Cultura e Spettacoli
Martedì 03 Gennaio 2012
Eastwood e Di Caprio
negli enigmi americani
"J. Edgar" del regista Usa, 81 anni, è il più atteso tra i film di qualità della nuova stagione del grande schermo. Ecco, per i lettori de "La Provincia", un'anteprima delle immagini e del contenuto della pellicola, con alcune considerazioni del cineasta e del protagonista.
Il suo nome è forse poco noto agli italiani. La sua creatura, l'Fbi, lo è molto di più, cuore delle indagini dei più importanti casi di cronaca americani e presenza non sempre rassicurante di film per il grande e il piccolo schermo. Ora è Edgar J. Hoover, colui che trasformò il Bureau of Investigation in Federal Bureau of Investigation con giurisdizione su tutti gli Usa, il protagonista di una pellicola. Il regista è niente poco di meno che Clint Eastwood, 81 anni, che da uomo con il fucile dei western di Sergio Leone è diventato uomo con la macchina da presa con la stessa mira infallibile. Al ritmo di un'opera ogni 12 mesi, l'attore e regista californiano, dopo i magnifici "Gran Torino" e "Herafter", porta nelle nostre sale da venerdì "J. Edgar" con Leonardo Di Caprio protagonista.
Il film non è una biografia, piuttosto un ritratto di un uomo tra i più potenti dell'America del '900, spaziando dal 1919 al 1972. Dal giovane agente, capace e già paranoico, all'anziano morente dopo aver resistito a otto presidenti, costruito una struttura organizzatissima e combattuto pericoli reali o immaginari. Il trentasettenne attore di "Titanic", che per questo ruolo è considerato tra i favoriti agli Oscar (più volte nominato, non l'ha mai vinto), si è dovuto ringiovanire e invecchiare con delle protesi facciali per passare dai 24 ai 77 anni del suo personaggio. La sceneggiatura è di Dustin Lance Black, che già aveva scritto "Milk" con Sean Penn attivista per i diritti dei gay nella San Francisco anni '70. In questo caso siamo quasi agli antipodi, se non per l'omosessualità di Hoover più che suggerita dal regista. Tanto reazionario e negazionista dei diritti civili (cercò di ostacolare in tutti i modi persino Martin Luther King), tanto custode di segreti inconfessabili nella sua vita privata.
Amava circondarsi di personaggi famosi, era attento al culto della propria personalità, ma era altresì capace come pochi di manipolare i media, tanto che della sua vita privata si sapeva pochissimo. Black ha compiuto una lunga ricerca intervistando quanti l'avevano conosciuto o avevano vissuto la Washington di quegli anni. Alla fine ha composto una storia che va avanti e indietro nel tempo: il punto di partenza è l'ipotetica dettatura di un'autobiografia che permette di dare il punto di vista di Hoover su tutte le azioni e le situazioni in cui si è trovato coinvolto. «Se si fosse trattato solo di una biografia, non penso che avrei voluto realizzare il film. Questa è una storia che parla di relazioni ed è lo studio di un personaggio. Mi piacciono i film che raccontano i rapporti umani, mi piace analizzare perché le persone fanno o hanno fatto determinate cose nella loro vita» ha dichiarato Eastwood. «Hoover è stato un agente di prim'ordine - ha aggiunto il regista - ma non sapevo molto di lui prima di ricevere la sceneggiatura. Viveva ad alto livello, frequentava attori e scrittori famosi in occasioni mondane, ma era anche un enigma».
«Edgar è uno dei personaggi più problematici che abbia mai incontrato in una sceneggiatura - ha affermato Di Caprio - Hoover è stato un personaggio mitico, un'icona della storia americana, ma la sua vita personale e politica erano avvolte nel mistero».
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