Cultura e Spettacoli
Venerdì 08 Maggio 2009
Addio a Baget Bozzo,
il sacerdote politico
E' morto a Genova il sacerdote che contribuì a fondare Forza Italia. Nell'84 fu sospeso "a divinis" per essersi candidato alle Europee. Parlano di lui il politologo comasco Davide G. Bianchi e il teologo don Bruno Maggioni
«Alcuni dei miei non mi sanno difendere» è sbottato in questi giorni difficili, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Non era certo il caso di don Gianni Baget Bozzo a cui, al più, si poteva muovere l’accusa contraria di "cortigianeria". Il giorno seguente dell’uscita dell’ormai famoso editoriale di "Avvenire" "Politica e discrimine etico", apparso martedì a firma di Rossana Sisti, Baget Bozzo siglava il suo controcanto sulle colonne del "Giornale", intitolandolo "Il manifesto della Signora". «Noi continuiamo a coltivare la richiesta di un presidente che con sobrietà sappia essere specchio - il meno deforme - all’anima del paese» si chiudeva il pezzo di "Avvenire".
Non era facile prendere la parola dopo un appunto tanto garbato, quanto incisivo. Ma le sfide piacevano molto a don Gianni e, anche questa volta, prese carta e penna. È stato il suo ultimo articolo. In esso, con la consueta intelligenza, notava le forti implicazioni simboliche legate al fatto che la signora Veronica Lario Berlusconi avesse scelto come suo legale l’avvocato che aveva sostenuto la causa del padre di Eluana Englaro: come ieri, sottolineava don Gianni, si è fatto del divorzio un terreno di battaglia fra laici e cattolici, ora questi stessi schieramenti sembrano riproporsi sui temi bioetici. E in questa chiave vuole giocare la sua battaglia Veronica, determinata a fare del suo divorzio un cause celebre della vita civile e culturale del nostro paese. «Sembra evidente che il divorzio sia un manifesto non solo politico ma anche culturale» attaccava, annotando subito dopo «Berlusconi ha il consenso più elevato nel mondo cattolico e nelle donne. Il manifesto della signora Berlusconi tende ad elidere l’uno e l’altro». E via di questo passo. Erano esattamente queste le battaglie che appassionavano Baget Bozzo. Ligure nato nel 1925, era stato ordinato prete a quarant’anni, dopo che già da tempo era iniziata la sua militanza politica nelle file della Democrazia Cristiana. Anche questo non è un particolare privo di significato: fede e politica erano sempre stati i poli della sua esistenza, e talvolta si aveva la sensazione che l’ordine delle priorità anteponesse la vita civile al sentire spirituale. Profondamente anticomunista e avverso alla politica del compromesso storico, alla fine degli anni Settanta prese le distanze dalla Dc, avvicinandosi a Bettino Craxi, che, a suo avviso, era politicamente un argine alle possibilità di "sfondamento" del Partito comunista. Nel 1984 arrivò a candidarsi con il Psi per il Parlamento europeo, ma, a seguito di questo, lo stesso cardinal Siri, che l’aveva ordinato prete, lo sospese "a divinis" per aver violato la norma che impone al clero di avere un esplicito assenso dai vertici della Chiesa prima di assumere cariche politiche. Non pago, don Gianni si ricandidò con successo nel 1989, restando a Strasburgo fino al 1994. Giungiamo così alla "discesa in campo" di Berlusconi, da cui fu immediatamente conquistato, vedendo in lui la continuazione dell’azione politica di Craxi in funzione anti-progressista. Nel partito di Berlusconi il suo apporto è stato effettivamente prezioso, avendo corretto l’iniziale impostazione liberale di Forza Italia, quando ad occupare la scena erano gli intellettuali laici alla Lucio Coletti, e facendo capire al Cavaliere che quel profilo non avrebbe pagato elettoralmente. Visti i risultati, di lui Berlusconi si fidava, al punto che la sua prima dichiarazione alla notizia della morte è stata: «Era il consigliere che ascoltavo di più». Come in politica, anche in teologia preferiva le posizioni più conservatrici, anche se quando si parlò dei diritti civili della copie gay - a sorpresa - si pronunciò a favore, pur difendendo l’intangibilità del matrimonio eterosessuale. «Le mie idee religiose - dichiarava - si basano su questo assunto: dio ha creato l’uomo e non viceversa». In un recente intervista a Radio Radicale aveva dichiarato: «A un giovane direi: abbi i valori come bussola della tua nave, e non aver paura di navigare il mondo». Queste parole gli stavano addosso come un abito su misura.
(* Politologo, ricercatore Irer)
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Maggioni: "Ma un prete
non può essere di parte"
Un «conservatore» con «vecchie idee» sulla Chiesa. Questo era don Gianni Baget Bozzo per il teologo Bruno Maggioni, uno dei maggiori biblisti europei, docente all’Università Cattolica di Milano.
Monsignor Maggioni, ha conosciuto personalmente don Baget Bozzo?
Mi sono trovato con lui a Modena, al Festival della filosofia, la sua relazione terminò in un battibecco con i presenti. Ho letto alcuni suoi scritti. Devo dire che non condividevo sempre le sue idee, pur riconoscendo che era una persona di indubbia intelligenza.
Si riferisce alla decisione di fare politica, di schierarsi?
La Chiesa non vede bene questo modo di fare. Un sacerdote deve fare il prete, predicare il Vangelo, prima di vivere la militanza in un partito: come si può pensare di essere autenticamente liberi se si fa riferimento a una "parte" politica? Non a caso, Baget Bozzo fu sospeso "a divinis": non poteva dire la messa, né svolgere le attività pastorali di un sacerdote. Al di fuori di questo discorso generale, ho sempre trovato Baget Bozzo conservatore in modo esagerato. Una volta mi ha fatto proprio arrabbiare...
Per la fedeltà dichiarata a Berlusconi?
No. Mi riferisco alla circostanza in cui Baget Bozzo asserì che «ci vorrebbe ancora la battaglia di Lepanto» per arginare la diffusione dell’islam in Occidente. Non voleva il dialogo con altre religioni. Aveva vecchie idee sulla Chiesa, era molto conservatore: il Concilio Vaticano II gli dava fastidio.
Baget Bozzo era una figura imbarazzante per la Chiesa?
Direi di no. Era un prete estremamente ortodosso. Se parliamo di radicalità, don Milani lo era molto di più.
Vera Fisogni
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