Cultura e Spettacoli
Giovedì 28 Ottobre 2010
Con la pianista di Kabul
risuona la speranza di pace
Dalla scuola media "Foscolo" di Como all'Afghanistan, per insegnare musica agli studenti del luogo. Una straordinaria esperienza che Adriana Mascolo racconta in prima persona, e in esclusiva, a "La Provincia".
<+G_CULTURAFIRMA>Adriana Mascolo
<+G_SQUARE><+G_TONDO>A Kabul la guerra è uno sfondo dal quale emerge una vita reale fatta di umani desideri, anche di musica. Dopo gli anni del regime talebano che aveva fatto chiudere tutte le scuole musicali e costretto parecchi musicisti ad abbandonare i loro strumenti o ad andarsene dal paese, si comincia di nuovo a suonare e ad ascoltare. Il Palazzo della regina all'interno dei Giardini di Babur ospita ora concerti e rassegne artistico musicali. Lo scorso 14 ottobre, giornata nazionale delle arti, circa dieci diversi gruppi musicali, prevalentemente con strumenti tradizionali afghani, si sono alternati sul palco allestito in una cornice geografica ed architettonica incantevole: una Kabul ben diversa da quella che vediamo scorrere nelle immagini dei notiziari italiani.
La musica è rientrata anche nella scuola: nel giugno 2010 è stato inaugurato l'Anim, Istituto Nazionale Musicale dell'Afghanistan. Si tratta di un progetto fortemente voluto dal professor Ahmad Sarmast e adottatato dal Ministero dell'Istruzione afghano. Nell'Anim c'è un dipartimento per gli strumenti tradizionali afghani e indo-afghani (rubab, ghichak, tabla, sarod e sitar) e uno per gli strumenti occidentali (violino, viola, violoncello, chitarra, clarinetto, tromba e pianoforte). Tra le organizzazioni internazionali che hanno fornito l'appoggio economico a questo progetto ci sono la Banca Mondiale (che ha finanziato le spese strutturali), il German Foreign Office, il Goethe Institute, il Governo Indiano e la Società dei mercanti di musica. L'Istituto di studi asiatici dell'Università Monash australiana e il National College di musica di Londra forniscono un supporto professionale e accademico. I bisogni di una scuola di qualità sono tanti, sia a livello strutturale che di risorse umane: una delle necessità fondamentali è la presenza di docenti con una solida formazione, e, relativamente alla musica occidentale, significa perlopiù riuscire ad ospitare docenti internazionali per periodi di lunga durata. Tante sono dunque le ragioni per cui l'Anim è costantemente impegnato nella ricerca di finanziamenti.
Uno degli obiettivi prioritari del progetto è il sostegno ai gruppi più svantaggiati della società afghana, orfani e bambini di strada (a loro viene riservato il cinquanta per cento dei posti) nella convinzione che la musica possa aiutarli a raggiungere le loro piene potenzialità attraverso un'educazione completa attenta anche alla dimensione artistico-emotiva. L'iscrizione e la frequenza all'Anim è completamente gratuita. Grazie a interventi e donazioni individuali, alle famiglie a cui appartengono i bambini di strada che avrebbero trascorso le loro giornate vendendo fazzoletti, viene versato un contributo che corrisponde circa al guadagno "perso". Nel sito web dell'Istituto c'è una pagina con le informazioni necessarie per chi volesse far parte, nei più svariati modi, del gruppo di supporto all'associazione (www.afghanistannationalinstituteofmusic.org/ ).
Il professor Sarmast si augura che in qualche anno la scuola riesca a formare musicisti in grado di partecipare consapevolmente alla ricostruzione artistica, sociale e culturale dell'Afghanistan.
Dei circa centocinquanta studenti iscritti all'Anim per ora solo una trentina sono ragazze, pochissime nelle classi superiori, ma più numerose nei gruppi di base, segno che forse qualcosa sta cambiando.
L'organizzazione della giornata prevede sia lezioni di classe (inglese matematica, lingua, teoria musicale, armonia) sia lezioni di strumento, sia turni di studio. I primi due studenti che incontro, Milad e Elham, parlano un inglese discreto e riusciamo a capirci senza problemi. Quando Milad scopre che tra i pochi libri con cui sono arrivata, appoggiati sul pianoforte, ci sono le "Variazioni Goldberg" di Bach, mi guarda trasognato e illuminato, poi estrae dalla tasca il suo cellulare e, orgoglioso e felice, mi propone l'ascolto delle Goldberg nell'interpretazione di Gould. Mi sembra un ottimo inizio. Cominciamo subito a lavorare.
Scopro però presto che l'inglese di Milad ed Elham è un po' speciale, tanti ragazzi della classe di pianoforte neppure comprendono "right" e "left". Corro ai ripari dedicando qualche sera all'allestimento del vocabolario pianistico di base in darì, ma soprattutto confidando nel reciproco desiderio comunicativo.
Durante uno dei miei primi giorni all'Anim, partecipo alle prove dell'Ayo, Orchestra Giovanile Afghana. L'organico è più che speciale: sette violini, un violoncello, quattro chitarre, un clarinetto, due trombe, xilofono, tamburi vari, tabla, rubab, ghichak, sitar e pianoforte a quattro mani. Anche il repertorio è di grande originalità: Le quattro stagioni di Vivaldi in versione afghana, arrangiate appositamente dal docente di violino. Sulle prime sono sconcertata e mi sembra un'operazione acrobatica l'accostamento di strumenti appartenenti a contesti così lontani. Poi la musica mi coinvolge, ciascun timbro trova il proprio spazio, il sette ottavi che continua a ritornare è un'esplosione di energia. E se la musica riesce a far incrociare e convivere mondi così lontani significa che ci sono speranze anche per le relazioni umane all'interno del nostro villaggio globale.
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