Cultura e Spettacoli
Giovedì 17 Febbraio 2011
"Io, inviato nel Risorgimento
per trovare le radici dell'Italia"
Una Nazione appena nata, già caratterizzata da litigi politici, ma, allo stesso tempo, forgiata dall'eroismo di una generazione di ventenni. È il paese descritto da Antonio Caprarica, giornalista della Rai, che in "C'era una volta in Italia" torna indietro nel tempo per raccontare l'atmosfera dei giorni dell'Unità
È il paese descritto da Antonio Caprarica, giornalista della Rai, da anni inviato a Londra, che in "C'era una volta in Italia" (Sperling) torna indietro nel tempo per raccontare l'atmosfera e le emozioni dei giorni dell'Unità. Un libro più che mai attuale, viste le celebrazioni che quest'anno caratterizzeranno il 150° anniversario della nostra nazione, che lo stesso Caprarica (giovedì 17 febbraio ospite dell'Unione industriali con il giornalista Stefano Salis) presenterà a Como venerdì 18 febbraio, alle 18, alla libreria Ubik di piazza San Fedele.
Il tema è di sicuro interesse, anche considerando gli attuali problemi che attanagliano il nostro Paese. «Gli italiani, oggi, non hanno memoria di ciò che sono - spiega Giuseppe Caprarica a "La Provincia" - e di ciò che sono stati».
È questo il motivo principale che l'ha spinta a scrivere questo libro?
Sì, da italiano inviato all'estero posso affermare che la mancanza di memoria fa sì che il nostro Paese, spesso, sia giudicato in maniera troppo sbrigativa. Il discorso vale anche per gli anni dell'Unità d'Italia, un'epoca certamente problematica, ma senza la quale la nostra identità oggi sarebbe completamente smarrita.
Crede che, in questi 150 anni, sia stato tramandato un quadro non veritiero di quel periodo?
Più che non veritiero, direi che il quadro è lacunoso. La memoria collettiva ha trasmesso una storia ufficiale, burocratica, patriottarda, ma manca uno sguardo “giornalistico”, lo sguardo che, all'epoca, avevano gli spocchiosi inviati stranieri, che, all'indomani della nascita del Parlamento del nuovo regno, definivano l'Italia “maestra di civiltà politica”. Per questo motivo, nel libro non ho voluto scrivere la storia, ma un insieme di storie individuali, entrando nella macchina del tempo e fingendomi inviato in giro per l'Italia nei mesi dell'Unità.
Che Italia era quella che racconta nel libro?
Era l'Italia dei grandi statisti, ma anche l'Italia della povera gente. Un'Italia nella quale, come oggi, era già forte lo spirito di parte, ma caratterizzata, allo stesso tempo, da una generazione di ventenni che contribuirono ad unire il nostro Paese. Una generazione che i giovani di oggi dovrebbero prendere ad esempio.
Per certi aspetti, l'Italia di quel tempo era simile a quella attuale?
Ci sono molte similitudini. In maniera scherzosa, si può ricordare che una delle costanti dei potenti era, anche allora, l'ossessione per i capelli: Vittorio Emanuele II, infatti, teneva moltissimo alla sua capigliatura e aveva sempre una tintura perfetta. Sfortunatamente, il giorno in cui entrò a Napoli, venne un forte temporale e, mentre varcava le porte della città, la sua tintura gli colò sulle guance, rendendolo somigliante a un carbonaro. Più seriamente, invece, è documentato che anche allora la criminalità organizzata aveva una presenza importantissima e che l'insufficienza delle classi dirigenti del Mezzogiorno aveva già dato origine a uno scompenso tra Nord e Sud della penisola.
Quanto tempo ha richiesto la ricerca storica?
Se la stesura del libro mi ha portato via solo poche settimane, la preparazione è stata lunga e laboriosa ed è avvenuta scovando nelle vecchie librerie documenti, memorie, diari e appunti dell'epoca. Si tratta, in molti casi, di documenti già editi, in altri di documenti inediti. Ho cominciato questo lavoro già nel 2008, prima di pubblicare un altro libro sul nostro Paese, intitolato "Gli italiani la sanno lunga… o no?" (Sperling&Kupfer).
Come mai stavolta ha scelto il titolo "C'era una volta in Italia"?
Ho voluto fare un omaggio a Sergio Leone e al suo "C'era una volta in America", che ha raccontato in maniera impeccabile uno spaccato della società statunitense.
Marco Castelli
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