Cultura e Spettacoli
Domenica 18 Marzo 2012
Ma quanti brutti libri
I best seller da evitare
Dai manuali di cucina scritti da non specialisti al "fondamentale" autore americano di turno. Un celebre critico letterario lancia un j'accuse alle case editrici e insegna ai lettori come evitare bufale noiose e costose...
Andare in libreria per un lettore di oggi è come entrare in un labirinto, pieno di insidie. Riuscirà ad arrivare alla cassa con il libro giusto, ma soprattutto con un bel libro nel sacchetto?
L'impresa è piuttosto ardua, perché nonostante la crisi porti a pensare che sia meglio ridurre il numero dei nuovi libri, per poter puntare meglio su quelli che veramente valgono e hanno possibilità di affermarsi, le uscite non pare tendano a diminuire. Con una sorpresa imbarazzante per il lettore che gira tra gli scaffali in cerca di una bella storia: il più delle volte i romanzi italiani e stranieri che vengono proposti dai nostri editori risultano delle "bufale", ovvero libri che magari vendono anche, ma che poi lasciano deluso il lettore che li ha comprati. Il perché è presto detto: la nostra è una editoria in cerca di best-seller a tutti i costi, quelli dal milione di copie in su. Per raggiungere questo obiettivo la nostra grande editoria non riesce a fare una programmazione oculata delle uscite, selezionando titoli di valore, ma preferisce puntare sul "mucchio", ovvero mandare in libreria una gran massa di titoli, sperando poi di fare il colpo grosso, ovvero di vincere la lotteria del "best-seller" inaspettato, quello che sbanca il botteghino, ma riesce a far quadrare i conti e ripaga di tutti i per lo più brutti libri che l'editoria traduce, stampa e distribuisce, su consiglio dei potentissimi e spregiudicati agenti letterari di oggi.
È chiaro che affidandosi alla speranza del "gratta e vinci" milionario, la ricerca della qualità passa in second'ordine, non è più uno dei riferimenti dei manager che governano l'editoria italiana.
Se proprio la "lotteria" dei best-seller tarda ad elargire il colpo di fortuna e la dea bendata si dimostra avara e distante, c'è sempre l'altra carta su cui giocare, che non chiameremo "jolly", ma "replay", vale a dire la ricerca dei cloni letterari. Se un editore ha sbancato in libreria con un autore, italiano o straniero, non importa, subito si scatena la ricerca di libri simili, magari che funzionano meno del "best-seller" originale, ma in qualche modo ne sfruttano il filone. Si pensi a tutti i manuali di cucina, rigorosamente firmati da un volto noto o emergente della televisione in risposta all'exploit di Benedetta Parodi, per non parlare poi dell'inflazione che «i letti, cotti e mangiati» hanno provocato sui banconi delle librerie. Sono finiti i tempi (eravamo negli anni Novanta) di Suor Germana; anche l'editoria si aggiorna.
In fatto di narrativa tutto è ancora più disorientante. Il lettore non riesce più a capire quali sono i veri libri di qualità e quali sono i prodotti "medi", costruiti secondo regole e contenuti che risultano specchietti per le allodole. Da una parte assistiamo ad un'inflazione di nuovi narratori, il cui talento è molto spesso discutibile: libri per lo più noiosi che non hanno né la forza della grande tradizione letteraria e nemmeno il mestiere di scrivere storie leggibili, in grado di appassionare. E i romanzi ora in Italia li scrivono proprio tutti, dai critici letterari ai conduttori televisivi, dalla gente del cinema fino ai giornalisti e ai cantanti, da gente che è abituata a usare la scrittura per altre ragioni fino a chi proprio di scrittura non ne sa niente. Diffidare sempre, in questo caso: potrebbe esserci sì il libro curioso o il cantautore che diventa scrittore a tutti gli effetti come nel caso di Francesco Guccini, ma i casi sono rari. Sono i cosiddetti libri-vetrina che riescono a vendere qualche copia visto che il "volto noto" incuriosisce sempre i suoi fans e se si tratta di personaggio televisivo ci sono le presentazioni in almeno tre trasmissioni della rete per cui il personaggio lavora.
Per quanto riguarda i giovani scrittori, ce ne sono di buoni e anche di molto buoni, che però si perdono in questa disordinata ammucchiata di arrivi in libreria. E sono proprio loro, quelli che andrebbero sostenuti e fatti conoscere, quelli che intendono ancora la letteratura in modo serio, come un mestiere difficile, al punto da sentire ancora la responsabilità di dover scrivere "un buon libro".
Invece dei libri belli, l'imperativo della grande editoria, è quello dei libri da "consumare": scelti e studiati per attirare l'attenzione dei lettori, puntando su sentimenti facili, fotografie di copertina che creano un'atmosfera un po' finta, ma efficace dal punto di vista emotivo e soprattutto su titoli che richiamano a best-seller del passato, a situazione esotiche, a un sentimentalismo che è quello tipico della fiction televisive.
I titoli ormai sono tutti uguali, tra profumi di fiori e fragranze agrumate (dal limone all'arancia selvatica), con dovizia di spezie (zenzero e cannella vanno forte in libreria) e le storie non riescono a raggiungere un valore letterario degno, ma si configurano come sceneggiature raccontate di possibili film a tinte pastello, ma anche di più forte impatto, con tutte le sfumature dei drammi umani dall'incesto al dissidio tra madri e figlie, per non parlare degli adolescenti che in questi libri vivono realtà esageratamente tragiche, tra terribili segreti, ricatti del cuore e via di seguito.
Niente di buono quindi per questa letteratura del tempo di crisi, dove invece del "poco, ma buono", si agisce secondo la logica del "molto, un po' insignificante". Con una conseguenza: la perdita dei lettori.
Infatti, quando i soldi sono pochi, anche il libro diventa un lusso e i libri, si sa, costano parecchio.
Se poi il romanzo delude, il lettore un po' si stanca e smette di andare in libreria. O sceglie di stare sul sicuro e ripiega sui grandi autori, i classici, i grandi romanzi del Novecento, gli scrittori consolidati dalla critica internazionale, dalle varie candidature ai premi importanti come il Nobel. Se l'editoria continua a giocare la roulette del best-seller da acchiappare a caso, il lettore si fa più furbo degli editori e arriva sempre il momento che li lascia giocare da soli. Conclusione: mai deludere chi è in cerca di buoni libri. Il lettore non perdona. Soprattutto quando bisogna far quadrare i costi.
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