Cultura e Spettacoli
Venerdì 04 Febbraio 2011
"Uno Stato debole: così la politica
può aiutare la mafia"
Nando Dalla Chiesa presenta a Erba il suo libro "La convergenza": "La legge sulle intercettazioni spunta le armi ai giudici"
Professor Dalla Chiesa, di intrecci mafia-Stato se ne trovano fino alle radici del nostro Paese. Per quali ragioni il passato più prossimo merita un caso a parte?
Mi sembra vi sia un interesse, una convergenza più nitida per bassi livelli di legalità da parte di mafia e classe politica. La politica concorre alla ricerca di una legalità, di una magistratura e di uno Stato deboli, rinunciando agli imprescindibili valori di tipo civile.
Il suo libro si aggiunge alle testimonianze letterarie che confermano che la mafia non è esclusiva pertinenza del Mezzogiorno. Come si è evoluta la rete di un sistema che dai nuclei familiari coinvolge sfere di potere oltre i limiti nazionali?
È doveroso parlare di una vera e propria "colonizzazione" di aree del nord da parte, in particolare della 'ndrangheta che ha preso il sopravvento su cosa nostra in molte regioni tra cui Lombardia, Liguria e Piemonte. L'elemento nuovo consiste proprio nel modo in cui le associazioni malavitose impiantano le proprie regole, il proprio pensiero e la propria forma culturale al giro criminale che ora non si può più pensare limitato alle bische o al traffico di liquori, ma trova spazio in ambiti molto più insospettabili e quotidiani come il commercio all'ingrosso.
Quali sono le attività più connotate dal rischio di ingerenze mafiose in Lombardia?
Sono appunto moltissime e molto diversificate. In particolare, non solo l'inchiesta "Infinito" ma anche quelle più attuali hanno evidenziato la capacità della 'ndrangheta di inserirsi nel ciclo del cemento, controllando la sfera dei lavori pubblici, l'assegnazione degli appalti, l'attività industriale ad essi correlata e perfino la stesura dei piani regolatori.
E come le organizzazioni malavitose straniere hanno potuto giungere e affermarsi in Italia?
Prima di tutto hanno approfittato di una sorta di "ritirata" di Cosa nostra, in difficoltà dopo le stragi. Poi nelle aree ricche si trova spazio per tutti: vi sono alcuni settori, ad esempio la prostituzione, che non interessano a mafia e 'ndrangheta e sono oggi perlopiù ad appannaggio di associazioni malavitose estere. Non si creano rapporti di collisione, ma di collusione.
Quali sono i provvedimenti legislativi più imputabili di favoreggiamento della criminalità organizzata? Come hanno potuto ricevere l'accettazione pubblica?
Perché spesso questi provvedimenti vengono presentati con una veste che ne occulta le implicazioni indirette. Basti pensare, per esempio, al provvedimento sulle intercettazioni telefoniche, presentato come strumento di tutela della privacy quando il vero effetto è di spuntare le armi alla magistratura e alle forze dell'ordine.
La convergenza di interessi si struttura anche su fenomeni di complicità culturale che coinvolgono società, politica e mafia. Come si possono individuare e prevenire?
Si può solo cercare di far prevalere alcuni principi e valori. Bisogna riconoscere l'esistenza di un dovere del cittadino e non limitarlo alla ricerca di un responsabile su cui addossare le responsabilità. La società deve farsi invulnerabile a partire dal proprio nucleo.
Lei esamina l'ormai tristemente nota "trattativa" tra mafia e Stato distinguendone due parti: in quali momenti si sono svolte? In che modo, una dopo l'altra, le richieste del papello sono passate per la Camera?
Non sono fasi nettamente separate ma parallele, si sviluppano attraverso due canali di dialogo che contrattano la stessa cosa in modo differente e con finalità diverse. In un caso l'interlocutore pensa ad evitare delle stragi, nell'altro l'interlocutore vuole avere i voti. Passano in aula perché la nostra politica non pensa mai alla criminalità, non si pone mai a priori in difesa della legalità.
Chi è il mafioso, oggi? Quanto si discosta dagli stereotipi?
Bisogna confutare qualsiasi stereotipo, anche di quello più attuale che vede il mafioso come un uomo d'affari che gira in jet, usa il computer e parla in inglese. I risultati delle indagini delineano spesso una figura del mafioso che ancora parla siciliano o calabrese stretto - difficile quindi da tracciare nelle intercettazioni, che ha basso titolo di studio e tenore di vita umile, sebbene sia magari molto ricco.
Filippo Pozzoli
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