Cultura e Spettacoli
Martedì 25 Gennaio 2011
Egocentrica Merini,
inedito da un'amicizia
Mentre Milano, fino al 15 febbraio, celebra la poetessa, La Provincia ripercorre il legame affettivo e professionale tra Alda e l'editore lecchese Casiraghy. In esclusiva anche un testo dettato negli ultimi momenti della vita dell'autrice, scomparsa nel 2009.
Entrare nella casa-laboratorio di Alberto Casiraghy è un'esperienza anacronistica. Quando, nel pomeriggio, la macchina da stampa anni '60 entra in funzione, imprimendo su speciale carta cotone l'inchiostro nero, e tutt'intorno al tipografo si assiepano l'autore di turno, l'illustratore, l'artista che adorna il libretto con una piccola ceramica raku o un acquerello, aleggia nell'aria un atmosfera d'antan. Come in una antica bottega artigiana, si assiste e si crea insieme; Casiraghy ama concedere spazi, ascolta e propone.
La materia originaria del suo lavoro è, ancora prima di carta inchiostro caratteri plumbei e pennelli, la fantasia. «Il difficile è comporre», sostiene spesso, ovvero dare origine a un prodotto editoriale bello, una pagina equilibrata dove bianchi e neri e illustrazioni valorizzino il testo nel modo migliore: un lavoro che unisce esperienza e creatività. E pensare che per questa accogliente casa-laboratorio di Osnago, sede dell'editrice Pulcinoelefante - "Piccoli libri per chi ama la poesia", il motto - sono passati artisti come Maurizio Cattelan, editori come Vanni Scheiwiller, critici d'arte come Gillo Dorfles; amici, come la poetessa Alda Merini.
Risale a venti anni fa l'amicizia con Merini, quando Alberto Casiraghy - che all'epoca aveva in catalogo trecento titoli, oggi lievitati sopra gli ottomila - stampò la prima raccolta della poetessa milanese. «Avevo già realizzato molti di questi miei libri quando, nel 1992, preparai l'edizione di <+G_TONDO>La vita felice. Aforismi, una raccolta di Alda<+G_TONDO>» ricorda l'editore «allora era poco conosciuta, nonostante avesse pubblicato la sua prima raccolta di poesie a sedici anni. Le portai i miei libri a Milano, nella sua casa sul Naviglio: nacque un'amicizia unica». Calibra le parole Casiraghy quando il ricordo si addentra nel campo dell'amicizia con Alda Merini, quasi debba fare i conti con un'infinita molteplicità di spunti, tra i quali la memoria deve operare una accurata selezione. Vivere fianco a fianco con la poetessa era come sentire «qualcuno che guizza nell'aria», imprevedibile ed egocentrica; «mi poteva chiamare anche duecento volte al giorno, per raccontarmi che il portinaio era scappato o simili eventi quotidiani; nel bene e nel male era un juke box la Merini: scriveva, poi, con una facilità mostruosa». Da quel 1992, l'editore lecchese ha stampato circa milleduecento titoli di Alda Merini: «uno a settimana; come un gesto poetico ma quotidiano, ogni sabato glieli consegnavo a Milano. Ho coinvolto, per illustrare i suoi scritti, cinquecento artisti. Tra di loro, la sua amica Dolores Previtali, e il pittore Gaetano Orazio», entrambi attivi con i propri studi sul territorio lecchese. Sono tanti i ricordi della poetessa, tra le edizioni delle sue raccolte poetiche e i messaggi trascritti su fogli sparsi, conservati da Casiraghy. Ecco, per esempio, la parabola del Pulcinoelefante coniata da Alda Merini nel 1994: «Notte tempo / il vecchio portò suo figlio / sul monte dell'elefante, / ma lo salvò il Pulcino / perché dovevano nascere / i librini di Alberto».
Un rapporto duraturo, una sintonia autentica: fino all'ultima poesia, di pochi giorni precedente la morte della poetessa che più ha segnato il Novecento italiano. «Era già ricoverata in ospedale, a Milano, quando mi chiamò al telefono per dettarmi un pensiero. Era l'ottobre 2009 e, pochi giorni dopo, Alda sarebbe morta. Nessuno se lo aspettava» ricorda Casiraghy, mentre trova nei cassetti stipati del suo studio un brandello di carta a righe gialla su cui trascrisse il testo: «Quando non riesco / a parlare / vado a prendere / la legna nel bosco / e accendo / le mie speranze». Forse un avvertimento di quel che, di lì a poco, sarebbe accaduto. Della breve poesia l'editore fece subito un'edizione in tiratura limitatissima come sempre, la numero 7811 nell'ampio catalogo di Pulcinoelefante: ventisette copie, titolo nel bosco. Per l'illustrazione interna, Casiraghy diede forma alla sua interpretazione del testo. Un bosco semplice e onirico, con tre alberi e una montagna rossa e gialla, su un declivio scosceso che taglia l'orizzonte. Una barca sta sospesa sulla chioma di un albero. «Era un disegno che avevo fatto da ragazzo, un po'misterioso: lo scelsi per questo motivo e lo adattai a questa poesia. Mi sembrava poter rappresentare al meglio questo breve e ultimo pensiero. Nei giorni successivi portai le copie che avevo stampato ad Alda, in ospedale. Alcune di queste edizioni le regalò a primari e infermieri: con leggerezza e molta poesia, anche nei suoi gesti».
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