Cultura e Spettacoli
Martedì 03 Gennaio 2012
Mussolini e le donne
un ambiguo legame
Negli anni giovanili il fondatore del fascismo era affascinato da personalità femminili più intelligenti, brillanti e colte: si pensi a Margherita Sarfatti o all'appassionata Ida Dalser. Un libro esplora il rapporto tra potere e sesso, nei leader dei regimi del Novecento. Lo ha letto e criticato per noi Valeria Palumbo, caporedattore dell'"Europeo", saggista e storica delle donne.
In barba ai detti popolari, sembrerebbe che i dittatori non si siano fatti mancare nulla: potere e sesso". L'idea di Diane Ducret, raccontare una serie di biografie sentimental-sessuali di alcuni brutali padroni del mondo ("Le donne dei dittatori", Garzanti, 405 pag., 22,60 euro), non era quindi, in partenza, affatto male. Ma, a parte qualche problema con le ricostruzioni temporali e il gusto di far saltare il povero lettore avanti e dietro con il tempo, forse la Ducret, giornalista, storica e produttrice di programmi per History Channel, ha sottovalutato il pericolo delle somiglianze. Vero: Jean-Bédel Bokassa, il terrificante padrone della Repubblica Centrafricana dal 1966 al 1979 (si fece addirittura proclamare imperatore), e António de Oliveira Salazar, l'oppressore del Portogallo, ebbero molte donne. Ma metterli a confronto sul tema è come paragonare un violentatore seriale con un allegro bagnino di Cervia. Non solo, ma poiché ci sono stati anche dittatori monogami, come lo spagnolo Francisco Franco, sposato alla potentissima e cattolicissima Carmen Polo, alla fine si ha anche qualche dubbio sul titolo. Forse era meglio: Dittatori con molte donne.
Il primo che viene in mente è inevitabilmente il nostrano Benito Mussolini. Che, nella massa delle conquiste, ha conservato una caratteristica davvero singolare: all'inizio si scelse come amanti donne colte, intelligenti e moderne che non solo lo istruirono e lo finanziarono, ma di fatto gli spianarono la via alla carriera politica e al potere. Sto parlando della rivoluzionaria ucraina Angelica Balabanov, della talentuosa giornalista Lena Rafanelli, della coltissima e abile Margherita Sarfatti e della povera Ida Dalser, sfruttata e abbandonata, e tornata alla ribalta con il film di Marco Bellocchio, "Vincere", nel 2008.
Tra queste donne e l'ostinata ma inconsistente Claretta Petacci o la ruvida Donna Rachele ci sono davvero pochi nessi. In qualche modo colpisce la somiglianza con la vicenda di Lenin che pure, all'inizio, si affidò alla tenacia di intellettuali dalla provata fede rivoluzionaria. Ma poi, in sostanza, si divise tra due donne: la moglie, Nadezhda Kostantinovna Krupskaja, e Inessa Armand, collaboratrice e amante ufficiale.
Adolf Hitler era tutt'altro genere di "sciupafemmine". E forse, fosse stato per lui, di donne ce ne sarebbero state ben poche nella sua vita. Forse la sola Angelika Raubal, l'adorata nipotina di cui era tutore. Quello che in verità colpisce nella vicenda di Hitler non è la sua voracità, ma al contrario gli appetiti, davvero inspiegabili, che accendeva nelle donne tedesche. Le lettere pubblicate dalla Ducret, sia per Mussolini sia per Hitler, rivelano un universo femminile assetato di amore e sacrificio che vede in questi uomini il riscatto da tutte le frustrazioni storiche e quotidiane che le donne dovevano sopportare. Educate a un amore assoluto e romantico che la realtà si incaricava subito di disilludere, moltitudini di tedesche e italiane individuarono nei loro dittatori gli amanti perfetti. Una concezione pre-politica, quasi religiosa (anzi molto simile a certe forme di devozione), che però ha costituito un elemento fondamentale del successo di questi uomini. E della solidità del consenso di cui hanno goduto: più i tempi si facevano oscuri e più le donne si offrivano al sacrificio per i loro idoli. Salvo poi cambiare repentinamente idea al momento della caduta. Fenomeno fra l'altro molto simile a quello a cui abbiamo assistito di recente per quanto riguarda l'ex premier Silvio Berlusconi.
Anche Stalin fu idolatrato dalle donne e ne approfittò a piene mani. Ma le sue vicende conservano un carattere tragico: la prima moglie, Ekaterina "Kato" Svanidze, l'unica donna che lui sostenne di aver amato a parte la madre, morì a 22 anni. La seconda moglie, Nadezhda Alleluievna, si suicidò dopo aver espresso in qualche modo il suo dissenso verso la ferocia del marito ma anche dopo che lui le aveva confessato di essere suo padre. In questo repertorio, diviso fra seduttori cortesi ma gelidi come Salazar e auto-compiaciuti violentatori come Mussolini, il capitolo dedicato a Elena Ceauçescu, l'unico riservato a una sola donna, appare fuori posto. Anche perché ad approfittare del potere dei loro uomini, e ancora di più a far da burattinaie dietro le quindi sono state moltissime compagne, mogli e amanti di dittatori. In più tra le comparse, anche famose, che si davano il cambio a Palazzo Venezia per rinsaldare la fama virile di Mussolini, e alcune donne d'acciaio come la terribile e potentissima Jiang Qing, l'ultima moglie di Mao, è difficile stabilire un nesso. Molte amanti di dittatori si sono accontentate di uscire dalle alcove con qualche promessa di ingaggio teatrale o cinematografico. Jiang Qing, che pure era stata attrice, si preparava a succedere a Mao.
In sintesi, troppa carne al fuoco nel libro della Ducret, gestita con non sufficiente perizia. Ma le vicende restano interessanti. Soprattutto perché la storiografia ufficiale si ostina a sottovalutare il dietro le quinte del potere e considera poco, ancora oggi, le bassezze, le fragilità, le ostinazioni, i sentimenti e le scelte irrazionali di chi si è trovato a gestire il destino di interi popoli. Peccato, perché, per capire le contraddizioni della storia, occorre comprendere quelle degli uomini che, giorno dopo giorno, ne compongono la trama.
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