Cultura e Spettacoli
Venerdì 06 Maggio 2011
Bucciarelli, un romanzo
che restituisce speranza
La scrittrice, che ha vinto nel 2010 il Premio Scerbanenco, presenta il nuovo libro "Corpi di scarto" il 7 maggio a Erba. L'abbiamo intervistata.
La vita all'interno di una discarica è al centro dell'ultimo libro della scrittrice Elisabetta Bucciarelli, dal suggestivo titolo «Corpi di scarto» (Edizioni Ambiente, € 15) che verrà presentato dall'autrice e dalla giornalista Paola Pioppi il 7 maggio alla Libreria di via Volta di Erba (via Volta 28; ingresso libero). Nella vicenda narrata dalla Bucciarelli tutto ruota attorno a una grande discarica dove vivono un gruppo di adolescenti, che sono il punto di vista privilegiato del libro: «Attraverso i loro occhi - afferma l'autrice - è possibile ancora avere la volontà di mescolarsi, di contaminarsi, senza per forza perdersi, al contrario di come noi invece siamo abituati a liberarci dalle cose che ci sembrano contagiose o sporche».
Elisabetta Bucciarelli, vincitrice del prestigioso Premio Scerbanenco 2010, attraverso il racconto di come si svolge la quotidianità all'interno di questa grande discarica, invita il lettore a non rifiutare ciò che a prima vista può sembrare sporco, infetto o avvelenato, ma a ripartire da questi rifiuti, simbolo del declino della nostra società, per cercare un nuovo inizio: «Quello che ho voluto raccontare con questo libro - spiega l'autrice ai lettori de "La Provincia" - è una metafora: una grande discarica come simbolo del luogo dove tutto finisce ma anche dove, per fortuna, si possono ancora trovare risorse e punti di partenza. Forse - aggiunge - dovremmo arrenderci al fatto che siamo immersi in un mondo impuro e imperfetto, e poi ripartire da lì, e cercare di guardare le scorie, gli avanzi, le rovine, i ruderi, ciò che è rimasto incompleto e interrotto come un progetto non finale. Ma, al contrario, come un inizio, per essere una possibilità di rinascita, di ripresa, di rivalutazione di quello che siamo». Sotto questa luce, la discarica non rappresenta più un luogo da cui tenersi lontani, ma diventa piuttosto un luogo sicuro, una sorta di protezione dal mondo esterno, ostile e indifferente:
«All'interno della discarica - racconta l'autrice - grazie a una nuova concezione della collettività, nascono delle relazioni buone, tanto che nelle poche uscite che accadono fuori da quelle mura simboliche, la protezione che questo conglomerato di rifiuti riesce a concedere loro sembra maggiore a quella che invece una casa della società civile può offrire». Ecco allora che il mondo esterno a quel piccolo e rassicurante universo di rifiuti assume atmosfere fredde e impersonali: «Fuori dalla discarica è tutto luce artificiale, è neon, è violenza anche nel proporsi ma, soprattutto, è indifferenza, un po' come se la giungla fosse fuori e non dentro. L'accumulo delle cose povere - conclude l'autrice - racconta invece di gente che vive ancora con poco».
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