Cultura e Spettacoli
Venerdì 13 Maggio 2011
Gli studenti raccontano
il Marchese garibaldino
In biblioteca, dal 14 maggio, una mostra sulla passione risorgimentale del nobile comasco.
Affascinati, sdegnati, comunque avvinti alla vicenda del matrimonio della bella Giuseppina con Garibaldi, gli storici del Risorgimento hanno largamente trascurato il marchese Giorgio Raimondi, prendendolo in considerazione quasi esclusivamente nel ristretto ruolo di padre dell'effimera sposa. È stato un errore, al quale un secolo e mezzo più tardi cercano di porre rimedio gli studenti di una classe, la III H, del liceo Fermi di Cantù, che inaugureranno sabato 14 maggio alla biblioteca civica di Como una mostra intitolata «Addio, mia bella addio. Gioventù, passione, amicizia e onore nel Risorgimento italiano» che proprio al patriota comasco è dedicata. Dalla presentazione diffusa nei giorni scorsi, che parla di una figura "nobile" di un "contributo fondamentale ai moti rivoluzionari per la lotta verso l'indipendenza", di ideali, prestigio, passione ed esilio, par di capire che si tratti di qualcosa di più di una semplice ricerca scolastica, della quale sarà interessante scoprire gli esiti, considerato anche che la ricostruzione della vita del marchese e del contesto storico è stata realizzata, sotto la guida degli insegnanti, in collaborazione con la direttrice della biblioteca, Chiara Milani, selezionando una serie di documenti fra i duecentomila del monumentale archivio Mantica-Raimondi Odescalchi. Del resto, il soggetto della ricerca è effettivamente avvincente. Il marchese Giorgio, erede di cospicue proprietà terriere e di ville disseminate nel Comasco, pare che si fosse addirittura ridotto in cattive acque non - come si mormorava - per le abitudini dispendiose di vita, ma per la consuetudine di aprire senza esitazioni e largamente i cordoni della borsa a favore di chiunque stesse mettendo in piedi una qualche iniziativa patriottica. Fu lui, appartenente alla Giovine Italia, a finanziare la spedizione mazziniana in Savoia nel 1834. Ma fu lui, soprattutto, a far parte del governo provvisorio costituito a Como nella seconda fase della prima guerra d'indipendenza, nel 1849, e a dover affrontare l'esilio in Svizzera per sottrarsi alla vendetta degli austriaci, che volevano arrestarlo. In quell'esilio lo seguì la figlia naturale Giuseppina, che malgrado non avesse più di diciotto anni era un tipino assai sveglio, abituata a fare da staffetta per i patrioti, portando armi e documenti da una parte all'altra del confine. Fu proprio durante una di queste scarrozzate in calesse che vide per la prima volta Garibaldi e, a quanto pare, l'eroe fu subito trafitto dal fascino dell'ardimentosa ragazza. Il resto è storia nota.
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