Cultura e Spettacoli
Giovedì 28 Aprile 2011
Cambiare idea può dare energia
Un giovane scienziato spiega perché fonti fossili e nucleari non sono vantaggiose
Nei giorni in cui si ricordano i venticinque anni dall'incidente di Chernobyl - il 26 aprile 1986 - nessuno avrebbe pensato che ci saremmo trovati a fare i conti con un disastro nucleare di portata forse maggiore. Ero piccolo allora, e ricordo che all'asilo non potemmo giocare in giardino, non capivamo bene cosa stesse succedendo ma attraverso i grandi respiravamo paura.
Col tempo si scoprì che nessuno era in realtà in grado di dire con esattezza cosa fosse successo e quali fossero le conseguenze precise. Soprattutto diventò chiaro come nessuno potesse garantire la sicurezza di una centrale e la risoluzione di altri problemi come quello dello smaltimento delle scorie. Non avrei voluto imparare il nome Chernobyl, e soprattutto non pensavo che avrei dovuto imparare quello di Fukushima, a distanza di 25 anni e in un tempo in cui non si può negare che l'alternativa al nucleare esista, e che questa alternativa lo sia anche per i combustibili fossili. Un'alternativa concreta, la cui efficacia è dimostrata da una serie sempre più ampia di esempi tangibili, un'alternativa fatta di sole, vento e acqua.
Ad inizio aprile si è svolta la prima assemblea generale dell'Agenzia Internazionale per le energie rinnovabili. Nata nel 2009, l'agenzia ha l'obiettivo di sostituire i combustibili fossili per abbattere le emissioni di gas serra: un'impresa apparentemente titanica se ci si ferma al dato che oggi a livello globale l'85% dell'energia deriva da fonti fossili e che la restante parte è divisa a metà tra rinnovabili e nucleare. L'ostacolo allo sviluppo definitivo delle fonti pulite però non è né scientifico né economico.
Non è vero che solo le fonti rinnovabili si reggano su incentivi economici statali: a livello globale nel 2009 sono stati stanziati 40 miliardi di euro per sostenere le energie rinnovabili e 219 miliardi per quelle fossili e molti fondi per la ricerca sono destinati paradossalmente a rendere più pulite le fonti fossili, come ad esempio il processo per catturare e stoccare la CO2, piuttosto che investire direttamente nello sviluppo di vere soluzioni verdi. Non si può prescindere dalla necessità di un quadro legislativo che governi in maniera inequivocabile il mercato e che i negoziati sul cambiamento climatico arrivino a regolamentare finalmente la riduzione delle emissioni di gas serra. Ciò che però fa e farà la differenza sono le piccole iniziative, intraprese da singoli comuni anziché dagli Stati, e sono numerosissimi gli esempi che dimostrano come le piccole economie locali abbiano un ruolo sostanziale nel promuovere le fonti pulite. È quanto dice anche l'ultima edizione del Rapporto Comuni Rinnovabili 2011 di Legambiente che presenta un'Italia in cui le fonti rinnovabili aumentano, favorendo la micro-generazione energetica eco-sostenibile distribuita sul territorio. I Comuni italiani che ospitano almeno un impianto a fonti rinnovabili sono 7.661 (su circa 8.100), di questi 964 producono più energia di quanta ne consumano.
Si dice che le fonti pulite abbiano fatto crescere i costi delle bollette. In realtà la promozione delle rinnovabili ci costa in bolletta 2,5 euro al mese, incidendo sul totale solo per il 5,5%, i costi elevati sono invece dovuti per lo più all'aumentata dipendenza dell'Italia dal petrolio e ad altre voci quali le cosiddette fonti assimilate (Cip 6). Secondo Aper (Associazione Produttori di Energia da fonti Rinnovabili) dal 2013 le rinnovabili farebbero risparmiare alla collettività 660 milioni di euro all'anno. E allora perché affermare il contrario? Perché la generazione distribuita e l'autoproduzione danneggiano l'attuale sistema energetico centralizzato basato sulle fonti fossili e perché ridurre le bollette significa ridurre i profitti dei produttori energetici tradizionali.
Senza peraltro considerare gli altri benefici quali garantire la sicurezza di approvvigionamento energetico, l'aumento occupazionale e i vantaggi per l'ambiente, la salute e il risparmio sulle multe per il mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Chiaro che non si può passare da un giorno all'altro alla produzione totale di energia rinnovabile. Si deve investire anche in un rete di distribuzione intelligente, per gestire al meglio l'energia spesso discontinua delle rinnovabili, e che sfrutti nel migliore dei modi il contributo di tanti piccoli impianti distribuiti sul territorio.
Investire ancora sulle fonti fossili e sul nucleare vorrebbe dire mantenere una rete vecchia e inefficiente, continuare a spendere soldi per mettere pezze ad un sistema che abbiamo invece l'opportunità di rinnovare radicalmente. Insomma, è ora di rinnovarsi davvero smettendo di pensare che sole, vento e acqua abbiano una qualche connotazione politica. (Nella foto: una bambina di Tokyo indossa una mascherina per proteggersi dalle radiazioni nucleari)
*Assegnista di ricerca, Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università di Milano Bicocca
© RIPRODUZIONE RISERVATA