Cultura e Spettacoli
Martedì 08 Marzo 2011
Severgnini e l'Italiano
prove di scena a Como
Tutto esaurito, a Como, per la lezione che il giornalista-scrittore terrà il 9 marzo nella sala della Confindustria. E' un incontro dal sapore di "prova generale" per uno show in palcoscenico. Lo ammette lo stesso Severgnini, in un'intervista esclusiva a "La Provincia". Intanto in libreria è un successo il suo pamphlet "La pancia degli italiani". Ascolta la presentazione fatta in tv.
Chi meglio di un giornalista che la lingua la usa (e pure bene) per mestiere può insegnare trucchi e segreti per scrivere meglio e soprattutto farsi capire? Beppe Severgnini è, quella che si dice, la persona giusta per "Lezioni di Italiani. Uno sguardo sull'attualità linguistica del Paese alla vigilia del 150° anniversario" che si tiene stasera a Como.
L'iniziativa è promossa dal Gruppo Giovani Industriali di Confindustria Como insieme con il Coordinamento dei Gruppi Giovani della provincia di Como. Cremasco 54enne, Severgnini da trent'anni scrive libri, che con leggerezza e ironia libri, raccontano il Belpaese, tra cui il best seller "L'italiano. Lezioni semiserie" giunto all'ottava edizione. Ha iniziato con Montanelli («Ricordo che mi prendeva in giro perché diceva che non sembravo uno di Crema, scrivevo troppo bene...»), è una delle firme più note e autorevoli del "Corriere della Sera"; da un mese tiene una fortunata rubrica sul sito Corriere.it («Tre minuti, una parola») dove commenta vocaboli più usati, spesso in maniera impropria: "Pasticcio", "Risibile", l'ultimo è "Moralista".
Severgnini lei ha insegnato alla Bocconi, tenuto conferenze al Trinity College di Dublino e al Middlebury College nel Vermont. Che cosa spiega ai comaschi nella «Lezione di italiani»?
È una novità, una formula inedita che non ho mai fatto davanti a un pubblico. Finora mi sono occupato della "testa" e della "pancia" degli italiani (il suo ultimo libro, è"La pancia degli italiani. Berlusconi spiegato ai posteri" uscito nel 2010 per Rizzoli, ndr). Ho tracciato un ritratto sociale degli italiani. Ora provo a dare lezioni di scrittura, ragionando su come scrivere. Se funziona potrebbe diventare una lezione de portare in giro nei teatri. Magari la chiamo: «Quel giorno sul lago di Clooney».
Siamo messi cosi male? Abbiamo bisogno di tornare sui banchi di scuola?
Scrivere non è mai un atto neutro. C'è lo stile, la scelta delle parole, le nostre idiosincrasie… Insomma, lo spirito soffia sulle tastiere dei computer. Più che mettere in guardia dagli errori l'idea è rendere consapevoli dei tranelli in cui non cascare. Sarà un lunga lezione politica di scrittura. Niente di noioso, tranquilli. In carriera ho ricevuto critiche di ogni genere, nessuno però che mi abbia mai accusato di essere noioso.
Tra pochi giorni si festeggia l'anniversario dell'Unità. Quanto ha fatto la lingua per unire l'Italia?
La lingua è il nostro cemento. Da Como a Catanzaro l'italiano lo parlano tutti. Questo non vuol dire dimenticare il valore dei dialetti. Mio padre era notaio ed era famoso è per parlare dialetto cremasco in ufficio con i contadini che si rivolgevano a lui. È solo un certo mondo leghista a vedere una contrapposizione tra locale e nazionale. Io capisco il dialetto e lo parlo pure. Mi sento cremasco, lombardo, italiano e europeo. E non ci trovo nulla di strano. La lingua non è come una moglie, se ne può avere più di una…
E con l'inglese come la mettiamo? L'ingresso di vocaboli stranieri non rischia di snaturare la lingua italiana?
Non scherziamo, basta usare un po' di buon senso. Certo se uno dice "randomico" è, secondo me, da internare. Ma "computer" o "sport" li usano tutti, fanno da tempo parte dell'italiano. Se devo riportare una citazione o usare un modo di dire può essere che mi venga più naturale ricorrere a espressioni in dialetto anziché all'inglese.
Anche negli sms e nelle email non vede "pericoli" per l'italiano?
Gli Sms e Twitter, che è vincolato a numero limitato di caratteri, sono a tutti gli effetti un'altra lingua che fa ricorso a simboli. Riguardo la posta elettronica, invece, valgono le regole della buona scrittura. Anzi possiamo dire che nella conversazione di Como insegno come si scrive una mail.
Dalla teoria alla pratica. Ci può anticipare qualche dritta, quali sono gli errori grossolani da evitare nella scrittura?
Beh…Se uno termina una lettera a una ragazza con frasi come «in attesa di far la sua conoscenza» o «resto in attesa di riscontro» non ha praticamente nessuna speranza di combinare qualcosa. Ma la email è uno strumento per cercare lavoro: è buona norma sapere quando e come usare i congiuntivi; quando usare il più sexy tra i segni d'interpunzione vale a dire i due punti. Poi ci sono le cose da evitare assolutamente: tipo usare due "che" nella stessa frase dovrebbe essere dichiarato fuori legge. Non bisogna poi dimenticare che nella scrittura tutto quello che non è indispensabile è dannoso. Vale, infine, in ogni contesto quella che nel libro chiamo la "Regola del Porco".
Di cosa si tratta? Può illustrarla?
Bastano cinque verbi: Pensa, Organizza, Rigurgita, Correggi, Ometti.
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