Cultura e Spettacoli
Sabato 31 Marzo 2012
Elsa, Emma, Susanna
Tre volte donne leader
Fornero, Marcegaglia e Camusso: tanto diverse, ma così simili nell'avere carisma. Le tre donne del momento analizzate dalla storica del pensiero femminile Valeria Palumbo. Caporedattore centrale de "L'Europeo", membro della Sis (Società italiana delle storiche) e collaboratrice delle pagine culturali de "La Provincia", Palumbo ha vinto nel 2006 il premio "Il Paese delle donne". Tra i suoi saggi: "Donne di piacere" (Sonzogno,2005), "La divina suocera", (Selene,2004) e "Veronica Franco, cortigiana e poetessa" (Edizionianordest).
Il 28 marzo, nelle pagine di Economia, il "Corriere della Sera" pubblicava una notizia interessante con un commento curioso (segno dei danni che può fare il "politically correct"): secondo la Bundesbank quando nei consigli di amministrazione aumentano le donne le banche assumono più rischi. Commenta l'autrice dell'articolo, Giuliana Ferraino: "La Bundesbank si scopre maschilista". Direi il contrario. A parte che queste correlazioni non sono mai così dirette, io direi che è un'ottima notizia: quando nei cda entrano donne si diventa meno conservatori. Magari. Non è di questo che ha bisogno un sistema asfittico che ha puntato solo sul guadagno immediato? Non è di idee nuove che hanno bisogno banche e imprese per uscire dalla crisi?
Ci riflettevo ripensando al sollievo che provai, qualche tempo fa, aprendo la "Repubblica" e scoprendo nella stessa pagina, la terza, la foto di tre donne: Emma Marcegaglia, allora presidente di Confindustria, Susanna Camusso, segretaria/o generale della Cgil, ed Elsa Fornero, ministro del lavoro e delle politiche sociali (ahia, la lingua italiana e i generi). Era il 20 dicembre 2011 e l'Italia mi apparve definitavamente cambiata. All'improvviso liberi da Ruby-Minetti-Santanchè, facevamo finalmente i conti con donne reali, che si occupavano di argomenti reali. E che non fingevano false solidarietà. Questa forse fu la cosa che mi piacque di più: cancellata la fantasmagorica idea che le donne costituiscano un tutt'uno socio-fisico (per cui, se una mostra le cosce in tv, le hanno mostrate tutte), le tre leader andavano in prima pagina perché, ovviamente, non andavano e non vanno d'accordo. Rappresentano interessi distinti.
Eppure, proprio come nella fase precedente il blob Ruby-Minetti-Santanchè suscitava inquietanti rassomiglianze, c'erano, nelle foto delle tre, serissime (anche negli abiti), fiere e ben distinte signore alcuni tratti comuni.
C'era di che preoccuparsi?
Se la ricerca della Bundesbank è corretta (e, fatti appunto salvi una serie di elementi, credo che lo sia), la prima somiglianza era ovvia: portavano cambiamento. Il paradosso è che il cambiamento da loro indotto, però, pure in una stagione di profonde riforme, era: dimostravano che quando il gioco si fa duro, le donne devono giocare da dure. E sanno farlo. Perché questo impone il gioco e non, come credono le ingenue e un po' razziste signore degli anni Settanta, perché si adeguano a un sistema maschilista. Ovvero, le tre signore avevano i profili che ci si aspetta per le funzioni che ricoprono o ricoprivano. Se vuoi fare il direttore d'orchestra, puoi anche non indossare il frac, ma Bach lo suoni come lo suonerebbe qualsiasi buon direttore d'orchestra: il sesso non c'entra.
Però, però... c'è sempre un però: annunciando la stretta sulle pensioni (che è stata un stretta vera), la più dura del gruppetto, il/la ministro Fornero (lei non vuole essere chiamata "la" Fornero) scoppiò in lacrime. Riferiscono cronisti scrupolosi che pensava a sua madre pensionata. Come se gli altri ministri, in oltre 60 anni di Repubblica, la mamma anziana non ce l'abbiano avuta. Pochi giorni dopo la stessa Fornero si scatenò in difesa della figlia Silvia, che (è la realtà) ha fatto una carriera davvero troppo rapida per gli standard italiani. Insomma, il/la ministro tiene famiglia, piange. Ed è anche irritabile: quando, stupidamente, l'ex ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto, si è fatto fotografare sorridente accanto a una "sciura" con una inquietante t-shirt (con scritto "La Fornero al cimitero"), lei si è arrabbiata moltissimo. Nemmeno per idea, come pure per il caso della figlia-fenomeno, le è venuta in mente una battuta. E improvvisamente mi sembra che sia tutto più chiaro. Ecco che cosa hanno in comune le tre signore del "gioco da duri": mancano di ironia. E di sorrisi.
Diciamoci la verità: in quanto a battute, "l'era montiana", nonostante l'ironia british del premier, si sta dimostrando poco abile. Quelle sui giovani sono catastrofiche e c'è finita di mezzo anche l'altra ministro-novità, Anna Maria Cancellieri, che ha sbaragliato tutti in gaffes con «il posto fisso vicino a mamma». Emma Marcegaglia fu molto ammirata, nel maggio 2009, quando si ribellò all'infelice battuta dell'ex premier Silvio Belusconi che l'aveva paragonata a una velina.
Ma la risposta: «Non ho niente contro le veline e quando si hanno 40 anni fa anche piacere sentirsi dire di essere come una velina. Ma preferisco essere considerata come ha detto Bonanni, una persona seria, onesta e libera che sta portando avanti un lavoro concreto», non era né spiritosa. Né pungente. Della Camusso, poi, la cosa più ironica che si conosca sono i cappellini alla Cipputi. Dico "ironica" e non "spiritosa" perché è ovvio che veniamo da anni di politica alla Bagaglino e non ne possiamo più. Però, peccato: si può essere serissimi ma puntuti. E perfino sorridenti. E questa sarebbe stata una bella lezione, non solo psicologica, ma anche sull'arte del potere, da parte delle tre signore. Che hanno stanno cambiando i nostri stereotipi. Che prendono molto sul serio il loro lavoro. Ma, proprio come i loro colleghi maschi, rischiano di prendersi troppo sul serio. E qui l'ultimo dubbio: il profilo psicologico delle élites italiane sembra aver poco a che fare con il genere.
Chi è in alto (o si sente in alto: ho partecipato di recente a una conferenza in provincia in cui l'elenco dei/delle presidenti, di qualsiasi cosa, pareva sterminato) comincia a pensare di avere sempre ragione. E che gli altri debbano pure crederci.
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