Cultura e Spettacoli
Venerdì 07 Gennaio 2011
I Magi a San Fedele,
un enigma dell'arte
Tra arte e storia, il nuovo libro di Gerardo Monizza e Fabio Cani riscopre gli affreschi del ciclo della Natività, di epoca seicentesca. Tra le curiosità, un ragazzo appoggiato al muro, accanto ai Magi, che infila la mano in un muro: chi è? Tra le ipotesi anche quella che si tratti di un figlio di San Giuseppe, nato da un precedente matrimonio, secondo i Vangeli apocrifi... Ecco una lettura in anteprima.
Nella basilica di San Fedele in Como sono conservati - tra altre bellezze - quattro affreschi seicenteschi. Nel quarto dipinto (Adorazione dei Magi) la scena è occupata dai Magi, personaggi protagonisti, riccamente vestiti, e dal loro seguito. Maria, Giuseppe e il Bambino stanno in una casa che sembrerebbe in costruzione. Maria, con figlio in braccio, è seduta su una grossa pietra squadrata che ha un angolo smussato. Nella parte bassa dell'affresco sono inginocchiati due ragazzini (i donatori?). Dietro c'è un ragazzo che ha il torso lievemente girato in senso antiorario; un braccio è nascosto e l'altro - il sinistro - si spinge verso un buco che sta nella parete di fondo. La mano aperta sfiora l'apertura oscura. Giuseppe sembra affaccendato a ritirare i doni con la sinistra per passarli - come dire - fuori scena. Il ragazzo con la mano nel buco guarda dritto il vecchio re magio inginocchiato.
Perché quel ragazzo sta compiendo quel gesto? Chi è?
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Quattro pitture a fresco; quattro scene; un'unica storia. La storia della Natività di Gesù raccontata in poche immagini essenziali ed efficaci: Sposalizio della Vergine (così è tradizionalmente chiamato il rito di passaggio - dall'adolescenza alla maturità, addirittura alla responsabilità - compiuto da Maria e poi da Giuseppe suo fidanzato e - un poco - riluttante sposo). Lo scopo - o meglio: la giustificazione - di questo matrimonio sta proprio nella scena successiva: la Natività. Lo raccontano i Vangeli canonici (quelli che la Chiesa considera ufficiali) ed anche quelli cosiddetti apocrifi; che la Chiesa non condanna, ma che tuttavia non considera parte delle Scritture, dunque del Nuovo Testamento. Eppure, molti dei Vangeli apocrifi narrano particolari essenziali alla comprensione del racconto raffigurato in questi quattro momenti. Vi è la terza situazione, direttamente collegata alla Natività, intitolata Adorazione dei pastori. Infine, Adorazione dei Magi. Le quattro scene sono un ottimo esempio di illustrazione dei Vangeli e arricchiscono la lettura del notissimo racconto. Sono pitture ricche di spunti interessanti e curiosi, originali e abili nel mischiare le esigenze dei committenti (presenti in qualche modo all'evento), la cultura dell'epoca (dei canonici e dei prevosti responsabili all'ortodossia in ambito locale e nella basilica di San Fedele in Como dove sono conservati) e la tradizione popolare. Sono il frutto di una sceneggiatura (diciamo oggi) precisa e dal ritmo drammaturgico perfetto. Chi sono gli autori? A quale epoca possiamo riferirli?
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L'affresco conservato in San Fedele a Como si presta ad una lettura non convenzionale. Non si hanno prove certe che l'origine ovvero la progettazione teorica della scena sia opera di qualche erudito, anche se è provata nei primi anni del Seicento la presenza in quel luogo di Quintilio Lucini Passalaqua, canonico, erudito e mecenate, nonché in rapporto con diversi artisti. L'affresco in questione non nasconde nulla; però bisogna interpretarlo. La scena è tipica e riprende l'immagine del mondo nuovo che si sta ricostruendo sulle rovine di quello vecchio: un elegante porticato ad archi, poggianti su snelle colonne, con copertura solida in legno a capriata. Un muro antico o forse solo vecchio e in fase di smantellamento. Non ci sono operai al lavoro perché la distruzione dell'antico è ideale, morale. Suggeriscono Giovanni Macchia, Alessandro Bedini e Vittorio Pascucci: «Facendo riferimento ad una costante nella tradizione pittorica di Natività e Adorazioni molte scene sono ambientate in ruderi antichi e ciò pone in evidenza il contrasto fra le rovine della civiltà pagana e la novità messianica della nascita del Salvatore: il contrasto è, quindi, fra le architetture antiche in decadenza intese come il tramonto della cultura classica e la venuta al mondo di Gesù che porta verità e salvezza».
È un conflitto che non risolve chiaramente la presenza del giovane con il braccio piegato e la mano nel buco. I doni sulla scena sono tre e quindi il personaggio non ripone nel muro alcunché. Il giovane personaggio forse si aggrappa a quella fenditura per sorreggersi in modo da poter vedere meglio l'incontro (nella composizione geometrica della scena inoltre si colloca proprio sulla diagonale bilanciando la lunga coda del mantello di un re magio). Nell'affresco dello Sposalizio già un ragazzo si aggrappa a quella fenditura per poter vedere meglio l'incontro (e in una tela dei Recchi, l'Adorazione dei Magi, databile intorno alla metà del Seicento e conservata nel Duomo a Como, sempre un ragazzo compie la stessa azione allo stesso modo). Qui, invece di aggrapparsi alla colonna (che pure esiste), preferisce approfittare di un buco pontaio complicando l'azione e rendendo quasi impossibile il suo intento. In realtà, l'avambraccio sembra che abbia i muscoli tesi bene in evidenza: s'innalza di poco e guarda in basso. E se fosse uno dei figli di Giuseppe (quelli avuti dal primo matrimonio?) che in certe tradizioni aiuta il padre nell'operazione di accogliere i Magi?
Oppure è un personaggio simbolico (essendo nell'affresco figura tutt'altro che secondaria) che si regge al vecchio muro, ma che volge lo sguardo al Bambino? Diventerebbe così simbolo dell'umanità che è ancora attaccata alle vecchie credenze, ma che già volge lo sguardo al futuro, cioè alla novità del Cristianesimo. Allegoria, quindi, di una specie di transizione dal vecchio al nuovo, dalla civiltà del paganesimo alla civiltà cristiana.
(© «Como e il viaggio dei Re Magi. Storia, mito e leggenda», Nodo Libri)
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