Cultura e Spettacoli
Giovedì 12 Maggio 2011
Iacchetti: "Divo tv? Meglio il teatro"
In scena venerdì 13 maggio al Fumagalli di Cantù con Giobbe Covatta nella pièce agrodolce "Niente progetti per il futuro"
Iacchetti, che effetto fa tornare a lavorare con l'amico Covatta?
Sembra incredibile ma nonostante ci conosciamo da trentun anni, dai tempi bellissimi del Derby, non eravamo mai riusciti a fare qualcosa insieme in teatro. Alla fine, siamo incappati in questo bel testo di Brandi che ha scritto pensando proprio a noi. Da lì la decisione di buttarci ed è una esperienza gratificante, nonostante la fatica.
Come funziona la convivenza sulla scena?
Siamo due persone particolari, entrambi abbiamo un carattere ombroso e possiamo ridere insieme per otto ore o non parlarci per due giorni. Eppure siamo amici per la pelle e le dirò che non sarei mai riuscito a portare a termine un'avventura di ottantotto repliche come questo spettacolo, se non mi fossi trovato a fianco un vero e proprio fratello.
Anche i vostri personaggi, due aspiranti suicidi, vi somigliano molto (tentato suicidio a parte). In particolare, lei interpreta Tobia, un vip della tv…
Sì. Per mia fortuna, a differenza di Tobia, non sono ancora caduto in disgrazia, nonostante spesso io sia apertamente critico nei confronti della tv. Tobia è un personaggio che somiglia molto a tanti che conosco. Gente che magari ha fatto centro con uno spettacolo e ne ha sbagliati due di fila, oppure gente che si rassegna o si adagia nella mediocrità e nell'ipocrisia. Tobia è così e al contrario di me, nella televisione ci stava benissimo, prima di esserne estromesso.
E' strano sentir dire a Enzo Iacchetti che non sta bene nella tv…
Io la frequento poco e devo dire che, se non ci fosse "Striscia", le cose andrebbero diversamente.
I maligni potrebbero accusarla di criticare un mondo che le ha dato molta fortuna, e di cui ha accettato le regole…
Può dirlo solo chi non conosce la realtà televisiva! Si fa presto a dire che bisogna cambiare la tv, ma non è così facile perché, ad ogni proposta di una certa qualità, ci si sente dire che "il pubblico non è pronto" e che il target è troppo alto. In realtà, va detto, la colpa dell'abbassamento del livello in tv, è anche e soprattutto di chi la guarda.
Torniamo allo spettacolo, il cui titolo vuole fotografare una realtà molto attuale e non solo le storie dei personaggi...
Certo. Le vicende di Ivan e Tobia vanno calate in un mondo come il nostro, asfittico, in piena decadenza, privato ormai dei sogni, soprattutto per i giovani. Io e Giobbe siamo comici e raccontiamo la realtà a modo nostro, ma nonostante si rida dal primo all'ultimo minuto, ci caliamo nei panni di due disperati, come in Italia, oggi, ce ne sono tanti, gente che come Ivan e Tobia non riesce più a stare in questa società difficile e egoista.
Insomma, attraverso il teatro, riuscite a divertire e a commuovere?
Non solo. Credo che oggi, la scena sia uno dei pochi luoghi dove ancora l'artista è libero di comunicare, ammettendo che abbia qualcosa da dire al pubblico. Io amo il teatro, come amo ogni genere di spettacolo, compreso il piccolo schermo, ma non dimentico che sulle assi del palcoscenico mi sono formato.
Il riferimento è sempre alla esperienza formante del Derby, un luogo magico. Perché?
Era una specie di università a numero chiuso che formava con una gavetta dura. Tutti quelli che sono usciti di lì, però, hanno fatto carriera.
Sara Cerrato
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