Cultura e Spettacoli
Martedì 25 Gennaio 2011
Il beato e gli Ebrei
Una storia oscura
Nel secolo XV il lariano Michele da Carcano tuonava contro i Giudei. A Como la loro vita era difficile: abbiamo ripercorso le tracce della presenza ebraica nel 1400, in occasione del Giorno della memoria sulla Shoa. Pochissimo noto, questo capitolo si intreccia alle leggende della "corte degli Ebrei" a Brunate.
La Lombardia settentrionale ebbe una rara presenza ebraica, anche a causa della predicazione antisemitica del beato Michele Carcano, che apparteneva alla nobile famiglia che trae la sua origine da Bregnano e Lomazzo. Vissuto nel secolo XV, si adoperò per la fondazione dei Monti di Pietà e tuonò con i suoi Sermones dai pulpiti e dalle piazze di mezza Insubria contro i Giudei.
Si legge a pagina 27-28 della guida "Lombardia. Itinerari ebraici. I luoghi, la storia, l'arte" di Annie Sacerdoti e Annamarcella Tedeschi Falco, edita da Marsilio nel 1993: «La vita ebraica a Como fu stentata e di breve durata. La prima notizia che riguarda il gruppo, riportata nell'Archivio storico di Como porta la data del 1435: in quell'anno un gruppo di ebrei chiese di risiedere in città e di aprirvi un banco. Un secondo documento del 1450 ribadisce che era possibile aprire un banco, purché fosse l'unico. Nel 1488, durante il noto processo, uno dei principali imputati (che fu tra i nove condannati a morte - con pena in seguito commutata) era Salomone di Como». Questo processo fu il più noto intentato contro gli Ebrei in Lombardia, dopo quelli celebrati nel 1474 e nel 1480, durante la dominazione di Francesco Sforza. Le indagini svolte da Anna Antoniazzi Villa hanno fatto piena luce su questo processo: per molti anni la fonte principale per conoscere i termini di questa persecuzione è stata la "Emek Habachà", cronaca cinquecentesca di Joseph Hacoen, nel quale si descrivono anche le numerose persecuzioni antiebraiche dell'epoca. Tale processo fu particolarmente rilevante non soltanto per l'alto numero delle persone coinvolte - 39 - ma anche per l'importanza delle famiglie di appartenenza. Tra le località citate di provenienza c'è anche un "Vighizzollo", che però viste le altre località citate sembra più essere l'attuale frazione di Montichiari (Brescia) che non quella di Cantù. L'iniziale pena capitale fu poi commutata nella richiesta dell'elargizione alla Camera ducale di 19 mila ducati. I condannati ebrei ebbero la vita salva, mentre per gli altri imputati venne annullata la confisca dei beni. Nel 1490 vennero dati alle fiamme a Milano, in contrada San Raffaele, i 172 volumi esaminati nel corso del processo. Durante il dibattimento si era particolarmente distinto nel ruolo di accusatore, il frate francescano Bernardino de' Bustis, autore del ">Consilium contra iudeos", un'opera decisamente ostile agli Ebrei, in cui si ripetevano le tradizionali accuse di vilipendio alla religione cattolica contenute nel "Talmud". Per quanto riguarda invece le attività degli imputati, molti di loro tenevano banchi di prestito o appartenevano comunque a famiglie di banchieri, mentre altri svolgevano attività commerciali. Tutti avevano un alto livello culturale: oltre alla Bibbia e al Talmud, conoscevano il Mishné Torà di Maimonide, gli Arba Turim (Quattro Porte) di Iaacov Ben Asher, la glossa al Talmud del Rashì e altre opere.
In origine il banco comasco doveva essere situato nei pressi della parrocchia di San Fedele. Il suo proprietario, Raffaele da Pizzighettone, è documentato nel 1540. Sfuggì poi alla persecuzione e all'espulsione del 1557. Con la decadenza degli affari mercantili, nel 1558 il banco venne rilevato dalla famiglia Sacerdote e venne trasferito nel territorio della parrocchia di San Giacomo, nei pressi del palazzo dei Consoli di Giustizia dei Mercanti. Questa attività dovette però avere vita breve se nel 1594 nei documenti si può leggere che gli Ebrei sono stati cacciati «già più di vinti anni sono, con qualche spesa e travaglio». Dagli anni Cinquanta del secolo scorso funziona poi a Monte Olimpino un cimitero ebraico.
Oltre a Como si segnala la presenza a Brunate di una "Curt di Ebrèi" nel centro storico, mentre altre testimonianze riportano direttamente alla regione lecchese. Sul confine, con questa provincia, a Merone è insediata storicamente anche un famiglia Isacco, a cui apparteneva anche il dedicatario della scuola materna di orientamento cattolico "Zaffiro Isacco". A Brivio si trova una piazza che ha il tipico aspetto di «Corte degli Ebrei» o di piccolo ghetto, situata nel cuore del paese e nota anche con il nome di piazzetta della Sinagoga. Si trattava con ogni probabilità di un piccolo insediamento, dal quale si dipartono ancora oggi stradine strette, che richiamano alla memoria antichi ghetti ebraici: da una di queste strade si raggiunge l'Adda.
Anche a Mandello la presenza di Ebrei è testimoniata dagli atti del processo del 1488: uno dei quali porta direttamente alla nota cittadina del ramo lecchese del Lario.
Una testimonianza della presenza di Ebrei nella nostra regione si trova anche nelle valli varesine. A Ghirla in Valganna, una scritta ben visibile indica "Al Ghetto". Ad Agra, sopra Luino, nei pressi del cimitero cattolico esiste una lapide ebraica, oltre che una "corte degli Ebrei". In altri paesini della valle, come Due Cossani, esistono cortili che portano il medesimo nome o con l'omonimo «Corte dei Giudei».
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