Cultura e Spettacoli
Lunedì 28 Marzo 2011
Mi presento, sono un casalingo
(Credetemi, è meglio l'ufficio)
Casa da pulire, figli da accudire, disordine continuo, non un minuto di respiro: il ticinese Oscar Matti racconta la sua esperienza, diventata un libro
Buongiorno a tutti, mi chiamo Oscar Matti e sono un casalingo. Certo, avrei preferito dire: buongiorno a tutti, mi chiamo Oscar Matti e sono uno scienziato nucleare. Comunque sia, sono nato a Mendrisio nel 1973 e vivo a Chiasso. Ho studiato da fotografo, aiuto infermiere e infermiere. Ora lavoro in proprio: gestisco una moglie e tre figli. Ho conosciuto la donna che sarebbe diventata mia moglie la sera del 15 agosto del 1999. Nel 2004 ci siamo sposati e sempre quell'anno è nato il mio primo figlio. Nel 2007 è nato il secondo figlio e nel 2009 il terzo. Ho maturato l'idea di diventare casalingo dopo la nascita del secondo bambino. In quel periodo bisognava decidere come gestire i figli. Con il primo abbiamo beneficiato della preziosa collaborazione dei nonni. Dopodiché ci sembrava troppo impegnativo chiedere loro di occuparsi di entrambi. Sempre in quel periodo mia moglie aveva trovato una nuova occupazione. Le proposi, convinto fosse una passeggiata e sapendo inoltre quanto ci teneva alla sua nuova professione, di rimanere a casa io. In fondo mi dicevo: «sarà un gioco da ragazzi!». Ricordo che dopo la proposta mi fece un grande sorriso, mi strinse forte e mi disse: «Ma sei davvero sicuro?». Questa frase la ripeté in seguito la mia caporeparto quando le comunicai la decisione di lasciare il lavoro. Forse avrei dovuto sospettare che questa semplice locuzione detta da due donne non era pronunciata a caso. Comunque, ignaro di quello che mi sarebbe capitato e pieno di entusiasmo, mi lanciai in questa nuova avventura. Sarà un gioco da ragazzi, ripetevo a tutti. Pensavo che la casalinga si occupasse di preparare da mangiare, riordinare la casa, bere il caffè, chiacchierare al telefono. Punto. Come casalingo ci avrei aggiunto la lettura della "Gazzetta dello Sport", gli aperitivi in terrazzo con gli amici e tutte le trasmissioni sportive. Ma in realtà...
***
Svuoto la lavastoviglie e la riempio con le stoviglie sporche. Prendo il detergente per le superfici e pulisco le piastre. Asciugo con lo strofinaccio e tolgo gli aloni con la carta da cucina. Acciuffo le sedie e le metto sopra il tavolo dopo averlo passato con lo straccio umido cattura-briciole. Prendo le borse di carta che contengono i vuoti delle bottiglie e le metto sopra le sedie. Brandisco la scopa e ramazzo il locale. Passo l'aspirapolvere. In ultimo pennello il pavimento con il mocio Vileda. Ho dimenticato di aprire la finestra, ci vorrà di più ad asciugare. Passo nella camera dei bambini. Apro la porta. Dal disordine deduco che la perquisizione della squadra antidroga è ancora in corso. La richiudo. Entro nella mia stanza. Tiro indietro la trapunta Bassetti, il lenzuolo, apro la finestra e faccio cambiare l'aria. Nel frattempo mi dirigo in sala. Ci sono giochi pure qui. I cuscini del divano sono sparsi da tutte le parti. Mutande, magliette, pezzi di pane, bottiglie di plastica vuote, una bottiglia aperta che ha formato un piccolo laghetto sul tappeto. Prendo il mocio Vileda e lo strizzo per bene. Lo passo sul laghetto che si prosciuga. Come ogni mattina prendo un gioco e lo elimino, ma è una guerra impari, sono moltissimi e probabilmente si riproducono. Raccolgo mutande, magliette, pezzi di pane e bottiglie. Smisto nei vari settori e contenitori: la sala è in ordine. Spalanco le finestre. Passo al mio bagno. Prendo i tappetini e li sbatto fuori dalla finestra. Ci sono peli, capelli e batuffoli di polvere da tutte le parti. L'asse del gabinetto è sporca come quella di un bar nell'ora di punta. Oltre a fare la cacca puzzolente come quella dei cavalli, i bambini fanno la pipì sull'asse con la facilità con cui il sottoscritto fa incazzare la moglie.
***
Dopo circa otto mesi di casalingato ero diventato, senza grossi giri di parole, insopportabile. Decisi quindi di scrivere un biglietto di scuse a mia moglie e ai miei due figli. Quel biglietto divenne poi il diario della mia giornata da casalingo e, per finire, un libro. Una sorta di grido d'aiuto e nello stesso tempo la consapevolezza che la casalinga svolge un lavoro a tutti gli effetti. Lavoro che non è retribuito e, ancora peggio, quasi mai riconosciuto dai membri della propria famiglia.
***
Credo che chi lavora non si renda conto di quanto sia fortunato. Alle 9.30 va in pausa. Beve il proprio caffè, preparato e servito da un cameriere, legge il giornale, chiacchiera con il collega o, più semplicemente, si gode quindici minuti di pace. A mezzogiorno mangia seduto, chiacchiera con il collega, gira per la città e incontra gente, o magari riposa su una panchina. Per farla breve chi lavora, anche se si fa un mazzo grande come una casa, sa di avere le sue pause. Quando sei un casalingo di pause non ne hai mai. La colonna sonora della tua giornata è tuo figlio che strilla, tuo figlio che piange, tuo figlio che ti chiama ogni due minuti. Poi tu strilli, rispondi continuamente a tuo figlio e mangi in piedi. A casa nostra abbiamo coniato un detto: «Chi lavora è fortunato!»
***
La sera quando tutti dormono e li guardo mi rendo conto di quanto mi riempiono il cuore ogni giorno. Tutti i santi giorni sogno la libertà e la solitudine, che ormai da quattro anni non conosco, ma tutte le sere a battaglia finita mi rendo conto di quanto non posso più fare a meno di loro. Un'esperienza che tutti i padri dovrebbero fare, magari per un periodo limitato. Buona lettura.
*autore di "Il casalingo. Una giornata del maschio moderno", Gabriele Capelli Editore, 128 pag., 12 euro
© RIPRODUZIONE RISERVATA