflette delle problematiche e la differenza è nei problemi che affrontano i paesi europei e i paesi del Terzo Mondo, ma allo stesso tempo queste letterature hanno un denominatore comune soprattutto nell'era della globalizzazione. La differenza consiste nel fatto che nell'America Latina, per esempio, è viva l'idea che la letteratura aiuti a risolvere i problemi e nello stesso tempo sia un intrattenimento. In Europa invece oggi prevale una concezione più ludica della letteratura che è figlia della cultura postmoderna.
Perché nel 1990 improvvisamente ha deciso di occuparsi di politica e si è candidato alle elezioni presidenziali peruviane?
Feci politica per tre anni dal 1987 al 1990, in una circostanza molto speciale. Non sono un politico, e agii da liberale perché il conservatore guarda al passato e pensa che sia il modello giusto e crede nella libertà dell'errore. Il liberale guarda al futuro, crede nella libertà e nel cambiamento. Liberale significa tollerante, accettare la diversità, il pluralismo, il gradualismo, respingere ogni forma di autoritarismo che credo sia il grande nemico di paesi come il mio e di tutta l'America Latina, dove la tradizione autoritaria è molto forte è occorre combatterla, contrastarla. La mia fu un'esperienza ingrata perché avevo poca attitudine per la politica, ma fu comunque un'esperienza istruttiva.
Il rischio di autoritarismo secondo lei, è presente anche in Italia?
Credo che, disgraziatamente, sia in corso nel vostro paese una involuzione autoritaria con il consenso popolare, e nonostante il fracasso degli oppositori del governo che non è stato capace di soddisfare le attese pubbliche, si è creato un clima propizio per un ritorno dell'autoritarismo. Che, a quanto ne so, è molto combattuto, soprattutto per dissolvere le illusioni che l'uomo forte possa risolvere i problemi. E' una forma di chimera collettiva.
Lei all'inizio è stato un simpatizzante della politica di Fidel Castro, ma poi ha criticato i suoi metodi e si è allontanato da lui. Da cosa è nato il disaccordo e la condanna e come vede il futuro Cuba?
Con orrore. Cinquantadue anni di dittatura hanno condizionato la vita di tre generazioni di cubani che non conoscono nient'altro che un regime verticale, autoritario e la censura che ha portato Cuba alla miseria tremenda con una gerontocrazia e una nomenclatura completamente anacronistica che ha evirato un intero paese. E pensare che nel 1959 credevamo che si potesse avere giustizia, libertà e il socialismo: una vocazione sbagliata. Ho preso coscienza degli orrori della dittatura cubana sin dagli anni Sessanta.
Pensa che alla morte di Castro si verificheranno nell'isola cambiamenti radicali?
Credo di si. Fidel è il mito che mantiene intatta la situazione. La sua morte creerà senz'altro un cambiamento che si spera possa avvenire senza violenze fra i cubani.
Da liberale quale democrazia vede più vicina alla democrazia ideale?
E' speciale il caso dei paesi nordici. Sono paesi che hanno trovato un sistema che garantisce la libertà, la competenza e allo stesso tempo elimina la disuguaglianza mostruosa che condiziona la libertà economica e la libertà di mercato. Il caso della Svezia è il più interessante. Ha saputo transitare dal socialismo al liberalismo, mantenendo gli aspetti positivi del primo sistema: istruzione e sanità pubbliche, un buon sistema pensionistico, l'attenzione dello Stato agli strati più deboli della società. Ma anche in America Latina il caso del Cile è interessante, e nasce dal consenso a favore di una politica liberale che ha attratto in Cile molti investitori. Così un paese con poca ricchezza può convertirsi in un paese prospero. Allo stesso tempo i paesi ricchi, e che si sono impoveriti brutalmente per la stupidità politica come l'Argentina hanno rischiato derive drammatiche.
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