Cultura e Spettacoli
Domenica 12 Febbraio 2012
Dalla Jolie regista al G8
Quanta violenza a Berlino
L'attrice ha presentato il suo primo film da cineasta sulla guerra nell'ex Jugoslavia, mentre il regista italiano Daniele Vicari ha raccolto gli applausi dei critici per il film sui pestaggi alla caserma Diaz di Genova nel 2001. Ecco i trailer delle due pellicole.
Giornate di film molto crudi e molto violenti al Festival di Berlino, tutti ispirati a fatti reali. Dalla guerra di Bosnia raccontata da Angelina Jolie per la prima volta regista a "Diaz - Non pulite questo sangue" di Daniele Vicari sul G8 di Genova. Entrambi raccontati senza risparmiare scene crude che possono per un istante far chiudere gli occhi agli spettatori o voltare la testa. Due operazioni coraggiose e forse non del tutto riuscite e per motivi diversi.
Il regista italiano ha raccontato l'irruzione della Polizia nella scuola genovese che ospitava il Media center del Social Forum a manifestazioni ormai concluse. Un'irruzione immotivata, uno sfogo di violenza gratuita che ebbe come vittime 93 persone, manifestanti, giornalisti o che si trovavano là per caso. Il processo d'appello ha condannato per quei fatti 27 poliziotti che parteciparono all'azione notturna. Sugli atti dei processi e sugli interrogatori, nonché sul molto materiale scritto e filmato (un consulente è stato Carlo Augusto Bachschmidt, avvocato e autore del documentario "Black Block") si è basata la sceneggiatura. «Ci siamo documentati molto, le testimonianze sono pubbliche, basta cercarle in internet. Ci siamo basati su fatti veri, ma poi abbiamo tolto i nomi reali perché le vittime, i manifestanti feriti, ci hanno chiesto di non metterli per proteggere la loro privacy» ha detto il regista. «Quel che accadde è un fatto inaccettabile. E orribile, tanto più perché avvenne sotto gli occhi del mondo che assistette senza dire nulla. Un evento che ha messo in discussione i principi democratici del nostro Paese e ha aperto una ferita che non si è ancora sanata» ha aggiunto Vicari. La pellicola, presentata nella sezione "Panorama" e nelle sale italiane dal 13 aprile, è molto riuscita nelle parti dell'irruzione e dei pestaggi, meno nella costruzione dei personaggi principali (a parte il poliziotto interpretato da Claudio Santamaria) che sono appena abbozzati.
Calca molto la mano sul sangue e gli ammazzamenti la Jolie, fuori concorso con "In the Land of Blood and Honey - Nella terra del sangue e del miele", una storia d'amore tra una pittrice musulmana e un poliziotto serbo sullo sfondo della guerra di Bosnia. L'attrice, che ha provocato le reazioni infastidite della componente serba, mostra coraggio: nella regia muscolare, nel girare in bosniaco un film che sembra più europeo che americano e nel toccare ferite ancora aperte. «Quando fai un film di guerra ti poni sempre il problema sul ciò che puoi mostrare e quel che è meglio non mostrare - ha risposto la Jolie a chi le chiedeva il perché di tante scene forti - Però nessun film può ricreare i veri orrori della guerra, ho mostrato la violenza proprio perché c'è stata. Deve essere un film difficile da vedere perché è stata così la realtà. Quando vedo un film di guerra che è troppo semplice da guardare non mi sento a mio agio».
Molto bello, sicuramente il più convincente dei film visti finora in gara, il filippino "Captive" di Brillante Mendoza, che ha raccontato del rapimento di una ventina di stranieri a opera di terroristi musulmani tra maggio e novembre 2001. Tra loro una cooperante francese, interpretata da Isabelle Huppert. Mendoza riesce a far sentire la tensione, a rendere il fanatismo, la violenza e l'ingenuità dei rapitori, braccati dall'esercito in una guerra che provoca solo morte e terrore.
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