Cultura e Spettacoli
Sabato 21 Marzo 2009
I saluti di Marinetti
all'amica comasca
Ritrovato a Como un breve testo autografo del padre del Futurismo, datato 1944, che permette di ricostruire i legami con Ciliberti, Tallone e i Razionalisti
Da Londra a Parigi, da Milano a Venezia, a Roma: negli ultimi mesi le mostre per celebrare i cento anni del Futurismo si sono inaugurate in tutta Europa. A guidare Balla, Boccioni, Severini, Russolo e Carrà c’era il vulcanico Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 1876-Bellagio, 1944), poeta, romanziere, saggista ed editore, un dandy eccentrico con papillon, bombetta e baffi all’insù, che predicava a gran voce progresso, tecnologia, vita metropolitana e velocità scagliandosi contro la cultura passatista del conformismo. Proprio in questi giorni, leggendo l’ennesimo articolo dedicato al Movimento mi sono ricordata di avere anch’io un "cimelio futurista", una cartolina che Marinetti scrisse, nel 1944 a mia zia Valeria (detta Rirì) Brunati. E così, un po’ per gioco un po’ per curiosità, ho deciso di ripercorrere, tra grandi "forse" (il condizionale in questa storia è d’obbligo perché, purtroppo, non ci sono fonti sicure) i rapporti tra i quattro protagonisti di questa cartolina: Marinetti, mia zia e gli artefici del loro incontro: Franco Ciliberti e sua moglie Ponina Tallone.
Marinetti vive tra Parigi, suo palcoscenico, e Milano, officina della sue straordinarie idee. Qui conosce la famiglia Tallone, è caro amico di Cesare (ottimo pittore e docente illuminato e innovatore a Brera) ma soprattutto lo diventa della figlia Giuditta (Orta, 1904 – Alpignano, 1997), per tutti Ponina, precoce pianista - apprezzata anche da Cesare Pavese - e raffinata disegnatrice. Nel 1934, è invitato alle nozze di Ponina con Franco Ciliberti (Laglio, 1905 - Como, 1946), filosofo della cultura comasca e fondatore dei quaderni "Valori Primordiali". Anche mia zia Rirì (Como, 1914 – 2001) era vicina alla famiglia Tallone - sua mamma Emma era studente di pittura di Cesare -. Fin da giovane è appassionata d’arte, scolpisce delicati ritratti e figure intere, composte e armoniche nelle forme: la sua scultura, strettamente legata alla scelta tecnica, alla materia e al vibrare delle superfici, viene perfezionata a Como, da Pietro Clerici. Frequenta la galleria Ciliberti che Ponina dirige a Milano col marito, uno spazio vivace, creativo, da cui passano anche Carrà, de Chirico, Sironi, Munari e Quasimodo.
Ma Ponina e il marito sono in stretti rapporti anche col gruppo dei razionalisti comaschi, che più volte proprio Marinetti invita ad esporre in Quadriennale (Rho e Radice nel 1939) e in Biennale (Badiali, Bianchi, Prina, Rho, Radice nel 1942). Dai primi anni Trenta, l’amicizia e le collaborazioni tra Marinetti e Franco Ciliberti, diventano sempre più profonde, tanto da sfociare in un’importante iniziativa che ha coinvolto il panorama artistico comasco e milanese, la fondazione nel 1941 del Gruppo dei Primordiali Futuristi che riunisce gli astrattisti comaschi e i secondi futuristi. E quando Marinetti due anni dopo, al ritorno dalla guerra in Russia, si trasferisce a Venezia con la famiglia, Franco Ciliberti lo raggiunge per parlare di nuovi progetti insieme. E proprio da Venezia decidono di spedire due cartoline, a Ponina e alla loro comune amica, Valeria Brunati.
Questa, a grandi linee, è la rete di rapporti che riunisce i quattro, quanto al primo incontro tra Marinetti e mia zia, è molto probabile che risalga a un pranzo organizzato a Milano, da un’amica di Ponina, Valeria Castelli. A ricordare questa occasione è Aurora Ciliberti (figlia di Franco e di Ponina) che ho chiamato in aiuto per avere dettagli più sicuri sulla vicenda. «Era il 1939 e avevo solo sette anni», racconta Aurora. «Ma è difficile dimenticare Marinetti declamare, alla maniera futurista, la "Morte della mula di batteria" e tutta la gente che c’era a casa Castelli, quasi cento persone, che lo ascoltavano rapite». Dopo questo incontro, e grazie ad amicizie comuni, mia zia e Marinetti si sono forse rivisti a Milano, in galleria da Ponina, e poi a Como, durante le conferenze che Franco Ciliberti ha tenuto nello studio di Manlio Rho.
«Sono passati tanti anni, ma credo siano state queste le occasioni in cui possono essersi rincontrati», continua Aurora. Di certo c’è che condividevano l’interesse per molte iniziative culturali, iniziative che coinvolgevano alcuni tra i protagonisti dell’arte del loro tempo, da Cesare Cattaneo a Manlio Rho. L’ultima precisazione: mia zia Rirì aveva conservato questa cartolina come ricordo di una vecchia conoscenza e quando, nel 1993, mi aveva visto studiare il Futurismo sul testo di De Micheli "Le avanguardie artistiche del Novecento", me la regalò come portafortuna. Da allora, è sempre stata tra quelle pagine, per saltar fuori solo oggi, quando lei purtroppo non c’è più.
Di sicuro, col suo spirito sottile e acuto, avrebbe aggiunto particolari e aneddoti, sul padre di un gruppo così rivoluzionario da aprire nuove strade che altri avrebbero percorso qualche decennio più tardi.
(* Critico d’arte e giornalista)
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