Cultura e Spettacoli
Domenica 29 Aprile 2012
Magris nel Meridiano
Traguardo di una vita
A 73 anni l'intellettuale, eclettica figura di traduttore, saggista, narratore entra nella prestigiosa collana di Mondadori. Oltre a "Danubio", raccolte anche le prime pubblicazioni giovanili.
C'è una storia, o se vogliamo un apologo, che più di ogni altro sembra cogliere e sintetizzare il senso più intimo e profondo di quasi mezzo secolo di produzione saggistica e letteraria di Claudio Magris, lo scrittore e germanista triestino del quale Mondadori ha appena dato alle stampe il primo volume delle opere nella prestigiosa collana dei Meridiani. È un apologo narrato non a caso da uno degli scrittori più amati da Magris, Jorge Luis Borges, nella breve chiusa del libro "L'artefice" del 1960. Borges racconta di un uomo, una sorta di ideale alter ego, che si propone nientemeno che di «disegnare il mondo». Nel corso degli anni, prosegue Borges, quell'uomo «popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di vascelli, di isole, di pesci, di case, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto».
Questa suggestiva metafora ha ovviamente un valore universale, perché ognuno, con l'avanzare degli anni e l'accumulo di tutto quel vissuto che un po' troppo genericamente si definisce "biografia", scopre che il proprio volto è in realtà un insieme di volti, reali e simbolici: i volti delle persone amate che ancora condividono con noi il cammino attraverso la vita oppure ci hanno preceduto e sono già arrivate alla fine del viaggio, i volti dei luoghi fondanti della nostra esistenza, i volti dei libri che ci hanno formato e hanno segnato in maniera indelebile il nostro modo di vivere e interpretare la realtà. E così via, perché il novero è potenzialmente inesauribile e comprende musiche, dipinti, oggetti, momenti particolari e irripetibili nel fluire dei giorni e degli anni. L'universo umano e letterario di Magris, oggi 73enne, può essere compreso e approfondito proprio a partire da questa forma obliqua e mediata di letteratura che consiste nel parlare di sé stessi parlando anche e soprattutto degli altri o per meglio dire di quell'altro da sé che, secondo il grande modello del "Wilhelm Meister" di Goethe, rappresenta il punto di partenza di ogni sviluppo della personalità e quindi dell'avventura della vita. Questo primo volume delle opere, al quale si aggiungerà prossimamente un secondo volume dedicato alla produzione più recente del Magris saggista e narratore, si apre in rigorosa sequenza cronologica con i due importantissimi saggi che hanno inaugurato la sua carriera di studioso capace di diffondere in Italia la conoscenza della cultura mitteleuropea e della civiltà ebraico-orientale, "Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna" del 1963 e "Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale" del 1971.
Questi due saggi, ancora oggi attualissimi e densi di stimoli e suggestioni, hanno avuto il non trascurabile merito di sprovincializzare la cultura italiana aprendola a nuovi orizzonti. Opere squisitamente saggistiche per metodo, impianto e impostazione, "Il mito absburgico" e "Lontano da dove" lasciavano tuttavia intravedere quello che sarebbe poi diventato il filo conduttore e il dato di fondo dell'intera produzione di Magris: il rapporto dialettico col tema trattato, l'interazione tra soggetto e oggetto, la capacità di parlare di sé parlando degli altri, il rispecchiamento del proprio volto nei volti altrui. Questo filo conduttore emerge con estrema chiarezza e in maniera sempre più significativa in "Illazioni su una sciabola", il bellissimo racconto che nel 1985 ha segnato il quasi naturale passaggio di Magris alla narrativa, e soprattutto nell'ormai celeberrimo "Danubio", del 1986, che rappresenta il momento più alto e insieme il punto di svolta nella produzione dello stesso Magris. Nei venticinque anni trascorsi dalla sua pubblicazione, "Danubio" ha conosciuto un successo sempre crescente, è stato più volte ristampato ed è ormai diventato un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia compiere un viaggio reale e immaginario lungo il grande fiume della cultura e della civiltà europea.
Completano il volume il testo teatrale "Stadelmann", del 1988, ispirato alla tragica e insieme farsesca vicenda umana dell'omonimo servitore di Goethe, il lungo racconto "Un altro mare", del 1991, tesissima rielaborazione romanzesca della parabola esistenziale del filologo goriziano Enrico Mreule, e i due brevi scritti "Il Conde", del 1993, e "Le voci", del 1995, che narrano di quelle passioni assolute che danno un senso alla vita ma talora possono anche annientarla, perché rispecchiarsi nei volti altrui può anche significare rispecchiarsi nel nulla. Ma il nulla non nega la ricerca e anzi le conferisce ancora più senso e più sostanza, come testimoniano le opere più recenti che verranno accolte nel secondo Meridiano. «Dunque dove andiamo?», si chiedeva un altro autore d'elezione di Magris, il romantico Novalis, nel romanzo Enrico di Ofterdingen. La risposta, allora come oggi, rimane la stessa: «Sempre verso casa».
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