Cultura e Spettacoli
Giovedì 12 Maggio 2011
Daverio: "La bellezza non esiste
E' solo un patto sociale"
Giovedì 12 maggio a Palazzo Terragni l'ultimo incontro per le "Primavere di Como": ospite il critico d'arte giornalista Philippe Daverio. L'incontro trasmesso in streaming sul sito de "La Provincia"
Invitato a chiacchierare con il pubblico sul tema: "La bellezza come scelta e come valore" giovedì 12 maggio, ore 20.45, Palazzo Terragni), Philippe Daverio, critico d'arte, giornalista e conduttore tv garantisce che: "La bellezza non esiste".
Professor Daverio, la bellezza non esiste?
Certo che non esiste, il concetto della bellezza che salverà il mondo è una storpiatura, una lettura errata di ciò che diceva Sant'Agostino, oggi meno che mai si può dire cosa è bello, nè cos'è brutto.
Se la bellezza non esiste, come la definiamo, cos'è?
È il frutto di un patto sociale. Facciamo un esempio, quali sono i parametri per un bell'uomo? Nel 1830 erano considerati belli quelli che avevano la panza, come me, oggi lo sono quelli magri e aitanti. La donna nel Rinascimento era bella se aveva le gambe lunghe, nel dopoguerra se era maggiorata, poi se pesa quaranta chili e mezzo... Esiste un parametro della bellezza che segue il momento storico e le necessità della società.
Oggi abbiamo o sappiamo trovarlo questo parametro?
No, perché siamo incapaci di gestire il nostro destino e perché stiamo vivendo un momento di profonda mutazione sociale che i distratti chiamano crisi, gli altri, appunto, mutazione.
Che cosa sta mutando e quando saremo pronti a definire una nostra bellezza?
Sta mutando ogni cosa del nostro vivere e ci troviamo nel pieno di questo processo, penso che ci vorranno ancora una ventina d'anni per riuscire a dare un parametro alla bellezza, per ora viviamo seguendo le illusioni.
Ma, nel concreto, cosa ci rende incapaci di trovare e definire la bellezza?
La bellezza si costruisce e noi oggi non siamo capaci di farlo perché abbiamo almeno tre cose più importanti da risolvere: la sopravvivenza dell'Occidente, cosa dire dopo Bin Laden e dopo Gheddafi, come gestire l'avanzata della Cina, ma anche come eliminare il capitalismo che oggi vive solo di sfruttamento e non di sopravvivenza dei mercati.
Il futuro non promette nulla di buono?
Ma che futuro? Noi non siamo in grado di salvare l'Italia, dobbiamo deciderci a chiedere a tutta la cultura occidentale di farlo al nostro posto.
E il resto dell'Occidente accetterà di salvare l'Italia?
Certo che sì, a condizione che noi... ci togliamo dai piedi, o meglio togliamo dai piedi il ministro e lasciamo fare ad altri. Prendiamo, ad esempio, Pompei, non vorremo mica continuare a dire che Pompei è italiana? Pompei è di tutti come tante altre cose preziose che sono sul nostro territorio. Per fortuna alcune opere d'arte sono del Vaticano! Venezia, diremo mica che è italiana, soprattutto in questo anniversario dell'Unità? Chi ha più diritto su Venezia, visto che era in pieno regno lombardo-veneto?
Sicuro che i nostri politici accettino di farsi aiutare?
Beh, dovranno decidersi. Se la nostra situazione continua come ora, o usciamo dall'Europa e diventiamo barboni, o ci facciamo gestire e controllare i patrimoni dal resto dell'Occidente. Bisogna avere l'onestà di dire che non ce l'abbiamo fatta a salvare l'Italia.
Supponiamo che ora un giovane le chieda, cosa devo fare per l'Italia?
Direi che l'Italia non è più quella di Vittorio Emanuele II, che la giudicava territorio dove andare a caccia, e poi che bisogna cercare prima di tutto di avere un'opinione. Averne una propria deve venire prima del fare e poi direi che si deve cercare di sollecitare l'attenzione.
Come si fa?
Non lo so, lo sapessi farei il presidente del Consiglio.
Che gliene pare dell'idea del calciatore Zambrotta della passeggiata a lago a Como con erba sintetica?
Le soluzioni fantastiche ed effimere sono sempre buone perché aiutano a prendere coscienza della situazione attuale. Ritorniamo sempre alla questione della presa di coscienza, imprescindibile.
La scuola può aiutare a prendere coscienza della necessità di un patto sociale del bello?
Per arrivare a formulare il nostro patto sociale e la bellezza (che non è mai esistita se non, appunto, come patto) occorre cominciare a discutere e non a insultare come si fa oggi. Perché la scuola possa fare qualcosa in tal senso, servirebbero almeno un paio di cose: un ministro che sappia cos'è la scuola e il rendersi conto che gli insegnanti sono pagati troppo poco e, in genere, valgono poco, anche se ce ne sono tanti bravissimi. Questa situazione è l'eredità del Caf - Craxi, Andreotti, Forlani - che aumentarono il numero di docenti per creare lavoro, ma senza formarli e pagandoli poco.
Carla Colmegna
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