Cultura e Spettacoli
Lunedì 16 Marzo 2009
Giovanni Allevi: <Mi attaccano
perchè rinnovo la musica classica>
Abbiamo incontrato il musicista Giovanni Allevi nei giorni scorsi a Lugano, subito dopo la trasmissione radiofonica Il Camaleonte andata in onda venerdì 13 marzo sulla Rete Uno della Radio Svizzera. Al centro nei mesi scorsi di un’aspra polemica con altri grandi della musica - primo fra tutto Uto Ughi - Allevi ha dei meriti non da poco: semplicità, spontaneità, intelligenza, cultura.
La polemica è nata dalla definizione di "novello Mozart" che in passato è stata spesso associata al suo nome. Cosa risponde a chi l’ha criticata?
Innanzi tutto devo precisare che non sono il Mozart del Duemila, ma più semplicemente Giovanni Allevi. Per il resto qualunque giudizio sulla mia musica, sulle definizioni, lo lasciamo ai posteri. Tutto l’equivoco è nato in seguito a un titolo apparso sul giornale La Repubblica. Durante il No concept tour (2005) ero stato invitato a Napoli a tenere un concerto di mie composizioni all’interno di una rassegna dedicata a Mozart. Ero l’unico compositore-esecutore, nell’ambito di quella rassegna, ad eseguire proprie composizioni e il quotidiano scrisse una recensione molto bella del mio concerto intitolandola «È arrivato il Mozart del Duemila». Da qui è iniziato tutto. È stata una definizione che ha letteralmente ossessionato, nel corso di questi anni, i miei critici e i miei detrattori. Come ho detto io non sono il Mozart del Duemila, ma più semplicemente Giovanni Allevi. Ognuno deve seguire la propria strada. Penso tuttavia che a creare questo scompiglio non sia stata in sé tale definizione; il problema è che la mia musica rappresenta un cambiamento enorme, forse decisivo, nei confronti di un sistema, quello della musica classica, che è rimasto immobile per tantissimo tempo. Era necessario che qualcuno facesse un cambiamento. È necessario interrogarsi sul futuro della musica classica e sulla necessità di trovare un rapporto profondo, sincero e limpido con il nostro tempo e con il pubblico. Purtroppo mi sono trovato io in mezzo a questo pandemonio.
Come definirebbe la sua musica?
Un grido d’amore.
Non ritiene che il successo da lei ottenuto possa rientrare, in buona parte, in un appropriato investimento mediatico?
No. Evidentemente la gente, il pubblico ha scelto spontaneamente di seguirmi e si è innamorato della mia musica. Se fosse così semplice costruire un successo attraverso un investimento mediatico sarebbero tutti in grado di farlo.
È critico verso se stesso?
Moltissimo. Sono ipercritico nei miei confronti. Penso che la cosa più difficile non sia tanto quella di suonare ogni nota perfettamente, quanto piuttosto dare un’intenzione travolgente a quello che si sta eseguendo.
Alberto Cima
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