Cultura e Spettacoli
Giovedì 12 Aprile 2012
Un mistero italiano
con pista comasca
Il 12 aprile del 1928 Vittorio Emanuele III uscì illeso da un attentato che costò la vita a 20 persone. Fu arrestato, proprio nel Comasco, il fratello dello scrittore Ignazio Silone.
Il 12 aprile del 1928 Milano fu scossa da un attentato che causò la morte di venti innocenti persone e la città di Como venne coinvolta in quei fatti per la cattura di un personaggio eccellente coinvolto nella vicenda. Il vile assassinio si consumò alle ore 10,07 in piazzale Giulio Cesare, di fronte alla Fiera Campionaria quel giorno in fase di inaugurazione alla presenza di Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.
Un quantitativo di esplosivo, non enorme come peso, ma letale per come venne immesso sapientemente all'interno di un lampione di rame, fu fatto deflagrare da mani per sempre rimaste ignote. Lo scoppio fu molto potente, tale da causare la distruzione del lampione in minuscoli pezzi, i quali divennero dardi micidiali che andarono a conficcarsi nei corpi di diecine di persone del pubblico in attesa del passaggio del Re. Il sovrano transitò da quel punto circa mezz'ora più tardi ed ebbe salva la vita, quattordici sudditi di casa Savoia che aspettavano di vedere il loro re, morirono subito.
Poi col passare delle ore e dei giorni, il numero totale di chi non la scampò si attestò a venti unità. L'orrore della nazione intera fu tangibile, Benito Mussolini ordinò di fare chiarezza sull'accaduto e sguinzagliò i suoi agenti dell'Ovra (Opera di Vigilanza e Repressione Anti Fascista). In effetti, parve che la solerte investigazione delle Camice Nere potesse avere un riscontro positivo nell'immediato, ma con il passare del tempo le cose presero un'altra piega.
Nello stesso pomeriggio di quel giovedì d'aprile, l'hotel Bella Vista di Brunate ancora oggi in attività nel comune montano a picco su Como, si trovò ad avere come ospite un giovane senza nessun bagaglio con se e con un comportamento abbastanza nervoso da insospettire il proprietario. All'arrivo di una pattuglia di carabinieri chiamata dall'albergatore, il giovanotto sfruttando uno stratagemma si dileguò nella oscurità della sopraggiunta notte, letteralmente saltando dalla finestra del primo piano della sua camera. La fuga per dire il vero non durò a lungo. La mattina seguente, il ragazzo ricomparve sul tram della linea Como-Erba-Lecco e venne ancora una volta avvicinato da fascisti desiderosi di saperne di più sul suo conto. Anche in questa occasione un altro atletico balzo dalla carrozza nei pressi di Tavernerio lo aiutò ad eludere la sua cattura. Ma oramai il cerchio cominciava a divenire fin troppo stretto attorno alla sua persona.
Fu notato fuggiasco da don Passera, vice presidente dell'Opera Nazionale Dopolavoro, da Mario Arnaboldi, contadino di Montorfano e soprattutto dalle tre Camice Nere Ottavio Lucca, Argeo Carcano e Spero Biondi che lo catturarono portandolo in questura. All'interrogatorio, Romolo Tranquilli, questo il nome fornito in prima dichiarazione dall'uomo, disse di essere venuto in città proveniente da Milano per trovarsi ad un appuntamento con un amico comunista in una piazza del capoluogo lariano. L'amico in questione era Luigi Longo, futuro segretario del Partito Comunista, il quale dichiarò molti anni più tardi di aver aspettato a lungo il Tranquilli in un bar di Piazza Duomo, onde indicargli come potere espatriare in Svizzera. Ma quale ragione spinse quel giovanotto spaurito in fuga da tutto e tutti ad incontrarsi con Longo. Romolo Tranquilli era fratello di Tranquilli Secondino, molto più conosciuto sotto lo pseudonimo di Ignazio Silone, scrittore già affermato e impegnato politicamente nel Partito Comunista, in quel periodo dimorante in Svizzera per sottoporsi ad alcune cure in una clinica specializzata in malattie dei nervi. Romolo, appena entrato nelle file del Pci, a dire il vero apparve piuttosto sprovveduto nel gestire la propria situazione di clandestinità politica e soprattutto di indagato per la strage della fiera. Al momento della cattura nei boschi attorno a Montorfano, si era fatto sorprendere con lo scontrino di un deposito bagaglio di Milano datato 11 aprile e con una mappa di piazzale Giulio Cesare. A tutti apparve evidente che quel giovane, stava tentando maldestramente di raggiungere il fratello, sfruttando l'appoggio offerto dagli antifascisti. Le torture sotto interrogatorio in detenzione scattarono subitaneamente, Ignazio Silone per amore del fratello arrivò ad essere addirittura un confidente dell'Ovra. L'espediente in effetti servì a salvare la vita di Romolo e a cambiargli l'imputazione per strage in associazione sovversiva. Ma la morte lo raggiunse ugualmente nell'ottobre del 1932, nel carcere di Procida.
(* Storico e scrittore)
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