Cultura e Spettacoli
Mercoledì 11 Marzo 2009
Marinetti, abile stratega
del Monumento ai caduti
Nel 1930 il fondatore del Futurismo promosse un omaggio all'architetto Sant'Elia al Broletto di Como. Fu la mossa che sbloccò l'opera, dopo tanti rinvii
Il 1930 fu per Marinetti un anno cruciale. Cominciò con il lanciare un nuovo modo di intendere lo spazio pittorico, captandone la mutevole dimensione in volo: l’aeropittura, alla quale seguì subito dopo l’aeropoesia, che cercava di riprodurre le stesse sensazioni riportate a bordo di un velivolo. La prima idea venne al pittore-pilota Fedele Azari (Pallanza 1895-Milano 1930), il quale espose nel 1926 alla Biennale di Venezia un olio intitolato "Prospettive di volo" che traeva ispirazione da esperienze personali. Ma lo stesso leader del futurismo aveva provato un brivido di emozione sogguardando il panorama che gli scorreva sotto gli occhi durante un volo in idrovolante sul golfo della Spezia.
Descrivendo in versi questa emozione o ritraendola sulla tela secondo «le prospettive mutevoli del volo» con il sorprendente effetto di capovolgere l’aspetto delle cose, anche quelle più familiari, si aveva la possibilità di "trasfigurare il mondo" esaltando tutto ciò che la precettistica futurista aveva fino ad allora indicato come strumenti espressivi, dalla velocità alla sintesi delle forme, al policentrismo della visuale e via dicendo. Tutto ciò veniva puntualmente rappresentato dalle creazioni di validi pittori come Gerardo Dottori, e ampiamente descritto, stabilendo regole operative, nel manifesto su aeropittura e aeroscultura di Mino Somenzi nel 1928 ed in quello a più mani sull’aeropittura del 1931, seguito da una proliferazione di opere che ebbero successo perché parvero in piena sintonia con lo sviluppo dell’industria aeronautica, le imprese transoceaniche di Balbo, il sogno italiano di conquistare il primato del cielo. È appunto la pronta adesione ad una realtà in movimento il segreto del messaggio futurista, che Marinetti infaticabilmente ripropone, riannodando le fila di un movimento nato agli albori del Novecento: un segreto che l’uomo soprannominato "caffeina d’Europa" trasborda in varie Nazioni, cercando ovunque alleati e nuovi adepti, senza mai tradire l’innato spirito patriottico, le salde radici che lo vincolano all’Italia. È in nome del suo Paese che fa il globetrotter, è per esaltare il "genio italico" che lo raffronta con il patrimonio culturale altrui. L’aver accettato nel 1929 d’indossare la pomposa divisa di Accademico d’Italia, sovraccarica di decorazioni, assegnatagli da Mussolini, deriva sempre dallo stesso motivo, l’affermazione internazionale dell’italica stirpe di «navigatori, poeti, artisti, santi ed eroi». Il prestigio di accademico gli serve per raggiungere più agevolmente il suo intento. Dopo aver favorito la proliferazione in varie città di animatori dell’arte "aerea" (per ogni loro mostra non scriverà più introduzioni, ma "collaudi"), Marinetti predispone un’altra iniziativa propagandistica di vasta portata. Torna ad un suo vecchio sogno, ridare splendore all’architettura, dinamico ordine alle città, fino ad influire positivamente sulla vita delle persone che vi abitano. Il suo vangelo è ancora e sempre l’utopia santeliana, il "Manifesto futurista" da lui stesso ritoccato nelle regole conclusive inserendo l’ardito concetto che «ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città» in un perenne rinnovamento. Un concetto che, accompagnato dai mirabili disegni di Sant’Elia, dovrà imporsi, stabilendo una volta per tutti che in questo campo esiste un «primato italiano nel mondo». Lo dirà al momento opportuno: prima si tratta di dimostrarlo con prove, documenti inoppugnabili. Si muove perciò secondo un programma studiato in ogni dettaglio. Bada innanzitutto a dar respiro alla proposta di gruppo, valorizzare il futurismo. Ed ecco aprirsi nel 1928 la prima di una collana di mostre, a Torino, organizzata da Fillia (Luigi Colombo, 1904-1936), con progetti e realizzazioni di Balla, Chiattone, Depero, lo stesso Fillia, Virgilio Marchi, Panneggi, Prampolini e Alberto Sartoris, attorno ad un nucleo centrale di alcune tavole di Sant’Elia. È lui il bastione che regge la panoramica collettiva, il vero protagonista. Ma quanti hanno compreso veramente il suo lavoro? Il Manifesto del 1914 l’ha fatto conoscere in Europa, anche i movimenti d’avanguardia del Nord come De Stijl lo apprezzano, ma hanno visto soltanto la riproduzione dei disegni della Città Nuova santeliana apparsa sul volantino del "Manifesto". Quindi, è assolutamente necessario organizzare una rassegna antologica degna del genio comasco, possibilmente nella sua città natale, dove la sorella dell’architetto, Antonietta con il marito Giovanni Broglia e il fratello Guido custodiscono quanto sono riusciti a raccogliere fra le carte disperse dal loro congiunto. Marinetti agisce con la solita energia. Costituisce un comitato promotore, che fa capo, oltre che a lui, al presidente della Famiglia Artistica Milanese, Carlo Emanuele Accetti, che espose per primo i disegni di Sant’Elia nella mostra di "Nuove Tendenze" del maggio 1914, e al preside della provincia di Como, Ferdinando Lanfranconi. A Roma, ottiene il patrocinio del duce e l’appoggio autorevole dell’on. Cipriano Efisio Oppo, segretario del Consiglio superiore delle Belle Arti, che fonderà l’anno dopo la Quadriennale romana. Marinetti ne è al corrente, ha già concordato che sarà proprio quella la sede conclusiva della mostra o almeno di parte di essa, dopo un giro in varie città italiane. Quanto alla catalogazione dei disegni, fino ad allora mai neppure abbozzata, l’incarico spetta ad un curioso personaggio reclutato dal futurismo, il poeta Escodamé (Michele Lescovic, 1905-1979), che assolve il compito con solerzia, dando un titolo a composizioni non sempre facilmente interpretabili.
La mostra viene allestita nel salone del Broletto, dove trovano posto 95 tavole di varia dimensione. Per inaugurarla arrivano, il 14 settembre 1930, Marinetti e gran parte del suo direttorio, Mino Somenzi, Luigi Russolo, Mario Carli, Enrico Prampolini, Paolo Buzzi. Quasi tutti, avevano conosciuto l’architetto. Al Sociale, gremito di pubblico, pronunciano discorsi Accetti, Prampolini, Marinetti che esaltano la figura e l’opera dell’artista, pioniere della modernità urbana. Per lui, si conia un elogio da storica medaglia, con tre attributi folgoranti, «maestro, apostolo, eroe». È il primo atto di una campagna pubblicitaria che avrà eco in tutto il mondo. Per Como, anche qualcosa di più: sarà l’occasione propizia per ottenere un Monumento dei Caduti che da tempo attendeva di essere edificato, dopo una serie esasperante di rinvii.
© RIPRODUZIONE RISERVATA