Cultura e Spettacoli
Lunedì 09 Febbraio 2009
Un ordine al telefono:
"Uccidete Mussolini"
Dalle carte di De Felice un dossier dei servizi segreti Usa. La direttiva fu impartita a Valerio con coralità d'intenti
Il "Corriere della Sera" di ieri anticipava i contenuti di un lungo articolo che apparirà sulla rivista "Nuova storia contemporanea". Argomento: un’ampia relazione di fonte americana sulla fine di Mussolini, scoperta da Renzo De Felice alla Yale University e depositata, dopo la morte dello storico del fascismo, all’Archivio Centrale dello Stato. A quanto riferisce il quotidiano, il rapporto che fece drizzare le orecchie a De Felice è un documento di 500 pagine, vergato da un colonnello dell’Oss, i servizi segreti americani, Lada Mocarski, un banchiere di Wall Street inviato come agente segreto in Italia nel 1941. Al momento dell’arresto di Mussolini, egli si trovava in Svizzera. A partire dal 29 aprile ’45, ossia il giorno del macabro rituale di Piazzale Loreto, Mocarski compì una lunga indagine, durata sei mesi, nella quale ebbe modo di interrogare molti dei protagonisti dell’epilogo del dittatore: dal generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo volontari della libertà, all’azionista Leo Valiani, al partigiano "Pedro" alias Pier Luigi Bellini delle Stelle, ma anche il cardinale Ildefonso Schuster, il prefetto di Como, Virginio Bertinelli, e altri. Da ciò risulta di immediata evidenza che l’inchiesta di Mocarski era "ad ampio raggio". Ossia, intendeva chiarire soprattutto due punti: quali fossero i piani politici di Mussolini, dopo la sua fuga da Milano, e quale grado di legittimità avesse la fucilazione del Duce (e di Claretta Petacci) avvenuta, in base alla versione storica "ufficiale", sotto la direzione del colonnello "Valerio", Walter Audisio, davanti al famoso cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra, alle 16,10 del 28 aprile 1945. In base alle, in verità, scarne notizie contenute nell’anticipazione del "Corriere", il livello maggiore di interesse della relazione risiederebbe nel secondo punto, ossia la legittimità dell’ordine di esecuzione del Duce. Scrive l’agente dell’Oss: «Il Clnai decise che Mussolini, se catturato, avrebbe dovuto essere immediatamente ucciso. Questa decisione era in qualche modo informale e la stessa seduta in cui fu deliberata non fu rivestita di alcuna formalità, forse perché l’eventualità del suo arresto sembrava remota... A giudicare dal comportamento di Valerio, non appena costui venne a Como sulla strada per Dongo, sembrerebbe certo che i suoi originari ordini non includevano... di procedere a una immediata esecuzione. Fu solo dopo aver ricevuto una telefonata da Milano... che la sua missione si tramutò in un’esecuzione di morte. La questione ruota intorno a chi fosse dietro al nuovo ordine di Valerio. È ragionevole ipotizzare che il generale Cadorna fosse almeno una delle persone coinvolte». Queste affermazioni non sono prive di importanza, perché smentiscono il racconto del generale Cadorna, capo della corrente moderata del fronte di liberazione, il quale sostenne che Audisio, già dopo la mezzanotte del 28 aprile, venne a comunicargli l’incarico ricevuto dal Cln di sopprimere Mussolini sul posto. La storiografia che non discende dalla vulgata comunista, ha sempre sostenuto in realtà che "Valerio" ricevette l’ordine di procedere alla esecuzione sommaria in loco, senza processo, dai partiti di sinistra del Cln (e segnatamente dal triumvirato Longo-Pertini-Valiani), i quali, con un colpo di mano, "spiazzarono" le esitazioni degli anticomunisti che già agivano per consegnare il Duce vivo agli americani. La cosiddetta "vulgata", per coprirsi con una sorta di foglia di fico, ha sempre tramandato che l’ordine impartito a "Valerio" era, se possibile, di tradurre Mussolini e i gerarchi vivi a Milano, per poi inscenare un rituale espiativo in Piazzale Loreto. Nel caso in cui ciò non fosse stato possibile (e cioè se vi fosse stato il pericolo concreto che il prigioniero potesse finire nelle mani degli Alleati), allora Audisio sarebbe stato autorizzato a procedere sul posto. Personalmente sono convinto che, in realtà, "Valerio" avesse ricevuto fin dall’inizio l’ordine chiaro di sopprimere Mussolini nel luogo della sua detenzione. Resta il fatto che egli, a Como, la mattina del 28 aprile, fu trattenuto a lungo dal Cln locale, il quale non voleva assolutamente assecondare la sua missione. A quel punto, sarebbe intercorsa la famosa telefonata con Luigi Longo, il quale, a fronte delle difficoltà che il suo emissario gli esponeva, tagliò corto: «O tu uccidi lui, o noi uccidiamo te». Audisio si convinse perciò che doveva procedere per le spicce. Il nuovo documento delle carte defeliciane - oltre a sostenere che la telefonata da Milano alterò la originaria missione di Audisio - pare però ribaltare la questione dell’atteggiamento effettivo di Cadorna. Sembrerebbe, insomma, che dietro quella comunicazione concitata, tra Como e Milano, non vi fosse solo la brutale determinazione di Longo a ribadire e/o imporre la direttiva ferrea dell’esecuzione sommaria. Vi sarebbe stata, invece, una coralità di intenti, alla quale, si sostiene, non fu estraneo lo stesso Cadorna.
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