Rinascimento di Como
svelato in... Svizzera

Dopo le polemiche della scorsa estate, per l'assenza di interesse di Como nei confronti del restauro di un prezioso stendardo e della ri-scoperta di due tele di Luini in Duomo (leggete l'allegato), sta per iniziare a Rancate la più attesa mostra della stagione, tra Lombardia e Ticino. L'abbiamo visitata in anteprima con il nostro critico Alberto Rovi, che la promuove e la giudica una "mostra vera", a differenza di quelle che vanno oggi per la maggiore, "preconfezionate".

di Alberto Rovi

Preannunciata da tempo, non senza qualche polemica, sarà visitabile dal 10 ottobre 2010  al  9 gennaio 2011  alla Pinacoteca Züst di Rancate, presso Mendrisio, la mostra "Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini", curata da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi.
Tema, inedito, della mostra è l'aggiornamento dell'arte in Canton Ticino dal secondo decennio del Cinquecento grazie all'impulso impresso dalle opere di due artisti lombardi, il Bramantino e il Luini.
È una vera "mostra", a lungo pensata e studiata, frutto di ricerche e scoperte, non come tante mostre preconfezionate, e incapaci di farsi promotrici di ulteriori slanci, di cui il pubblico italiano si accontenta e bea. Eppure italiani sono gli studiosi che l'hanno curata e la base di molte novità sta nelle tesi di laurea di studenti dell'Università degli Studi di Milano. Italo-svizzero è il territorio sul quale si appunta l'attenzione della ricerca coinvolgendo anche Como, dalla cui diocesi in gran parte dipendevano le terre ticinesi con le loro chiese, ricettacolo di opere d'arte. Finalità e merito dell'iniziativa è proprio quello di essere ispirata alle opere diffuse nel territorio e al territorio rilanciare l'attenzione con una guida alle chiese del Canton Ticino attraverso ventisei itinerari pubblicati in altrettanti depliant attraverso i quali, anche a mostra conclusa, si potranno rivedere le opere esposte e quelle rimaste in loco come gli affreschi. Il doppio catalogo è pensato infatti come testo scientifico sulla esposizione e come guida ai luoghi d'arte del Rinascimento ticinese.
Le terre ticinesi a lungo, nel Quattro e nel primo Cinquecento, accettarono l'operato di artisti attardati, come Antonio da Tradate e ancor più  i Seregnesi, su formule tradizionali e su stilemi del gotico internazionale che nella divulgazione  andava sempre più perdendo la carica espressiva e gli scatti di eleganza degli ambienti di corte in cui era stato elaborato. Se la cultura rinascimentale attecchìta nel secondo Quattrocento in Lombardia, dopo che i centri di Firenze, Urbino, Padova, Ferrara, l'avevano elaborata e diffusa con la concezione prospettica dello spazio e il recupero delle proporzioni armoniche sulla scorta di modelli antichi, il Ticino aveva accumulato un ulteriore ritardo. La mostra rivela la virtù catalizzatrice di grandi artisti come il Bramantino (con la "Fuga in Egitto" dal santuario della Madonna del Sasso all'Orselina), con quello stile personalissimo e inimitabile, fascinoso nel suo carico di mistero, e il più colloquiale Luini, la cui vena naturalistica e affabulatrice ammaliò il pubblico e gli artisti convertendoli a un nuovo linguaggio, le cui modalità narrative di chiarezza didascalica e popolare avrebbero avuto successo per oltre un secolo nell'arte religiosa lombarda. Del Luini si ricostruisce lo schema del  polittico di San Sisinio a Mendrisio recuperando una tavola. La mostra esordisce da due miniature su atti della cancelleria ducale di Milano che riflettono la maturazione stilistica dal tardo gotico al rinascimento. Da Parigi arriva l'arazzo con Giulio Cesare che riceve la testa di Pompeo su cartone di Bernardino Zenale tessuto da Antonio Maria da Bozzolo.
La Pinacoteca di Como ha prestato l'affresco dei Santi Cosma e Damiano d'autore lombardo, mentre dal Duomo di Como arrivano in mostra le tele di S. Sebastiano e S. Cristoforo che dopo decenni vengono riattribuite con convinzione al Luini ed uno stendardo restaurato per l'occasione dedicato dalla Confraternita dello Spirito Santo con ritratti dei committenti e la Discesa dello Spirito Santo attribuiti a Bartolomeo da Ponte Tresa, uno dei migliori artisti locali con Domenico Pezzi e Giovanni Antonio de Lagaia e il varesino Francesco De Tatt.i Si lascia nel dubbio la paternità del "Banchetto di Didone ed Enea" prestato dal Museo Borgogna di Vercelli ma proveniente da collezioni comasche di Flaminio della Torre di Rezzonico e poi Giovio, rinviando a dipinti gravedonesi. Invece dell'Assunzione di Andrea de Passeris di Torno, da Brera, ritenuta proveniente da Torno, si mette in discussione l'ubicazione. Si arricchisce il ciclo di tele che forse chiudevano un organo del Duomo di Como con  la tela dei santi Abbondio e Gerolamo che viene assegnata a Ludovico de Donati.

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Eco di Bergamo OPERE COMASCHE A RANCATE